I giorni di Alessandro Covi

I giorni di Alessandro Covi

17/02/2022 0 Di Giovanni Battistuzzi

Essere giovane e di talento e non vincere nel ciclismo oggi è complicato. Covi è sempre stato un gran bel corridore, ora si è preso il tempo: prima al Murcia, poi alla Vuelta a Andalucia


Di questi tempi, con certa gente in giro, non è semplice essere ventenni nel ciclismo. È un’epoca di tutto e subito, di ragazzotti voraci, pronti a fregarsene della gavetta, delle tappe che un tempo si dovevano rispettare per avere in dono una carriera vincente. Al professionismo arrivano già pronti, prontissimi, a tal punto da essere già scattanti, di fregarsene delle retrovie e occupare subito le avanguardie. Quasi fosse la norma, quasi fosse stato così da sempre. Sono un rimescolamento continuo queste stagioni. Di facce e di protagonisti, un’accelerazione del tempo tale da mandare più di uno in crisi, di far esplodere quesiti irrisolvibili (o quasi) e crisi personali più che atletiche.

In questo contesto due due stagioni senza mettere la ruota davanti a tutti sono un lasso di tempo che difficilmente è perdonato, sebbene sia oltremodo perdonabile. Due stagioni erano un niente sino a qualche anno fa, sono diventate tante, forse troppe, in quella fretta e frenesia di conquista che impera nei giudizi, a volte superficiali, di appassionati e addetti ai lavori.

Le vittorie sono appariscenti, riempiono caselle e statistiche, oscurano un po’ tutto il resto. A volte servirebbe dare uno sguardo in più, analizzare meglio, osservare le corse e dare meno peso allo sfoglio degli ordini d’arrivo. O solo fare più attenzione ai 2, i 3 e così via sino ai 10 e oltre che compongono le pagine dei risultati stagionali.

Perché quelle cifre superiori a uno fanno capire di che tempra è fatto un corridore.

Di cifre superiori a uno è pieno il curriculum delle prime due stagioni da professionista di Alessandro Covi. Aveva mai vinto. Ci era però spesso andato vicino, a volte vicinissimo.

Mentre corridori più giovani di lui lo superavano in precocità, mentre occupavano titoli e spazio tra i discorsi degli appassionati, lui cercava di capire cosa gli accadeva attorno, come ci si doveva muovere in gruppo, cosa sbagliava e cosa invece faceva giusto. Tirava, andava in fuga, cercava il suo posto nel mondo. Si è preso il suo tempo, senza fretta, che non sempre serve, non sempre è giusto mettersela addosso.

Per due anni Alessandro Covi ha cercato di farsi bicicletta, di seguire quello che la bicicletta è: un mezzo per prendere coscienza di quello che c’è attorno e di quello che c’è in noi.

Il tempo non è mai galantuomo, checché se ne dica. Va compreso, capito, soprattutto sfruttato. Questione di attimi e di fiuto.

Alessandro Covi ha lasciato andare i mesi e gli anni, ha messo in saccoccia chilometri e intuizioni. Al momento giusto li ha tirati fuori e li ha fatti suoi.

In cinque giorni ha riempito la casellina delle vittorie. Prima alla Vuelta ciclistica a la Region de Murcia Costa Calida, che solo per il nome varrebbe doppio, il 12 febbraio.

Poi, cinque giorni dopo, il 17 febbraio, ha preceduto tutti in una delle tante rampe ammazzagambe che si trovano in Spagna: all’Alcalá la Real, arrivo della seconda tappa della Vuelta a Andalucia Ruta ciclista del Sol.

Due vittorie diverse eppure simili. Botta secca e via. A Puerto de Cartagena a cinque chilometri circa dall’arrivo, alla Vuelta a Andalucia con un’accelerazione cattiva sulle prime rampe della salita finale. 

Due allunghi di forza e tempismo. La prima ce l’ha sempre avuta (già l’anno scorso l’avevamo inserito tra le possibili sorprese del 2021, abbiamo sbagliato di una stagione), sul secondo c’ha lavorato in questi due anni. E in questi due anni ha iniziato a trovare una quadra.

Due vittorie che sono un primo passo, ma ben significativo. Perché i successi vanno sempre contestualizzati. Alla Vuelta a Murcia, in un arrivo complicato e adattissimo a gente scaltra si è tenuto dietro Jesús Herrada, Warren Barguil, Matteo Trentin. Sulla rampa di garage alla Vuelta a Andalucia invece Miguel Angel Lopez, Ivan Ramiro Sosa, Jack Haig. Tutti signori corridori.

I ragazzotti voraci forse non concepiscono l’attesa, non la considerano nemmeno. Alessandro Covi nell’attesa ha iniziato a trovare la sua dimensione. Ci ha ricordato che non tutto va agguantato subito e che a volte la pazienza non è una cattiva cosa.