Amstel Gold Race. Pogacar e l’estensione del piacere

Amstel Gold Race. Pogacar e l’estensione del piacere

16/04/2023 0 Di Giovanni Battistuzzi

Nella continua, costante, incessante ridefinizione dei confini dell’estensione del piacere ciclistico, Tadej Pogacar ha dilatato anche l’Amstel Gold Race, allo stesso modo di quanto aveva messo in scena al Giro delle Fiandre. Questa volta però molto più di quanto era lecito sperare

La classica olandese è un filo che si avvolge su se stesso, una centrifuga che asciuga piano piano, sballottamento dopo sballottamento, testa e gambe. È sempre stata una corsa al logoramento, una veloce ricerca del momento migliore nel quale sgretolare al minimo le resistenze altrui. Soprattutto prima e dopo la malaugurata scelta di trasformare l’Amstel in una Freccia Vallone meno scenografica, ma allo stesso modo noiosa, sistemando la linea d’arrivo in cima al Cauberg (dal 2003 al 2013).

Tadej Pogacar è riuscito a dipanare pure questa matassa difficilmente srotolabile. L’ha appiattita, semplificata, resa solitudine.

Colpa di Gianni Vermeersch. Che poi mica è una colpa, al massimo un merito. Non ci fosse stato Gianni Vermeersch… Probabilmente non sarebbe cambiato niente, al massimo ci sarebbero stati pochi chilometri in meno di avanguardia e qualche uomo in più. Tant’è, non è dato a saperlo.

Gianni Vermeersch a oltre ottanta chilometri dal traguardo ha provato il coup de théâtre, ha fatto partire l’impianto scenico, ha diviso ciò che spesso è difficilmente divisibile, almeno lì nel Limburgo e a certe distanze. Il gruppo si è allungato, allargato, disgregato. Tadej Pogacar e Thomas Pidcock hanno colto l’occasione, ansiosi com’erano di far partire la rivolta. Sono uomini da lunghe solitudini i due. Al primo vengono un po’ meglio, il secondo sta cercando di fare il possibile per essere degno di continuare ciò che lo sloveno ha iniziato. Alla Strade Bianche gli è riuscito tutto parecchio bene, alla Tadej quasi.

Tadej Pogacar e Thomas Pidcock erano lì, nel gruppo buono, e tutti sapevano che prima o poi sarebbe arrivato il loro momento, quello nel quale avrebbero abbandonato la compagnia altrui, dato vita al loro testa a testa. Era abbastanza palese che sarebbe andata così. Si erano dati appuntamento senza darselo, perché certe cose serve nemmeno dirle, sbandierarle.

La grande bellezza di questi anni di ciclismo è che però queste cose accadono senza che divampi in gruppo la rassegnazione dell’inevitabile. Nessuno veste davvero la maschera dello sconfitto, nessuno crede effettivamente che non ci sia speranza. I quattordici, poi nove, poi otto, poi tre, poi uno, Ben Healy (della EF Education-EasyPost), che sono rimasti attaccati alle ruote di Tadej Pogacar e Thomas Pidcock, hanno sempre dato un cambio, hanno tirato, hanno contribuito a creare il giusto distacco rispetto a quel manipolo chiamato gruppo. Come fosse sparita la commiserazione per un destino baro, come se ci fosse davvero stata la possibilità di tenersi nella loro scia, sfruttare la loro prepotenza, poter pensare a un finale alternativo nel quale Tadej Pogacar e Thomas Pidcock, soprattutto Tadej Pogacar, potessero finire dietro in un finale a due.

Ovviamente erano illusioni. Però si sa mai. È un ciclismo questo senza mappa, senza cartina, senza punti cardinali, sempre che non si consideri proprio Tadej Pogacar una sorta di stella polare. Potrebbe esserla, ma nessuno vuole crederlo davvero, almeno in gruppo.

Tadej Pogacar è rimasto solo sul Keutenberg a trentasei chilometri dall’arrivo. Tre chilometri prima aveva forato, con estrema calma aveva cambiato bicicletta ed era rientrato tra gli avanguardisti. Prima ha infiacchito la resistenza di Ben Healy, poi anche di Thomas Pidcock pochi metri dopo. Pochi metri che sono bastati a inondare più del dovuto le gambe dell’inglese di fatica. Ha iniziato lì a prosciugarsi Tom Pidcock. Ha iniziato lì a capire che aveva esagerato. Lo ha staccato anche l’irlandese, secondo all’arrivo, parecchio contento in volto, perché non era scontato. Non è mai scontato terminare al secondo posto l’Amstel Gold Race a ventidue anni e al secondo anno tra i professionisti, nonostante la vittoria al GP Industria & Artigianato e il secondo posto alla Freccia del Brabante. Ha talento Ben Healy e il dono di saper correre davanti, stringere i denti e non sfuggire alle proprie responsabilità.

Tadej Pogacar alle sue responsabilità non è mai fuggito. Anche all’Amstel Gold Race ha fatto quello che doveva fare: ridefinire i confini dell’estensione del piacere ciclistico. Missione compiuta. Ancora una volta.

L’ordine di arrivo dell’Amstel Gold Race 2023 vinta da Tadej Pogacar

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