
Un bicchiere di Rosso di Buja. Il ciclismo di Alessandro De Marchi
01/12/2021L’amore per la bicicletta e il territorio. L’altruismo e la generosità non solo sui pedali, ma anche in un tajut di rosso. E quel vino solidale per dire: “Diamo un taglio alla sete”
Arriva in Cannondale dopo la gavetta nell’Androni, e ci siamo anche noi. Era il 2014 e subito due volte numero rosso al Tour de France. Del resto è il suo colore: Rosso di Buja. Alessandro De Marchi è un furlàn vero. Che lassù siano tosti lo si sa bene, terre di Longobardi che hanno lasciato il segno con il Castello Savorgnan, assolutamente da visitare, il Castrum Artenia ricordato nella Historia Longobardorum di Paolo Diacono. Gente non proprio “mestega” che hanno vissuto territori che meritano di essere sviluppati e promossi. Natura bellissima, terme, colline tappezzati di vigneti, dal Ramandolo di Nimis ai bianchi degli alti Colli Orientali.
E come si mangia da quelle parti; rinomati presidi Slowfood.
Il Pan di Sorc è un pane tipico di Gemona del Friuli, Artegna e Buja. La ricetta prevede l’uso di tre farine: di frumento, di segale e del cinquantino, chiamato localmente sorc. L’impasto viene arricchito con fichi secchi o uvetta e talora con semi di finocchio o cannella. Ancora, ancorata ai tempi passati, la produzione del formaggio da latteria turnaria. Dove piccoli allevatori di mucca Pezzata Rossa, giusto per restare in tema, conferiscono alla latteria per la lavorazione del latte e la produzione del formaggio a latte crudo. Cose speciali lassù, come speciale il popolo che vive quei territori di rinascita dopo il terremoto del 1976.
E tanti corridori da queste parti.
Il Pedale Sanvitese, la Bujese, la Stefanutti per andare indietro nel tempo. Oggi il Cycling Team Friuli è una delle realtà italiane più organizzate e vincenti, De Marchi ne è l’ambassador. Fucina di talenti come Matteo Fabbro e Giovanni Aleotti, ora entrambi in Bora-hansgrohe. E poi Jonathan Milan alla corte Bahrain Victorious, Davide Bais che milita nella Eolo Kometa di Ivan Basso.
Lassù il Giro d’Italia ci arriva spesso ultimamente, e non solo per scalare lo Zoncolan.
Quel 2014 se lo ricorda bene Alessandro De Marchi: premio della combattività al Tour de France e poi gran vittoria in Spagna alla Vuelta. Le sue sono vittorie sofferte e conquistate con lunghe fughe: parte da lontano e sbriciola la concorrenza. Mai semplice per lui, ma è figlio della sua terra: “Un uomo senza la sua terra è un uomo senza cuore”. Tutto questo gli amici di Bidon lo hanno ospitato nel libro “Vie di Fuga“.
Nel 2015 le nostre strade si dividono. Finisce la gloriosa epoca Liquigas/Cannondale che al ciclismo italiano, e non solo italiano, ha dato tanto. Da Ivan Basso a Vincenzo Nibali, da Peter Sagan a Daniel Oss e poi Maciej Bodnar, Roman Kreuziger, Manuel Quinziato… Con Slongo e Mariuzzo e il team manager Amadio, friulano anche lui. Penso che un parterre migliore di questo non potesse esserci.
Alessandro va in Svizzera alla BMC con Oss e Quinziato. Noi invece seguiamo Sagan alla Tinkoff. Non ho avuto più alcun modo di incontrarlo se non di sfuggita in qualche corsa.
Gli anni sono passati così, fino al Giro dello scorso anno. Ero sul percorso della tappa di Sestola. Faceva freddo e pioveva. A Lama Mocogno incontro per un caffè Cauz e Gino Cervi e poi aspetto in solitaria il passaggio dei corridori, non amo stare tra la gente quando vado alle corse. Passa Vendrame e subito dopo un drappello di corridori tra i quali un De Marchi che pedala alla grande. Non nascondo che faccio il tifo per Vendrame, Razza Piave, ma questo non è un arrivo per lui.
Scappo di corsa a Sestola e negli ultimi trecento metri mi fermo e vedo arrivare Alessandro in coda a Dombrowski. La sofferenza stampata in viso, smorfie di dolore mescolate a una grinta disumana. Ho visto l’uomo prima del corridore. Arriva secondo ma conquista la Maglia Rosa. Ho gioito alla grande. E ho ripercorso quelle poche volte che lo avevo incontrato prima ma di cui mi ricordavo la sua determinazione. E l’ho immediatamente inserito nella mia personale lista dei “Signori del Ciclismo” dove alloggiano Marzio Bruseghin, Daniele Bennati e Matteo Tosatto, miei amici.
Già, Alessandro De Marchi è un Signore del Ciclismo.
Nei giorni successivi lo rincorro per salutarlo, anche se è frastornato dal chiasso della nuova maglia, coronamento di una carriera corsa sempre all’attacco. Il Giro per lui però è finito mica bene. Cade e si frattura sei costole e la clavicola nella tappa romagnola a Bagno di Romagna. Sfortuna che arriva forse per ricordare che il suo ciclismo è sofferenza e la sua tempra deve essere continuamente messa a dura prova.
Un giorno di fine estate di qualche anno prima, passo da Nimis per lavoro e mi fermo a Buja a mangiare qualcosa e qui chiedo di De Marchi ricordando l’anno assieme alla Cannondale; e salta fuori qualcosa di unico. La sua passione per il territorio e il ciclismo l’ha portato alla creazione di una etichetta per un vino rappresentativo di se stesso e dei pilastri della sua vita, appunto la terra e la bicicletta. Il Rosso di Buja un vino, un progetto, un’idea tutta sua.
Poco tempo fa mi sono ricordato di questo e l’ho chiamato per farmi spiegare meglio la sua idea e mi racconta della famiglia Comelli che fa vino, del loro fratello in Kenia che aiuta i poveri laggiù e del progetto “Diamo un taglio alla sete“. Che per molti dalle nostre parti significa dammi un tajut di blanc o di ros; ma che per Alessandro e i suoi amici ha invece un significato profondo e che va molto più in là.
È un progetto partito da una classe di enotecnici della scuola di Cividale per la creazione di un vino solidale e che dal 2006 a oggi ha raccolto oltre 450mila euro e dal 2016 è una associazione di volontariato con De Marchi splendido protagonista e partecipe. Territorio, bicicletta, amicizia, altruismo e generosità tutto attorno al simbolico bicchiere di vino rosso.
Lo scorso ottobre, il 24, c’era la festa annuale del “Diamo un taglio alla sete”. Chiamo immediatamente Alessandro e gli dico che voglio contribuire anch’io. Sento il mio amico Valentino Sciotti, per dovere di sponsor, e spedisco un po’ di casse di vino per il volontariato e la spesa solidale per i partecipanti.
Festone in quel di Monte di Buja. La locandina dice… “sembra sempre impossibile finché non viene fatto!..” Sono contento così anch’io.
Pochi giorni fa De Marchi mi chiama dicendo che è diretto a Treviso e che passa a salutarmi. Ancora una volta unico e sorprendente. Gli dico che sono in piena raccolta di mele e che lo aspetto in campagna, tanto parliamo la stessa lingua. Mai giacca e cravatta per me. Arriva e mi viene incontro sotto la pioggia come fossimo amici da sempre. Parliamo delle ore, di tutto, saltando nel tempo e negli argomenti, tutto collegato dalla stessa passione per la bicicletta e il territorio. Non beve nulla e nemmeno mangia, è il 25 novembre e già sotto preparazione per la nuova stagione e guai sgarrare. Ha pranzato presto e sta bene così.
Piove e c’è la nebbia, gli chiedo se esce in bici lo stesso e mi risponde di sì… segue il mio silenzio perché conosco la vita del corridore e so bene che le previsioni del tempo sono solo dettagli di poco conto.
Salta in macchina, ci salutiamo con un abbraccio caloroso, non servono tanti convenevoli, gli faccio gli auguri e tanto lo incontrerò presto di sicuro sulle strade del ciclismo.