
Un viaggio dentro il Tour of the Alps
26/04/2021Il Tour of the Alpes mi è sempre piaciuto e l’ho sempre incrociato al di qua e al di là delle Alpi. Ho la fortuna di avere un lavoro nel settore dei vigneti e dei frutteti e quindi le strade del ciclismo le calpesto ovunque. Tra Nord e Sud Tirolo si parte tra estensioni di piccoli frutti e ciliegie per scendere lungo meleti e arrivare nei vigneti attorno il Lago di Garda. Uno spettacolo.
Ricordo, un bellissimo ricordo, la tappa vinta da Michele Scarponi nel 2017 con un allungo in salita poderoso che nessuno ha rimontato. Aveva i gambali lunghi e le maniche corte. Ero li all’arrivo ai meno 150….sembrava non pedalasse dal rapporto che spingeva, ma dietro non ce la facevano, sebbene fossero i più forti della corsa. Forse il ricordo di un grande uomo rimane sempre vivo.
Quell’anno alla partenza della tappa a Villabassa ci arrivo dopo aver incontrato per la prima volta dopo tanto tempo il mio amico Noftlatcher, un simpatico manager che da Bressanone si è trasferito a Wesendahl vicino Berlino appena dopo la caduta del Muro per traghettare un’azienda frutticola dalla mentalità della Germania dell’Est al nostro mondo. Mi aveva chiamato per dargli una mano e cosi per colpa sua ho iniziato a prendere confidenza con le stranezze e stravaganze dell’Europa Orientale e con le loro dinamiche economiche e sociali. Siamo rimasti molto amici e, nonostante le distanze, in occasioni di fiere e meeting, abbiamo sempre trovato il tempo per una mangiata assieme. E’ un grande appassionato di bici e, nonostante una 3XL, l’ho accompagnato da Pinarello per comprarsi una bici. Per le strade ci va volentieri.
Quel giorno ci siamo trovati in una weinstube alle porte di Brunico e dopo aver fatto colazione gli ho chiesto se veniva con me alla partenza della tappa. E così ci siamo andati. Gli ho presentato un giovanissimo Ackermann che più tardi avrebbe vinto la maglia ciclamino al Giro d’Italia. E un timidissimo Buchmann, che in salita continua ad andare forte. Incontriamo Bruno Cenghialta e gli facciamo i complimenti per la vittoria di Scarpa nella prima tappa.
L’edizione del 2017 fa tappa a Cles in piena Val di Non, dove la Melinda è coltivata ovunque e da lì è diventata famosa in tutto il mondo. Arrivo presto perché i contadini nonesi non amano togliere lavoro ai campi e ormai lo so. Mi va bene cosi, ho tutto il tempo per seguire l’arrivo e curiosare tra i mezzi dei team.
Majka è ben piazzato e in forma. E’ simpatico e molto amato in patria. E ogni volta che vado in Polonia tutti mi chiedono spiegazioni e notizie su di lui. Con lui Bodnar e Poljanski c’è una particolare amicizia fin dai tempi della Tinkoff e ci sentiamo spesso durante i periodi lontani dalle gare. A Bodi piace il vino rosso. A Majka il Prosecco. Lui dice che sono sua moglie e il suocero che lo bevono, ma io so che non è proprio vero. Majka vive nel sud della Polonia in montagna dove si cominciano a piantare le mele, Jablko. Bodnar abita invece nei pressi di Wroklaw vicino al confine tedesco nella Polonia più europea. Pavel invece è dell’estremo nord vicino Danzica. Dove piove sempre ma anche dove i tedeschi vanno a divertirsi nei weekend.
Quel giorno speravo nella vittoria di Rafal e avevo caricato una cassa di vino in macchina. Fu una gara strepitosa ma vince un nome nuovo e un personaggio stravagante, dal cognome impronunciabile ma che tutti chiamano Tao.
Incontro Tosatto, che in fatto di simpatia nessuno lo batte, veneto purosangue. Ricordo che al termine di un Tour de France, alla festa di chiusura, era vestito di tutto punto e gli feci i complimenti e mi rispose “vera classe italiana”. Il Toso, che da ex corridore fa il DS in Team Sky, mi dice, tutti guardano a Sivakov, ma attenzione che quell’inglese, Tao Geoghegan Hart, sarà il nuovo cult anglosassone e vincerà tanto. Aveva ragione. Vincerà il Giro d’Italia.
Quella sera ho bevuto una bottiglia di vino con lui, gli chiesi cosa preferiva se rosso o bianco. Mi disse: “Io bevo tutto”.
Quest’anno incontro la corsa in Alta Val Venosta. C’è da sempre un forte dualismo tra chi vive dopo la salita di Forst e chi vive invece a scendere da Merano verso Bolzano e quindi Egna/Ora. Sono due Alto Adige messi assieme che però una salita e una galleria tagliano in due il territorio. La questione è la mela. La Val Venosta vuole essere indipendente come marchio e brand. Erano tutti pascoli fino a pochi anni fa e ora invece ci sono grandi aziende frutticole molto strutturate ed evolute che si spingono fino al Passo Resia e Prato dello Stelvio. Mentre dopo Merano la proprietà terriera è più piccola per lasciar posto a centri abitati e industrializzati. Lassù la gente rimane contadina e molto diffidente, difficilmente parla italiano. A Bolzano sono più cittadini.
La corsa arriva a Naturno, ma già dal mattino sono a Allinz sopra Laces, a 1.100 metri, per incontrare Wallnoefer. È un produttore di mele, molto giovane e bravo. Dove abita ci sono dieci case e forse un centinaio di sentieri che portano nelle vette attorno al Monte Sole e Tramontana dove non piove mai e c’è sempre il sole. Vicino il suo maso c’è una chiesetta con un paio di banchi e due panche. L’altare si vede da fuori e all’ingresso ci sono dei cassoni di legno per le mele, giusto per ricordare dove siamo. A fianco una lavagna con scritti gli orari delle messe. Non ci stanno più di cinque, sei persone, ma è a misura degli abitanti.
Entro in casa e sua nonna mi offre un bicchiere di un qualchecosa fatto in casa. Acqua di fontana con mela macerata e sambuco. Già il sambuco, che nelle credenze popolari protegge le case e non lascia entrare le ostilità. È il loro modo di accogliere lo “straniero”. Accetto e bevo volentieri, e mi disseta.
Ritorno poi a valle e siccome è ora del pranzo e i corridori arriveranno a breve, lungo la strada che porta a Silandro mi fermo da Luggin e prendo i famosi salamini tirolesi, dello speck e un po’ di pane e vado sulla salita di Terres a mangiare, cosi aspetto i corridori che passeranno proprio davanti. La strada è stretta e circondata da frutteti, chiedo a un contadino se posso lasciare la macchina, e gli faccio notare che forse i pali che ha nel frutteto sono miei, mi dice che conosce molto bene la mia azienda che fin dal 1972 suo papà pianta pali Spinazzè. Gli sorrido e lo saluto.
C’è una fuga in atto con due corridori Bora-hansgrohe, la mia squadra, e con Gianni Moscon che nessuno come lui può rappresentare la Regione, è trentino e un produttore di mele, e quello sarà il suo futuro. Intanto corre ed è uno dei più forti, sebbene sfortunato nelle ultime stagioni. Ha già vinto l’altro ieri e oggi è davanti. Mentre aspetto il passaggio, mi sento chiamare, è Schwarzmann, velocista della Bora, che è in allenamento su quelle strade. La sua ragazza vive ad Appiano e lui si allena volentieri da quelle parti. Si siede con me e assieme aspettiamo la corsa parlando del più e del meno.

Passa la fuga, il duo Bora, Matteo Fabbro e Felix Grossschartner tira, dietro Moscon che ha una forza impressionante. Tutti e tre ci danno una occhiata.
Gianni lo conosco bene, ha i miei pali nei frutteti. Passano tutti gruppetti e noi due commentiamo e salutiamo, aspettiamo Rudi Selig che da teutonico in salita non va e si trova nel Gruppetto. Schwarzi è spesso suo compagno di camera e quindi si sbeffeggiano a vicenda in quei pochi secondi che ci incrociamo. A me lascia una borraccia. Seguiamo l’arrivo da li a pochi minuti, Moscon stravince anche oggi con Felix secondo e Fabbro a chiudere buon quarto. Chiedo a Schwarzi una foto dentro un frutteto e poi ci salutiamo. Aveva delle gare in programma ma causa Covid sono state cancellate e adesso si allena in attesa di conoscere un prossimo calendario e il suo destino.
Prendo la macchina e scendo a Coldrano e vado all’hotel dei corridori della Bora per salutarli. Trovo li Andrea Vendrame, un Razza Piave. Abita vicino a me, nella Sinistra Piave. Corre per la AG2R ha avuto un buon inizio di stagione con gran bei piazzamenti dove conta. Poi una caduta, uno stop di qualche giorno e ora è qui a fare fatica in vista del Giro. Gli dico ci vediamo lungo il Giro, lui invece mi dice passo a trovarti a casa, ciao boss… mi chiama così.
Arrivano dapprima i meccanici e i direttori sportivi, li saluto, sono Christian Poemer e Jens Zemke. Poi arriva Toni Palzer. Lo scialpinista innamorato della montagna e che ha vinto la Coppa del Mondo e che ha preso la bici per provare questa nuova avventura nel ciclismo professionistico. Lo guardo, è stravolto dalla fatica, mi dice, non pensavo fosse cosi dura andare in bici; è la sua terza giornata in gara, in gruppo. Gli ho detto che appena cominciato a correre sono caduto per sei gare di seguito. Ci siamo fatti una risata ed è salito in camera.
Ho fatto i complimenti a Felix e Matteo, i più in forma della squadra. Lukas il Postino che aveva vinto la tappa inaugurale del Giro al primo anno di Bora, si ferma e chiacchieriamo un po’. E’ impressione che quest’anno il livello del ciclismo si sia alzato notevolmente e che si corra sempre a tutta in ogni gara, i nuovi corridori giovani hanno spirito e motivazioni straordinarie e corrono come non ci fosse altro domani, e come non importasse cosa possa capitare. Si vince o si perde senza calcoli o piani. Lukas ci ha provato in Belgio nelle prime gare a correre cosi e si è anche divertito raggiunto a un chilometro dal traguardo alla Bredene Koksijde Classic. Sale anche lui in camera.
I corridori sono tutti andati, tra massaggi e qualche telefonata a casa sono scomparsi, sto ancora qualche momento con i meccanici che montano i rapporti per domani che sarà una tappa dura e preparano le bici. Renè Obst aveva ascoltato le mie chiacchiere con Postelberger e mi sottolinea cosa si dice del ciclismo attuale, tutto spettacolo per chi guarda, un po’ meno per loro che arrivano stremati. Lui ama il ciclocross e lo ha fatto, lui sa come funziona.
Lo saluto e prendo la macchina per rientrare a casa.
Nei meleti i fiori stanno uscendo e i frutteti si colorano, fa ancora freddo e la stagione è rallentata. Leggo un post di Moscon sotto la foto del suo scatto in salita……. “piena fioritura”. Bravo Gianni, dopo mesi di sofferenza lontano dalle gare, sei tornato.