David Lappartient non ha capito cos’è il ciclocross

David Lappartient non ha capito cos’è il ciclocross

16/11/2023 0 Di Giovanni Battistuzzi

C’è qualcosa di teneramente naïf nella sorpresa del presidente della Union cycliste internationale, David Lappartient, di non vedere al via della Coppa del mondo di ciclocross i migliori ciclocrossisti in circolazione. E pure nel non capire perché un corridore come Thibau Nys, talento emergente della Lidl-Trek, possa preferire correre nel Superprestige – la serie di corse di ciclocross che si tengono tra Belgio e Paesi Bassi – invece di partecipare alle prove del circuito organizzato dalla Uci. O meglio, ci sarebbe qualcosa di teneramente naïf, non fosse che David Lappartient è il numero uno del ciclismo mondiale e dovrebbe capire tutto ciò e il suo compito sarebbe gestirle.

David Lappartient però non ha capito cos’è successo, s’è solo infervorato per la decisione di Thibau Nys e le assenze dei migliori corridori al mondo, Mathieu van der Poel, Wout van Aert e Tom Pidcock. Perché non sono al via?, si è forse chiesto. Perché non sono lì a rendere grande con le loro sfide quello che David Lappartient vorrebbe fosse la competizione gioiello del ciclocross mondiale?

David Lappartient non riesce a rispondersi. E così è passato alle minacce.

“Se un corridore preferisce correre una gara nazionale e non una prova di Coppa del Mondo, non potrà partecipare alle gare successive di Coppa del mondo e di conseguenza non potrà essere al via del Mondiale: la Coppa del mondo non è una competizione in cui si gareggia come si desidera”, ha dichiarato il presidente della Uci. “Ogni corridore deve stare alle regole del gioco. Se la Coppa del Mondo viene vista come un giochino, allora abbiamo un problema. Non c’è nessun altro evento in cui il montepremi è alto come nella Coppa del Mondo. Il vincitore finale riceve 30.000 euro mentre il vincitore di tappa vince 5.000 euro”.

È più semplice dare la colpa ai corridori che analizzare quello che la stessa Uci ha contribuito a creare. La Coppa del mondo conta quattordici prove in sette stati: Waterloo negli Stati Uniti; Maasmechelen, Dendermonde, Namur, Antwerp Gavere, Zonhoven in Belgio; Troyes, Flamanville in Francia; Dublino in Irlanda; Hulst e Hoogerheide nei Paesi Bassi; Val di Sole in Italia e Benidorm in Spagna. La prima prova il 15 ottobre, ultima il 28 gennaio.

Un bel calendario, parecchio intenso, ma con un difetto: non è il Superprestige e non è l’Exact Cross, che tengono dentro tutti i grandi eventi del calendario belga e dei Paesi Bassi che sono poi il grande motore d’attrazione del ciclocross.


Dendermonde, coppa del mondo di ciclocross
Foto Uci

L’Uci ha voluto creare un grande evento alla maniera del World Tour del ciclismo su strada. Non ha però capito che il ciclocross non è il ciclismo su strada e che un grande evento non lo si costruisce da zero, copiando e improvvisando altrove ciò che si è visto fare in Belgio e nei Paesi Bassi.

Se David Lappartient non capisce perché un corridore come Thibau Nys preferisce correre il Superprestige nonostante non ci sia “nessun altro evento in cui il montepremi è alto come nella Coppa del Mondo. Il vincitore finale riceve 30.000 euro mentre il vincitore di tappa vince 5.000 euro”, forse non ha capito cos’è in fondo il ciclocross.

Perché preferire Dendermonde perché paga meglio, quando si può correre con il doppio delle persone che ti guardano a Niel (e settant’anni di storia)? Raccontava Roger De Vlaeminck nel 1988, dopo essere salito sull’ammiraglia dell’Hitachi, che “con il ciclocross non si diventava ricchi. Se uno correva solo per soldi, e credetemi tutti correvano per soldi, era meglio puntare ad altro, alle Sei giorni o alle riunioni su pista primaverili ed estive. Se facevo i circuiti di ciclocross non era solo per soldi, per quanto un po’ pagassero, ma per quell’incredibile spettacolo: quello di pedalare ma soprattutto quello che stava attorno e ti dava una carica enorme”.

L’altra cosa che non ha capito David Lappartient è che il ciclocross non si ferma a Mathieu van der Poel, Wout van Aert e Tom Pidcock. C’era prima di loro, ci sarà anche dopo. Certo quando ci sono è meglio, se ne parla di più, vederli pedalare è sempre spettacolare. Ma non si può pensare di permettere l’accesso ai Mondiali solo a chi ha corso la Coppa del mondo.

Lo ha spiegato bene a Sporza il ct del Belgio della strada e del ciclocross, Sven Vanthourenhout: “Certo che ci piacerebbe sempre vedere Van Aert all’opera nel cross, ma dobbiamo renderci conto che il ciclocross non è più la professione principale di corridori come Wout, van der Poel o Pidcock. Sebbene la gente ami il ciclocross, non vede l’ora di vederlo competere al Fiandre, al Tour o ai mondiali su strada. Ma correre ovunque e sempre, non è più possibile. Questo fa parte del passato”.

La presenza o meno dei campioni alla Coppa del mondo però sembra essere solo una scusa tirata fuori per confondere un minimo le carte. Il vero problema per il numero uno del ciclismo mondiale sembra essere piuttosto l’esistenza di un circuito, di circuiti, che l’Uci non gestisce e che vorrebbe che non ci fossero per rendere perfetto il giocattolino che David Lappartient credeva magnifico.

Si dovrebbe spiegare all’Uci che il ciclismo c’era prima dell’Uci e continuerà dopo l’Uci. E continua a esistere anche indipendentemente l’Uci.