
Era una mattata è diventata mito: lunga vita all’Eroica
01/10/2016Era il 1996 e tutto sembrava una mattata. Perché andar su e giù per le colline del Chianti su biciclette che di decenni ne avevano almeno un paio e che da lustri erano diventate un accessorio da cantina, che di chili ne pesavano almeno una dozzina, non erano cosa di tutti i giorni. E non era cosa da tutti i giorni deciderlo di farlo abbandonando il più possibile il comodo asfalto per il bianco e polveroso sterrato. Tutto sembrava una zingarata, mica una cosa seria.
Era il 1996 ed era il 5 ottobre e guardarsi alle spalle, in quel periodo dove il ciclismo correva veloce verso il futuro, non era banale. Perché il nuovo avanzava, i comandi del cambio si spostavano sul manubrio, i telai si alleggerivano, l’acciaio, già diventato alluminio, si preparava a trasformarsi in carbonio, perdeva etti su etti, che sarebbero diventati chili, che sarebbero diventati velocità, magari un po’ chimica ma comunque di velocità si trattava.
Era vent’anni fa e quasi veniva da sorridere a pensare che fosse una terra di vini e tradizione a fare della tradizione un nuovo progresso, un nuovo modo antico di vivere la bici.
Era il 1996, il 5 ottobre e si ritrovarono in 92 a Gaiole in Chianti. Partenza e arrivo, principio e conclusione. Su e giù per colline e collinette, tra polvere che si alzava e ghiaino che scricchiolava, nel mezzo vino e salami, pause e bicchieri. Nel mezzo quello che spinge a correre in tanti: salumi e buon rosso “che fan energia e buon sangue ed energia e buon sangue servono a far girar le gambe”, almeno secondo la ricetta di Gino Bartali.
Novantadue erano allora e sembrava parentesi da archiviare come goliardia. E una goliardata lo era forse davvero, ma terribilmente seria, perché questo sport ha le radici ancora saldamente ancorate al suo substrato di storia e di mito, legato ancora a un cordone ombelicale che parte dai pionieri, dai Gerbi, dai Ganna, dai Pavesi e prosegue come se non ci fosse salto storico ai Girardengo, ai Binda e ai Guerra, ai Bartali e ai Coppi, ai Nencini e ai Baldini, via via per ère e campioni diversi.
Sono diventati 6 mila, e altrettanti a casa a pensare che il prossimo anno potrebbe essere la loro occasione, la loro Eroica. Perché Eroica questa corsa un po’ corsa e un po’ passeggiata lo è davvero, come i tempi che furono e che tornano ad essere: quelli della ghiaia e delle salite in mezzo al niente, lungo clivi che si scoprivano allora e che ancora simboli non erano.
Un ritrovo diventato ricorrenza, sempre lì, nel Chianti, ma anche altrove. Perché la passione per lo sterrato e per le origini si sono trasferite anche all’estero, dalla Spagna all’Inghilterra, al Limburgo, sino alla California, all’Argentina, al Giappone. Perché la passione per lo sterrato è stata riscoperta anche per i corridori, quelli di professione. L’Eroica ha avuto il merito di far scoprire al Giro d’Italia Plan de Corones e il Col delle Finestre, l’Alpe di Poti e il saliscendi verso Montalcino. L’Eroica ci ha regalato la Strade Bianche, corsa giovane ormai Classica imperdibile.
E dunque lunga vita all’Eroica. Tanti auguri e mille di questi 20 anni.