
Il cuore di pietra di Franco Ballerini
07/02/2022Il 7 febbraio del 2010 moriva Franco Ballerini. Ogni anno però, quando le bici della Roubaix incontrano la prima pietra, quel cuore torna a battere
Amare significa fregarsene dei difetti altrui, andare avanti nonostante questi, spesso nonostante tutto. Amare è un verbo ciclistico, perché molto spesso è amore quello che ci spinge a salire su di una sella, a muovere i pedali, a fregarcene di maltempo e freddo, a spingere sulle pedivelle, nonostante tutto.
Nonostante la stanchezza, nonostante le difficoltà, nonostante sia più facile e più pratico restarsene a casa. A poltrire non ci vuole niente, perché niente richiede. La bici invece ha bisogno di tutto. Di gambe e di polmoni, soprattutto di animo e di buona volontà. Ricambia tutto però, dona tanto a chi si dona a lei.
Non c’è luogo o sostanza che abbia respinto davvero la bicicletta, sebbene le nostre strade facciano di tutto per rendere loro tosta e sgradevole l’esistenza. Le bici hanno conquistato deserti e montagne, si sono spinte a sfidare l’acqua e il ghiaccio; sfide vinte.
Sull’asfalto hanno trovato il loro habitat naturale, si diceva un tempo. E il ciclismo ha preso per buona la necessità di farle correre lì. La polvere venne rinchiusa in un oblio dal quale sembrava non potesse scappare. È stato lungo, ma è riuscita a liberarsi. L’Eroica l’ha ravvivata, l’ha riportata in auge. E lei si è deconfinata dalla propria riserva, ha ripreso possesso, almeno in parte del proscenio.
Per anni l’unica parte del mondo che non l’aveva abbandonata era stata quel fazzoletto di terra di Francia che inizia a profumare di Fiandra. Roubaix era una resistenza, l’ultimo campo di battaglia per chi ancora era convinto che le biciclette potessero arrivare ovunque, nonostante fossero sempre meno a scorrere per le strade di città, nonostante altri miti affollassero gli immaginari collettivi.

Una resistenza che era un atto d’amore. Per la polvere, per le pietre per l’inconsueto, soprattutto per la bicicletta e per tutte le sue dimensioni.
La Parigi-Roubaix la si sceglie. Spesso è lei a scegliere chi la può blandire. È necessario amarla però per essere tra i prescelti. Perché sulle pietre, su quelle pietre, non sono solo le gambe e il talento a farti pedalare veloce. A volte c’è di più. Franco Ballerini aveva quel di più. Quel cuore di pietra che serve scorrere leggero tra quelle campagne, quello che sussurra Roubaix ogni giorno e ogni giorno fa comprendere che lì e non altrove ci si sente davvero a proprio agio. Un giorno all’anno, perché la meraviglia uno non può averla sempre, degraderebbe a quotidianità, verrebbe a noia.

Franco Ballerini quel suo cuore di pietre lo ha messo al servizio di tanti, di tutti. Si è donato sempre alla causa altrui chiedendo per lui un unico giorno e un unico luogo per sentirsi più a casa che a casa.
Quel cuore di pietra, quello di Franco Ballerini, il ciclismo lo ha smarrito il 7 febbraio del 2010. Ma ogni anno, quando le biciclette provano a volare su quelle pietre, quel cuore di pietra, torna a battere. Un toc solo, quello che si sente quando il primo palmer intercetta la prima pietra.