L’Uci prenda in considerazione Froome sulle bici da cronometro

L’Uci prenda in considerazione Froome sulle bici da cronometro

14/02/2022 0 Di Giovanni Battistuzzi

Perché non tornare a correre le cronometro con le bici tradizionali? Le buone idee di Chris Froome per la sicurezza dei ciclisti


C’era un tempo nel quale le cronometro erano un’altra cosa. Erano più lunghe, a volte infinite e a contare era soprattutto la costanza con la quale si menava sui pedali. “Di ritmo e di forza, soprattutto di intelligenza”, a dirla con Jacques Anquetil, uno dei corridori più forti della storia a lottare contro il tempo. Ché “serve conoscenza”, nel senso di conoscere e conoscersi, per pedalare l’asfalto sino ad ammansire il naturale scorrere dei minuti, renderselo amico e farlo pesare agli altri.

C’è nulla di più complesso mentalmente di essere da soli contro il tempo. Uno alla solitudine ci deve essere portato, avere una capacità di concentrazione e astrazione, altrimenti è un problema che può diventare insormontabile. Soprattutto su di una bici che non è soltanto una bicicletta, ma qualcosa di diverso: un concentrato lotta contro i flussi d’aria. L’aerodinamica non è mai comoda, è un restringimento del corpo, un riadattamento che è una trasformazione in un cuneo buono per fendere l’aria nella maniera più efficiente possibile.

O almeno è così dopo Boone Lennon. Perché prima era tutto diverso. Anche se Francesco Moser c’aveva messo del suo per spianare la strada all’americano.

Boone Lennon aveva insegnato sci per anni, aveva guidato la Nazionale degli Stati Uniti dal 1984 al 1986, aveva studiato le dinamiche dell’aria e cercato di applicarle alla discesa libera, aveva suggerito modifiche ad attrezzature e vestiario, ma l’avevano sempre considerato il giusto, ossia quasi per niente.

Chi lo stette a sentire era stato invece José De Cauwer, all’epoca direttore sportivo della ADR-Santini. Gli bastarono due parole per convincerlo a puntare su di lui: “Vantaggio aerodinamico”.

De Cauwer si era convinto in quegli anni, soprattutto vedendo ciò che aveva fatto Francesco Moser, che fossero i dettagli tecnologici la vera avanguardia del ciclismo, che fossero le minuzie a poter decidere le corse, soprattutto quelle a tappe. E così al Tour de France del 1989 decise di puntare sull’invenzione che l’americano aveva brevettato due anni prima, le barre Len, ossia quelle appendici che ancora (anche se notevolmente modificate) stringono tra le mani i ciclisti durante le cronometro, su di un manubrio modificato dalla Scott. L’intuizione di Lennon permise a Greg LeMond di sopravanzare Laurent Fignon lungo i 24,5 chilometri dell’ultima cronometro del Tour de France del 1989. Era partito con cinquanta secondi di ritardo, gli finì davanti di otto.

Quelle soluzioni aerodinamiche, che allora furono rivoluzionarie, si sono sedimentate nel ciclismo a tal punto da essere considerate normali oggi. Nessuno si chiede più se sarebbe il caso di fare un passo indietro, di ritornare a quello che erano le cronometro. Nonostante gli incidenti che hanno coinvolto diversi corridori. L’ultimo quello occorso a Egan Bernal.

Poi è arrivato Chris Froome. E questo se lo è chiesto.

“Sono uscito con la mia bici da cronometro stamattina. Le bici da cronometro non sono pensate per essere utilizzate sulle strade di tutti i giorni, non almeno nel modo in cui dobbiamo utilizzarle per essere pronti per le prove contro il tempo. Se c’è un’ora a cronometro al Tour de France, un corridore dovrebbe avere la possibilità di simularla. Ma quante strade conosci dove puoi pedalare per un’ora in condizioni di strade chiuse, senza traffico, senza segnali di stop, senza semafori? Quelle condizioni non esistono nel mondo reale”, ha detto sul suo canale YouTube.

Froome ha argomento inoltre la sua idea di bandire le biciclette da cronometro: “Sarebbe più equo disputare le prove a cronometro su bici da strada? Sì, garantirebbe una maggiore parità di condizioni e premierebbe di più l’abilità dei corridori, diminuendo l’impatto di ricerca e sviluppo, dell’aerodinamica e del potenziale economico delle squadre per l’utilizzo della galleria del vento”.

Probabilmente ai tempi della Sky Froome non si sarebbe spinto a fare queste dichiarazioni. Dall’addio al team inglese però il keniano d’Inghilterra è cambiato parecchio, soprattutto dopo l’infortunio che gli ha cambiato la carriera. E ciò che ha sottolineato ha un suo perché, è intelligente e non scontato e l’Uci dovrebbe prenderlo in considerazione.

Sicurezza ed equità sono termini che vanno di gran moda in questi tempi. E di gente che se ne riempie la bocca è pieno anche ai vertici del massimo organismo del ciclismo mondiale. Ma su questo tema, quello delle biciclette da cronometro la stessa federazione internazionale era già intervenuta in passato sostenendo che non si può interrompere il miglioramento tecnologico, che non è nelle competenze dell’Uci il bloccare il progresso.

Il che suona strano. Soprattutto perché fu proprio l’Uci a decidere nel 2000 di riscrivere la storia del Record dell’Ora, bandendo dall’albo d’oro tutte le prestazioni ottenute con biciclette speciali, ossia quelle ottenute su telai non “tradizionali”. E fu la stessa Uci a bandire pure i modelli speciali realizzate per le cronometro che diversi grandi campioni pedalarono tra gli anni Ottanta e i Novanta.

Ma sicuramente ad Aigle sono più impegnati a pensare al pericolo incredibile delle borracce regalate dai corridori ai tifosi per riflettere su queste cose.