
Gand-Wevelgem, una questione di stomaco
28/03/2021Wout Van Aert vince la Gand-Wevelgem davanti a Sonny Colbrelli e Matteo Trentin, dopo una corsa che ha premiato chi ha saputo cavalcare il vento e dimostrato di avere le caratteristiche che aveva elencato il papà del Giro delle Fiandre, Karel Van Wijnendaele: “Gambe, testa e stomaco”. Proprio quello che ha tradito Sam Bennett
Karel Van Wijnendaele era un uomo piccoletto e brontolone. Uno che, sotto la sua coppola calata quasi a coprirgli gli occhi per evitare ulteriori peggioramenti alla sua sinusite cronica e dietro il suo sigaro perennemente acceso, aveva un borbottio per ogni cosa, soprattutto quando qualcuno non la pensava come lui a proposito di biciclette e ciclismo. Spesso i battibecchi li chiudeva in una nuvola di fumo, qualche improperio a bassa voce e un “ne riparleremo dopo che inventerai una gara migliore del Giro delle Fiandre”. Detto questo se ne andava ridendo. Era il suo modo di essere burlone.
Karel Van Wijnendaele la Ronde se l’era inventata davvero. Nel 1913. E non si fermò a questa. Creò, suggerì, contribuì a dare il via a molte altre corse nelle Fiandre. Fu lui a spingere George Matthys a organizzare una corsa che finisse a Wevelgem, paese a pochi chilometri dal confine francese, così “per fare vedere ai francesi come si organizzano le corse sulle pietre”. Decisero di farla partire da Gand, cinquanta chilometri appena dalla sede di arrivo e di farla scorrere per tutte le zone delle Fiandre occidentali che la Ronde non riusciva a toccare. Prima edizione nel 1934, ma riservata ai dilettanti. Due anni dopo fu aperta anche agli indipendenti, dal 1945 ai professionisti, perché serviva un’altra corsa che mettesse ancor più in secondo piano il tentativo di ascesa della Omloop van Vlandeeren, che il gran nemico di Van Wijnendaele, Jérôme Stevens, aveva organizzato per mandare in pensione la Ronde.
Karel Van Wijnendaele iniziò a declamare la Gand-Wevelgem, come la “miglior corsa preparatoria per il Fiandre”, il terreno perfetto per il perfetto corridore fiammingo, quello che “è più che un ciclista perché alle caratteristiche necessarie dei campioni, gambe e testa, aggiunge quella dei veri leoni del nord: lo stomaco. Stomaco serve per pedalare sulle pietre attorniati da due muri di folla urlante che sprizza birra e passione”.
La Gand-Wevelgem è da un po’ che non parte più da Gand, ma tant’è. Non è cambiata poi tanto. Inizio piatto, finale piatto, in mezzo il meglio, ossia muri in pavé uno dietro l’altro, un su e giù su strade più strette di quelle già strette delle Fiandre e piene di curve. È una corsa sociale, difficilmente la si risolve in solitaria. Quasi socialista, mira alla trasformazione del gruppo in direzione dell’uguaglianza: è aperta a tutti dagli sprinter agli uomini da classiche. A patto che si possieda le caratteristiche evidenziate da Karel Van Wijnendaele: gambe, testa, stomaco.
Ci sono anni nei quali a Wevelgem arrivano in tanti e tutto si risolve con uno sprint di (meno di mezzo) gruppo. Anni invece nei quali tutto si complica e se la giocano in pochi, solitamente un gruppo eterogeneo di corridori che mai hanno battuto tutti assieme le avanguardie del gruppo. Molto spesso tra un finale e l’altro c’è di mezzo il meteo.
Oggi il vento ha preso il sopravvento su tutto il resto. Ha spazzato le Fiandre spezzando ripetutamente il gruppo, lasciando davanti chi lo ha saputo cavalcare, respingendo chi si è fatto trovare nel posto sbagliato.
Davanti sono rimasti prima in una trentina, poi in una ventina, infine in nove: Bennett, Colbrelli, Küng, Matthews, Nizzolo, Trentin, Van Aert, Van Poppel e Van Hooydonck. A sgranare gli avanguardisti c’ha pensato il Kemmelberg. Davanti gente resistente e veloce. Molti velocisti ed ex velocisti, qualche bestione da pavé e uno che va forte ovunque: Van Aert. Tutti corridori di gambe, testa e stomaco.
Poteva finire in tanti modi. Con un colpo di mano dalla distanza, con un colpo di mano a pochi chilometri dal traguardo, con una volata tra tutti e nove. È finita con Wout Van Aert davanti a tutti e nel modo più veloce: allo sprint. Quello che sognava Sam Bennett per far vedere a tutti che lui in queste corse, che sempre gli sono piaciute, le può davvero vincere e non solo sognare, perché non tutti i velocisti sono uguali, anzi ormai di velocisti di come ce ne erano un tempo non ce ne sono davvero più. Voleva dimostrare di essere uomo di gambe testa e stomaco e l’aveva pure dimostrato quando poi proprio lo stomaco l’ha tradito. Bennett ha iniziato a tremare, a tenersi la pancia, a provare a respirare a pieni polmoni per vedere se era solo un affanno da corsa. Non era così. Ha vomitato pedalando in mondovisione, ha provato a resistere, poi all’aumento di velocità di Van Hooydonck ha dovuto alzare bandiera bianca. Era coi primi sino a una quindicina di chilometri dall’arrivo. È arrivato 55esimo a oltre quattro minuti. Ma è arrivato. E già questo basta per capire che razza di corridore è. Chapeau.
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