Un tappo ferma Girmay. L’educazione alcolica che serve ai ciclisti

Un tappo ferma Girmay. L’educazione alcolica che serve ai ciclisti

18/05/2022 0 Di Giovanni Battistuzzi

Una delle prime avvertenze che veniva data dai genitori ai figli quando davano loro in mano una bottiglia di spumante era quella di tenere la bottiglia inclinata in avanti e mai rivolta verso qualcuno. Il motivo è semplice: il tappo ogni tanto può partire da solo una volta tolta la gabbietta. E quando parte lo fa tra i quaranta e gli ottanta chilometri orari a seconda della temperatura di conservazione della bottiglia, di quanto è stata mossa e di un numero di altre variabili talmente lunga che difficilmente si potrebbero calcolare con esattezza.

L’educazione alcolica, soprattutto nel maneggiare una bottiglia di bollicine, era qualcosa che sino a qualche decennio fa era prassi necessaria, perché se c’è qualcosa di sicuro a questo mondo, è che prima o poi si avrà a che fare con l’alcol. E per non essere travolti dai problemi che l’alcol può portare con sé, dicevano i vecchi, è meglio capire fin da subito con cosa si ha a che fare. Andava mai davvero così, ma tant’è.

Si stima che gli incedenti causati dai tappi delle bottiglie di spumante in Italia siano tra i duemila e i tremila l’anno. L’ultimo è capitato martedì pomeriggio dopo la decima tappa del Giro d’Italia 2022. Biniam Girmay aveva da poco vinto a Jesi, quando sul podio, mentre apriva la bottiglia che come da prassi deve essere spumata dal palco, è stato colpito dal tappo in un occhio.

Non è la prima volta che questo accade, di tappi a questo Giro e non solo a questo Giro, ne sono partiti diversi. Sino a ieri, fortunatamente, s’erano limitati a colpire il berretto dei corridori. Non martedì. Girmay è finito in ospedale e, per non rischiare problemi maggiori, il suo Giro d’Italia è finito lì, sul palco di Jesi.

Sul finire degli anni Settanta, Goffredo Parise se la prese con “l’assurda pratica del festeggiare sportivo spargendo vino sul pubblico”. Per lo scrittore veneto le bottiglie di spumante agitato e schiumato era “un atteggiamento tipico della cafonaggine di chi ha perso il contatto con il mondo naturale. Una violenza contro chi il vino, qualsiasi vino, a patto che sia buono, lo userebbe sì per festeggiare, ma con modi più consoni: bevendolo”.

Sia dato un bicchiere ai corridori, magari di rosso, che fa buon sangue, a dir dei vecchi. Le bottiglie di spumante le si lascino agli automobilisti, rampolli della società dello champagne che meglio si destreggiano a sbocciare bollicine. O quantomeno si ritorni a una sana e seria educazione alcolica.