Giro d’Italia. Filippo Zana, il Monte Pelmo, le coincidenze

Giro d’Italia. Filippo Zana, il Monte Pelmo, le coincidenze

25/05/2023 0 Di Giovanni Battistuzzi

C’è chi, quasi sempre con fare deciso e un filo altezzoso, se ne esce con una frase da film in mezzo a una discussione che di cinematografico non ha niente: “Io non credo alle coincidenze”. Probabilmente si pensa che faccia un certo effetto dirlo. E un certo effetto può averlo se a dirla è un magistrato, un poliziotto, pure per un investigatore privato, un po’ meno per chi non fa questi lavori. È una frase che non è vera e non è falsa, che potrebbe essere facilmente confutata, ma chi la dice ha sempre parecchie cose da controbattere e soprattutto voglia di farlo e tutto questo dovrebbe indurre chiunque a non mettere mai in discussione la frase “io non credo alle coincidenze”, soprattutto se non si ha la minima voglia di disquisire sul nulla. Le coincidenze però a volte ci sono, non hanno l’ambizione di far cambiare idea a chi non crede in loro, si limitano a comparire, serve solo avere la capacità di coglierle. Ne sa qualcosa, o forse non ne sa qualcosa il Giro d’Italia. Filippo Zana: “Non credevamo che fosse così bello”. Ha detto questo il campione italiano dopo la vittoria della diciottesima tappa del Giro d’Italia, la Oderzo-Val di Zoldo, 161 chilometri.

“Non credevamo che fosse così bello” lassù, nella Val di Zoldo l’avevano già sentito oltre centosettanta anni prima. A non troppi chilometri di distanza. Fu una delle prime cose che disse il primo uomo a salire in cima al Monte Pelmo, l’irlandese John Ball. Zana corre in bicicletta, Ball era un giudice che messa da parte la toga s’era messo a fare ciò che amava più fare: camminare in montagna e scalare le cime.

“Non credevamo che fosse così bello”. Zana parlava di questo Giro d’Italia, della sua vittoria. Ball parlava della scalata alla cima, di quello che aveva visto da lassù, primo uomo a vedere giù da lassù. Raggiungendo la vetta aveva rovinato i piani di altri due alpinisti, due francesi, che erano capitati nella val zoldana nella primavera del 1857. Avevano programmato la scalata per l’agosto del 1858. Troppo tardi: il 19 settembre del 1857 c’era salito John Ball.

Anche oggi Filippo Zana ha rovinato i piani di due francesi. Soprattutto di un francese, Thibaut Pinot. Aveva fatto tutto bene Pinot. Aveva portato via di forza la fuga buona, aveva incitato i compagni d’avventura, aveva di ostinazione staccato tutti sulla strada che portava a Coi. Tutti tranne uno, Filippo Zana. Avrebbe voluto vincere, rivivere l’emozione di passare per primo la linea d’arrivo in una tappa della corsa a cui più è affezionato nell’ultimo anno in gruppo. Era un bel piano. Filippo Zana però è riuscito a staccarlo.

Era un bel piano pure quello di Primoz Roglic. Fare finta di non essere in gran giornata, guardare gli altri, poi staccarli tutti. Quello dello sloveno della Jumbo-Visma è andato invece quasi totalmente in porto. Di avversari ne ha staccati tanti, João Almeida in primis, ma non la maglia rosa, non quel Geraint Thomas che anche verso il rifugio Palafavera sembra essere sereno, tranquillo, a suo agio a vedere gli altri, solo Primoz Roglic in realtà, affannarsi per staccarlo. Pedala bene Geraint Thomas, soprattutto tranquillo e consapevole che ci vorrà di più per staccarlo e che di strada per farlo ce ne è sempre meno. E si sa mai che non sia lui a staccare gli altri. Sotto le Tre cime di Lavaredo ci arriverà senz’altro in maglia rosa. La speranza è davanti a tutti.