Fatica e un pugno di mosche. Ode al gregario

Fatica e un pugno di mosche. Ode al gregario

14/05/2016 0 Di Giovanni Battistuzzi

G come GREGARI – Sono apertura e chiusura. Li vedi davanti ad abbattere l’aria non appena la corsa inizia, li vedi arrivare dietro calmi e distrutti quando i primi sono arrivati da un pezzo e quasi si iniziano a smontare transenne e palchi. Non sono belli come i campioni, non hanno neppure il loro fascino. Sono classe operaia, manovalanza. Gente buona a riempire ordini di arrivo. Cognomi e nomi che leggi e non ricordi, che spariscono dopo poco.

gregariHanno cognomi che li rappresentano, che stridono con la grazia di quelli dei campioni. Tiralongo, Cavalcanti, Passuello, Spruyt, Campagnari, Carrea, Huertas Espinoza, esprimono fatica, mal si presterebbero a figurare tra i primi dieci, quelli che tutti possono vedere in televisione. Senza quei nomi e quei cognomi, senza quei volti e quello sbuffare, però i campioni lo sarebbero meno. Perché sono quei nomi e quei cognomi a trascinare i vincenti sino al punto in cui possono dare sfogo alla loro classe, possono fare lo scatto che diventa storia, il numero che diventa impresa.

I gregari sono balia e guide, cullano e aprono sentieri. Sono fionde e argani, danno tutto per lanciare i capitani e si sacrificano quando questi si impantanano in una giornata no. Per il resto pedalano. Più di tutti. Perché per loro la tappa è più lunga degli altri, dura di più. E’ la velocità a fregarli, quando questa diminuisce aumenta il tempo, nonostante le energie le si siano esaurite a trenta chilometri dal traguardo questo va superato.

pate_gregario_skySono portatori. Di fardelli altrui, di borracce e pene. Sono dispensatori. Danno acqua, consigli e anche la loro bici quando è il caso. Sono carriarmati e corazzate perché se vanno in crisi loro prima del tempo, che è sempre prima di quello dei loro capitani, sono cavoli per tutti. E allora tocca a loro non avere mai una giornata storta perché se ai campioni si perdona molto, anche un anno no, a loro poveri cristi del pedale, niente.

I gregari non vincono mai. Quando sei a tutta dal mattino è difficile farlo, quando ti fai il culo per gli altri, trovare il tempo di farlo per agli altri è pura illusione. Quando succede, e non succede mai, è però tripudio, ribaltamento del consueto, teatro dell’assurdo. E’ Ionesco e Beckett, è esaltazione e meraviglia, è l’utopia che si manifesta, si fa vera. E’ libidine. Ma a piccole dosi.

 

Il gregariato più bello lo ha scritto, al solito, Marco Pastonesi in questo libro meraviglioso Il diario del gregario ovvero Scarponi, Bruseghin e Noè al Giro d’Italia

L’abecedario del Giro lo trovate ogni giorno sul Foglio nel mio speciale in collaborazione con Maurizio Milani