Il falso mito che il Giro d’Italia discrimina il Sud

Il falso mito che il Giro d’Italia discrimina il Sud

17/11/2023 0 Di Giovanni Battistuzzi

Dopo ogni presentazione del percorso di una qualsiasi edizione del Giro d’Italia che il Dio delle biciclette ci concede in terra, c’è chi osserva quello che non c’è e non quello che c’è e si lamenta. Il problema è sempre lo stesso: manca qualche pezzo d’Italia. Difficile coprire tutto il territorio italiano in ventuno tappe, a meno di non voler far pedalare i corridori per trecento-quattrocento chilometri al giorno. Di solito la polemica riguarda l’esclusione del Sud. Anche dopo la presentazione dell’edizione del prossimo c’è stato, come praticamente ogni anno, chi ha gridato al gombloddo perché chi organizza il Giro d’Italia è del Nord ed essendo del Nord è uno sporco cattivo vomitevole nordista che il Sud lo schifa e lo boicotta in questo sporco cattivo vomitevole nordista. 

Non c’è però nessun complotto o boicottaggio contro il Sud. E questo perché, al contrario di quello che pensano in molti, il Giro d’Italia non è un ente assistenziale o un diritto inalienabile dei territori italiani. Il Giro d’Italia è un’azienda che va dove lo vogliono. E per volere il Giro, volerlo davvero e non solo per desiderio recondito, serve aprire il portafoglio e pagare e questo perché non è un ente assistenziale o un diritto inalienabile dei territori italiani. Si chiama Giro d’Italia perché è una corsa, nel ciclismo una corsa a tappe viene chiamato giro (Tour in francese e Vuelta in spagnolo, ma quello è) e davvero percorre tutta l’Italia. Raggiunge qualsiasi punto, basta volerlo e quindi aprire il portafoglio. 


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Se si prendono in analisi le ultime venti edizioni della corsa rosa si può facilmente osservare che il Giro d’Italia è passato in tutte le regioni italiane, nessuna esclusa. 

Non è una notizia, possono dire i più; doveroso, possono dire i gombloddari

Per superare i pregiudizi sul Giro d’Italia che esclude il sud è meglio affidarsi ai dati. Qui sotto potete osservare la mappa dell’Italia che riunisce tutte le sedi di partenza e arrivo delle tappe degli ultimi venti anni di Giro d’Italia, regione per regione. 

Come si può vedere è vero che il Giro d’Italia ha privilegiato le regioni del Nord, ma questo è legato soprattutto a un fatto geografico-ciclistico: la quasi totalità delle grandi salite si trovano nella catena alpina e le grandi salite sono ciò che tutti gli appassionati di ciclismo aspettano. 

E questo è ancor più chiaro se si passa dal piano regionale a quello provinciale. In questa mappa abbiamo suddiviso per provincie le sedi di arrivo e di partenza degli ultimi vent’anni di Giro d’Italia. I punti più chiari sono quelli delle province che hanno ospitato il maggior numero di arrivi e partenze e si trovano tutti a ridosso delle Alpi o degli Appennini (o sotto un vulcano, tipo l’Etna, che negli ultimi anni ha ospitato numerosi arrivi in quota).

E si può scoprire che la provincia dell’Aquila ha ospitato lo stesso numero di partenze e arrivi della provincia di Sondrio, che quella di Cosenza ne ha ospitati di più rispetto a quella di Bergamo e che quella di Chieti di quella di Alessandria che fu uno dei grandi centri del ciclismo delle origini

Sorprende soprattutto che le province di Lecco e Cremona, province nella quale il numero di cicloamatori è tra i più alti d’Italia, siano all’ultimo posto di questa “classifica”. 

E ancor più stupisce che le provincie di Varese e Grosseto, le province italiane con più cicloamatori rispetto alla popolazione, siano agli ultimi posti per “ospitate”. 

Cosa dovrebbero dire varesini e maremmani? Di subire una discriminazione territoriale da parte dell’organizzazione del Giro d’Italia.

Ma soprattutto: siete davvero pronti a barattare i tapponi di montagna in nome del correttismo geografico?