Giro delle Fiandre 2023. Pogacar e il sentimento

Giro delle Fiandre 2023. Pogacar e il sentimento

02/04/2023 0 Di Giovanni Battistuzzi

C’avevano detto per anni, decenni?, che il ciclismo, lo sport in generale, era tattica, un tripudio di tattica, che tutto girava attorno alla tattica. E quasi c’avevamo creduto. Perché, insomma, a forza di dirlo e dirlo e dirlo e vederlo e vederlo e vederlo, è difficile non crederci davvero. Oggi al Giro delle Fiandre Mads Pedersen tatticamente ha corso alla perfezione. E pure la Jumbo-Visma, nella confusione tattica che genera spesso, quasi sempre, aveva corso egregiamente. Pedersen aveva attaccato da lontanissimo, aveva guadagnato i minuti che poteva servirgli. La Jumbo-Visma aveva messo davanti uno strepitoso interprete del pavé, Nathan van Hooydonck, aveva lanciato uno dei corridori più in forma del gruppo con Tadej Pogacar, Christophe Laporte, permettendo così a Wout van Aert di tenersi qualche energia in più e soprattutto a spremere Mathieu van der Poel. Poteva essere un successo, sia per il danese sia per il fiammingo. Il Giro delle Fiandre però l’ha vinto Tadej Pogacar. Secondo è arrivato Mathieu van der Poel. E tutto questo alla faccia della tattica.

È una fortuna che sia andata così. Perché quando fallisce la tattica è l’occasione di vittoria del sentimento, della libidine del pedalare, che poi altro non è che l’essenza di questi anni di ciclismo.

Tadej Pogacar ha vinto la Ronde perché era senza alcun dubbio il più forte. Mathieu van der Poel è arrivato secondo perché era altrettanto senza dubbio il più forte. Mads Pedersen e Wout van Aert sono arrivati terzi e quarti perché vederli pedalare era un sacco bello, ma ne avevano meno degli altri due e la tattica gli ha aiutati un po’, ma fino a un certo punto.

È stato bellissimo vedere questo Giro delle Fiandre, è un’enorme soddisfazione vedere questi anni di corse (e pure raccontarle). Ed è così perché quasi non servirebbe scriverne, è qualcosa di superfluo, tipo tutto quello che state leggendo. Non servirebbe trovare parole ulteriori a quelle che questi uomini hanno messo ruote su asfalto. Queste però di solito si fermano al oooohhh, quindi qualcosa tocca inventarsi, giusto almeno per portare a casa la pagnotta. Loro lo fanno a ogni corsa, e anche più di quello che sarebbe a volte sufficiente. Per questo tocca sforzarsi.

Stiamo assistendo a corse che a lungo non avevamo visto, corse che forse solo avevamo immaginato di vedere, corse alle quali serve collegarsi presto, perché tutto può accadere, che poi altro non è che ciò che avevamo agognato a lungo, decenni?

Tadej Pogacar ha vinto un Giro delle Fiandre che solo potevamo immaginarci anni fa, lo ha fatto provandoci prima a oltre cinquanta chilometri dal termine, poi lì dove era lecito aspettarsi uno scatto. Nel mezzo ci sono stati trenta chilometri durante i quali tutto poteva accadere, tanto è successo – tipo Wout van Aert che ha perso le ruote dello sloveno e di Mathieu van der Poel –, quasi nulla era deciso. E questo nonostante le tattiche o il tentativo di creare una versione “perfetta” di corsa di squadra.

Perché anche chi non ha la capacità di questi fantastici campioni, si sta adeguando a correre diversamente. Perché se non sei Tadej Pogacar, Mathieu van der Poel o Wout van Aert, puoi avere possibilità di mettere in difficoltà questa gente qui. Basta volerlo. Non è detto che sia impossibile.

Il ciclismo è diventato un mutamento continuo. Uno stravolgimento incessante e appassionante. Il Giro delle Fiandre ne è stato l’esempio. Non è il primo, non sarà l’unico. E tutto questo è una grandissima fortuna.


L’ordine d’arrivo del Giro delle Fiandre 2023

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