Il Giro delle Fiandre non era una terra straniera

Il Giro delle Fiandre non era una terra straniera

01/04/2021 0 Di Giovanni Battistuzzi

Fino al 1949, fino alla prima Ronde di Fiorenzo Magni, il Fiandre era stato vinto soltanto da fiamminghi. Ad eccezione dell’edizione 1923, quando uno svizzero semisconosciuto, Heiri Suter, riuscì nell’impresa storica di conquistare quella che sino ad allora sembrava una questione tra corridori locali


Appena passò la linea d’arrivo si trovò di fronte un muro di facce stupite, quasi sconvolte. La confusione che aveva sempre visto dopo il traguardo quel giorno non c’era. E sì che così tanta gente non l’aveva mai vista in vita sua, come se un’intera nazione si fosse riversata lungo la strada a osservare i corridori passare. Si guardò attorno, sapeva benissimo di aver vinto, ma in quel momento ebbe un dubbio. Tutto quel silenzio, tutto quello sbigottimento lo rendevano inquieto. Poi gli si avvicinò un piccoletto col doppio mento e una coppola tirata giù sulla fronte quasi a coprigli gli occhi. Gli brontolò qualcosa, gli diede la mano, si complimentò con lui e scappò bofonchiando ancora.
Karel Van Wijnendaele non l’aveva presa bene. Si era inventato una corsa che doveva essere la festa nazionale fiamminga e vedere quel ragazzone coi capelli corvini e gli occhi furbi davanti a tutti non gli era andato giù. “Cos’è diventata questa corsa se pure uno svizzero riesce a vincerla?”.

Anche perché Heiri Suter non doveva prendere neppure il via quel giorno da Gent. Lo avevano chiamato in Belgio all’ultimo perché il compagno Jean Hillarion si era infortunato qualche giorno prima. Un telegramma: “Vieni in Belgio. Primo treno possibile. Tutto pagato”. Appena arrivato gli dissero di stare attento ché le strade delle Fiandre erano una trappola insormontabile per chi non le aveva mai percorse. Lui si fece un giro per i dintorni della città e disse che tanto timore gli sembrava ingiustificato: “A casa mia sono abituato a correre su strade in ciottoli di fiume”.

E così quando le ruote del gruppo incontrarono prima il Tiegemberg e poi il Vecchio Kwaremont gli fu facile mettersi in scia ad Albert Dejonghe e Charles Deruyter.

Il primo provava l’assolo che piantato com’era allo sprint avrebbe perso pure contro un paracarro. Il secondo rincorreva, il terzo li stava a guardare e si chiedeva perché nessuno lo considerasse. E così arrivati al velodromo di Gentbrugge Dejonghe si sfilò subito sconsolato, Deruyter partì talmente forte da rompere la ruota posteriore, Suter li superò tranquillo e felice.

Quel 18 marzo del 1923 accadde così qualcosa di impensabile sino al giorno prima: uno straniero primo sul traguardo del Giro delle Fiandre.

E così quando Heiri Suter salì sul podio fu premiato in un silenzio tombale. Neppure l’inno nazionale partì. Nessuno aveva né lo spartito né il disco: chi mai poteva pensare che uno svizzero potesse vincere la Ronde. Gli andò comunque meglio rispetto al mese successivo quando, il primo aprile, una volta salito sul gradino più alto del podio della Parigi-Roubaix, primo corridore a mettere a segno la doppietta, partì la Marsigliese.