
Com’era la storia che Sagan era finito?
28/04/2021L’invasione di una banda di giovanotti che sui pedali ci sanno fare alla grande e che tutto sembrano poter conquistare può alterare il giudizio che si dà agli eventi. È qualcosa di naturale, tanto quanto una considerazione errata di quello che si ha davanti.
Basta andare a Roma ed entrare nel cortile di Palazzo Spada per capirlo. Lì, sulla destra, dopo pochi passi dall’ingresso, si trova la Galleria prospettica di Francesco Borromini. A guardarla sembra molto profonda, ma non è così. Si tratta di un’illusione ottica. Quelli che dovrebbero essere circa 35 metri sono in realtà appena 8,82: il soffitto scende dall’alto verso il basso, il pavimento mosaicato sale e tutto ciò ci inganna. Una boutade architettonica, nient’altro.
Peter Sagan non è poi diverso dall’opera del Borromini. Pure lui è un incidente prospettico. Quello che sembrava certo, certo invece non era. Anche nel suo caso il problema era la prospettiva. Che poi nello sport non è altro che una certa faciloneria nel dare giudizi. È bastata una stagione e mezza con qualche vittoria in meno (di piazzamenti nei primi dieci invece ce ne sono stati tanti come sempre) per arrivare alla conclusione che il tre volte campione del mondo non avesse più granché da dire. D’altra parte il nuovo avanzava alacremente e per i “vecchi arnesi” del ciclismo non c’era quasi più posto.
Peter Sagan però non aveva finito di dare qualcosa al ciclismo, si era solo concesso una piccola pausa. E anche se di cose ne erano successe parecchie durante questo periodo, in pochi hanno osato dare il giusto peso a tutto ciò. Un matrimonio finito, qualche problema personale e qualche problema fisico non erano sufficienti a giustificare nemmeno in parte il leggero appannamento dello slovacco. Figurarsi poi lo scompaginamento di tutta la stagione dovuta alla pandemia di Covid-19: il problema era comune a tutti i corridori, mica soltanto per qualcuno.
Peter Sagan a tutto questo ha dato il giusto peso. Sul finire della scorsa stagione, dopo essere riuscito a tornare alla vittoria al Giro d’Italia, disse: “Tutto passa, basta saper attendere il proprio tempo. Nulla è mai immutabile”. Non lo erano le sue vittorie, non lo erano neppure i suoi mancati successi.
Il suo tempo è tornato in questo 2021. Alla Milano-Sanremo Sagan era lì a pochi metri dal vincitore Jasper Stuyven, quarto. Primo indizio. Nella quarta tappa della Volta a Catalunya si è lasciato tutti dietro (e poco importa se c’è chi ha detto che i rivali non erano all’altezza). Secondo indizio. Oggi nella prima tappa del Giro di Romandia l’ha rifatto, questa volta mettendosi alle spalle Colbrelli, Bevin, Pasqualon, Covi, Cort e via dicendo, non certo corridori di basso livello. Terzo indizio. Fossimo in un giallo sarebbe una prova.
Non è un giallo però è una bella realtà.
Peter Sagan a Martigny ha regolato tutti allo sprint. E lo ha fatto nonostante in questi anni la sua velocità di punta si meno di punta rispetto ad anni fa. Sagan è cambiato, si è evoluto. L’anno scorso lo ha dimostrato a Tortoreto al Giro d’Italia, grazie a una fuga, a una azione in salita, di forza e ostinazione. Ci vorrà ancora un po’ di tempo prima di pensionare lo slovacco. Piaccia o no.