Che tristezza il ciclismo che dimentica la sua storia

Che tristezza il ciclismo che dimentica la sua storia

27/03/2021 0 Di Giovanni Battistuzzi

La polvere è tornata nel ciclismo grazie alla matta idea di Giancarlo Brocci e de L’Eroica. Il Giro d’Italia però, arrivato a Montalcino, non solo non se ne è ricordato, ha cercato di rimuovere pure il ricordo


Il ciclismo è sempre stato un contenitore di storie che pedalavano in luoghi nei quali il presente si univa con il passato in un amalgama nel quale a stento si riuscivano a distinguere i confini di uno o dell’altro. È una parete di arenaria il ciclismo nella quale si riconoscono con chiarezza i vari strati di sedimentazione, nella quale le imprese di Pantani stanno sopra alle mattate di Chiappucci, che seguono le vittorie di Moser, l’eleganza di Gimondi, le discese di Nencini, le solitudini di Coppi, gli scatti di Bartali, la potenza di Binda, sino, in basso, coperti un po’ dall’erba che nel frattempo è cresciuta, si trovano i sedimenti di Girardengo, di Belloni, dei tre moschettieri Ganna, Galletti, Pavesi e di tutti gli altri pionieri che se le sono date con Gerbi e compagnia. Ère geologiche ciclistiche che stanno insieme perché mosse dallo stesso meccanismo, la bicicletta, sempre la stessa da sempre almeno per principio meccanico: due pedali che muovono una catena che passando per guarnitura e pignone garantisce il movimento della ruota posteriore e di rimando anche di quella anteriore. È forse per questa continuità di mezzo che il ciclismo conserva memoria.

Lo fa nelle salite, lì dove gli scatti nuovi richiamano quelli che furono, dove le fughe di oggi sono una continuazione di quelle di ieri. Lo fa nelle strade e nelle piazze, sotto i traguardi e lungo i fiumi, in collina e in pianura. C’è sempre (o quasi) un dettaglio che ricorda un tempo andato e un volto ancora fresco, eterno come l’acciaio di una bicicletta.

È una spirale il ciclismo, prima poi ogni cosa riappare. Si sovrappongono i soprannomi, gli stili di andare in bicicletta, le imprese e le rivolte sui pedali, le lacrime di dolore e quelle di gioia. È tornata pure la polvere nel ciclismo, per decenni e decenni esclusiva o quasi della Parigi-Roubaix o di quelle poche migliaia di metri verso la cima del Passo Gavia. Si sono riaffacciate le strade dimenticate dall’uomo e dall’asfalto, la terra e la ghiaia, ricordo antico di quando il ciclismo era un vagare agricolo che incrociava il proscenio cittadino solo pochi chilometri. Non è molto diverso nemmeno ora. A cambiare è solamente la facilità di scorrimento della ruota.

La polvere ha riabbracciato la bicicletta anni vent’anni fa, tra le colline del Chianti, lungo strade dimenticate dal traffico. Lo ha fatto perché era ora, o almeno perché Giancarlo Brocci aveva deciso che era ora. L’Eroica ha rialzato il sipario sulla polvere, ha fatto il miracolo di riportarla nel ciclismo.

Erano in novantadue alla prima edizione. Questi novantadue si sono duplicati e duplicati e duplicati. Oggi non si sa più quanti sono. L’Eroica la si corre a ottobre, ma il percorso lo si può percorre tutto l’anno, ogni giorno. Grazie all’Eroica, al suo successo, il ciclismo si è accorto di nuovo della polvere, dello sterrato. Ha iniziato con la Monte Paschi Eroica, ora Strade Bianche. Era il 2007. Tre anni dopo ha stupito il Giro d’Italia in quella magnifica e indimenticabile Carrara-Montalcino. Era il 2010.

Poi ci sono stati il Colle delle Finestre, l’Alpe di Poti, altri ingressi e incursioni. Un po’ ovunque. Persino al Tour de France. E persino al Tour de France si sono ricordati di quegli avventurosi del Chianti.

Il Giro d’Italia, che quest’anno tornerà a Montalcino [qui tutte le tappe del Giro 2021] però ha deciso di rimuovere il ricordo proprio a Montalcino. Ha deciso che L’Eroica non ci doveva essere il giorno della presentazione della tappa. Come fosse qualcosa da eliminare, un ricordo che non va bene. Una rimozione molto simile a quella che hanno provato a fare con Lance Armstrong.

Il ciclismo ha memoria però. La gente di Armstrong si ricorda, non è un albo d’oro pieno di vuoto che lo cancella. E pure della polvere si ricorda che non c’era e poi è “magicamente” riapparsa. La polvere sta nei campi, sulle strade dove ci passano in pochi, si alza al passare delle bici e vola via. Non ce ne si può appropriare. Ritorna al suolo come monito, come ricordo.