
Quando il Giro d’Italia accelera i nostri luoghi lenti
24/05/2023Fa sempre un certo effetto vedere dall’alto, dal basso, da destra e da sinistra, ma non attorno, i luoghi nei quali si è pedalato parecchio. Soprattutto quando si è altrove, lontani centinaia di chilometri da quei luoghi. Soprattutto quando a quegli sfondi, a quelle strade si era abituati a vederli scorrere velocemente, ma mai ci si era resi davvero conto che potessero scorrere ben più velocemente, nonostante l’identico mezzo: la bicicletta. Il Giro d’Italia ha il potere di accelerare tutto, di rendere vorticoso il consueto. Mica male vedere posti conosciuti tramite il Giro d’Italia, sembrano altri posti nonostante siano gli stessi. Come oggi il Giro d’Italia 2023 ha fatto a Caorle.
A Caorle ci andavo d’estate. I miei genitori hanno un appartamentino che dista non molto dalla spiaggia, ben di più dal mare, perché lì la spiaggia è lunga e dal lungomare il mare ogni tanto è solo un’idea lontanissima che si confonde con l’orizzonte. Davanti all’appartamentino dei miei genitori c’è sempre stata una strada che ha sempre fatto parecchio schifo: buche, asfalto rotto per le radici dei pini marittimi. L’asfalto, dicevano i caorlotti, lì era arrivato negli anni Ottanta. E con ogni probabilità era ancora quello originale.
Il Giro è passato su quella strada, mancavano meno di due chilometri dall’arrivo. Non era lo stesso, non era più quello originale. Era nero e perfetto. È la prima volta che sento dire a mia mamma “che cosa fantastica che è il Giro”.
Da quella strada tutti dossi naturali e asfalto sbrindellato sarò partito e arrivato centinaia e centinaia di volte in sella a una bicicletta. Perché era estate certo, c’era il mare, certo, c’erano le infinite gare di biglie, ma la bicicletta la portavo sempre a Caorle e ci salivo su per immaginarmi di essere al Tour de France, quello che vedevo in televisione il pomeriggio.
Pedalavo sempre di mattina, sul presto, che sennò fa male il sole sul coppino, diceva mia nonna, ma pure mia mamma e mio padre. Ci si fissa sempre con il coppino, forse perché si esce in bici e si pensa a Coppi. Non ci giurerei però.
Pedalavo sempre di mattina e facevo avanti e indietro per strade piatte pensando di essere in montagna, sulle montagne di Francia, Alpi o Pirenei a seconda del gruppo. Probabilmente andavo in piano alla velocità che i corridori andavano in salita. Ma non ci facevo caso. Ogni tanto superavo qualcuno, che di solito pesava un quintale, pedalava con i ginocchi in fuori e aveva il naso color del vino rosso. Era però un successo comunque. Qualcuno l’avevo superato e questo mi bastava, non ero il più lento. Nemmeno il più veloce, che c’era sempre un tizio, non uno solo, che mi faceva sentire il vento.
Era bello pedalare lì pensando di essere in montagna. Era l’evidenza che la bicicletta è la prima via per un mondo bellissimo. Solo che allora non lo sapevo.
Erano quelle le estati che si voleva un sacco di bene a Marco Pantani. Si tifava Marco Pantani. E tutti volevano bene e tifavano Marco Pantani. Non fu più così dall’estate del 1999 in poi. C’è un sacco di gente idiota in giro, ma all’epoca ancora non lo sapevo o non me ne ero accorto, oppure soltanto non c’avevo fatto caso. Io comunque uscivo lo stesso con la maglia gialla di Marco Pantani e la bandana gialla in testa. E percorrevo i piani marittimi come fossero montagne. E volevo andare in montagna, sui passi del Giro o del Tour, che c’era il fresco e non quel caldo che ti costringeva a uscire il mattino presto e a stare attento al coppino.
È da un po’ che non pedalo in quelle zone.
Ora so che le montagne del Giro e del Tour stanno in altre parti e che i piani marittimi sono solo piani marittimi. So anche però che a inventarsi sfondi ci vuole poco e che se non c’hai l’assillo delle macchine è più facile immaginarselo.
Per il resto è cambiato poco o nulla. La maglia di Marco Pantani ce l’ho ancora e ora mi va bene davvero: non sono cresciuto poi tanto da allora. E c’ho pure la bandana. La bici è cambiata, ma vado piano lo stesso.
È cambiato l’asfalto davanti a casa. Ora è nuovo. Spero di vederlo presto. Sarà una bella sorpresa.