
Giro d’Italia 2023. Guida a tutte le tappe
04/05/2023Tre settimane a zonzo per l’Italia, 3.490 chilometri da pedalare, 70,6 a cronometro in tre tappe, 51.400 metri di dislivello, sei (e mezzo) arrivi in salita. I numeri del Giro d’Italia 2023 sono quelli di una corsa a tappe dura, durissima. E lo è. Il problema, se c’è un problema, è che in questo Giro d’Italia 2023 ci sono molte tappe più dure del necessario, dove ci vorrà molta fantasia e parecchio pelo sullo stomaco da parte dei corridori per trasformarle in tappe spettacolari. La lista dei partenti è forse tra le migliori degli ultimi anni: ci sono grandi interpreti delle tre settimane, raffinati avventurieri delle fughe, arrampicatori e discesisti capaci di inventarsi il coup de théâtre ovunque. In alcuni giorni però manca forse il terreno per rendere magnifico ciò che potrebbe esserlo davvero.
La sensazione è che sarà un Giro complicato, fatto di trame che potrebbero non chiudersi, almeno per il gruppo. Perché di occasioni per i velocisti ce ne saranno, ma saranno tutte o quasi complicate da portare a termine. Un po’ perché di squadre capaci di organizzare un lavoro di inseguimento non ce ne sono moltissime, un po’ perché in gruppo di gente veloce e resistente ce ne è, ma meno di quella che vorrebbe farli fuori. La speranza è che possa trasformarsi in una corsa anarchica, tostissima da controllare. Ma serve parecchia immaginazione da parte dei corridori per rendere tutto ciò possibile.
Buona parte del meglio il Giro d’Italia se l’è tenuto per l’ultima settimana. Succede spesso ultimamente, non sempre ha però pagato.
Tutte le tappe del Giro d’Italia 2023
1a tappa: Fossacesia marina – Ortona, 19,6 km (cronometro individuale)

Si parte a cronometro, uno dopo l’altro. Diciannove chilometri e seicento metri, da sud a nord. Tutto in piano per quasi diciassette chilometri lungo la Ciclovia Adriatica, poi la strada sale, scende e sale ancora. Non ci sono pendenze impossibili, anzi. E questo può fare ancor più la differenza tra chi è abituato ad andare filato di ritmo e chi no. E chi no di solito è chi poi dovrà attaccare.
2a tappa: Teramo – San Salvo, 202 km

Se si era risaliti a nord, ora si discende a sud. Sempre lungo l’Adriatico, col mare a sinistra questa volta. La costa i corridori la lasceranno solo tra Pescara e Francavilla al Mare. Una quarantina di chilometri, un po’ di asfalto all’insù, due salite, un Gran premio della montagna. Il resto sarà preparazione di una volata difficilmente evitabile.
3a tappa: Vasto – Melfi, 213 km

Centosettanta chilometri di pianura, poi poco meno di una trentina di strade fastidiose e insidiose, prima degli ultimi dieci tutti leggermente all’insù. La strada a salire verso i Laghi di Monticchio e poi ancor più su verso il valico potrebbe infastidire qualche velocista. La strada a scendere verso Rionero in Vulture e poi Rapolla potrebbe però fare più danni. Strada tecnica, molte curve. Pensare di arrivare all’arrivo potrebbe essere un azzardo, da soli. Se già c’è qualcuno attorno nemmeno troppo.
4a tappa: Venosa – Lago Laceno, 175 km

Probabilmente la quarta tappa del Giro d’Italia 2023 sarà per i corridori la più snervante di tutta la corsa rosa. Strade piene di curve, che salgono e scendono senza soluzione di continuità. La tappa è più dura di quella del 2012 che vinse Domenico Pozzovivo (che sarà in corsa), ma meno di quella del 1998 che illuse Alex Zulle. L’ultima salita, che ha tre chilometri duri (costantemente al nove per cento), scollina a tre chilometri dall’arrivo, gli ultimi duemiladuecento metri sono in falsopiano.
5a tappa: Atripalda – Salerno, 171 km

I corridori dovranno affrontare oltre 130 chilometri complessi, fastidiosi, a tratti antipatici. Percorreranno strade rognose, terre buoni per agguati, che probabilmente non ci saranno. Perché serve parecchio coraggio e un filo di immaginazione per attaccare di squadra senza poter sfruttare lunghe salite. Peccato. Da Eboli in poi sarà terreno per l’organizzazione delle formazioni dei velocisti. Anche se forse qualcuno potrebbe essere minuti e minuti indietro.
6a tappa: Napoli – Napoli, 162 km

Vale più o meno lo stesso discorso della tappa di Salerno. Solo che in questo caso c’è più salita-salita. E soprattutto ci sono due discese infide a cui fare attenzione. Dovrebbe concludersi in volata. Si capirà a Castellamare di Stabia tra quanti. Perché anche oggi ci sarà gente che arriverà a Napoli parecchio tempo dopo.
7a tappa: Capua – Gran Sasso (Campo Imperatore), 218 km

Il primo arrivo in salita del Giro d’Italia 2023 terminerà ai 2.130 metri di Campo Imperatore. La salita è lunghissima, quasi quaranta chilometri, ma divisa in tre parti. Fino a Calascio, che fa Gran premio della montagna a sé, fino a sotto la cima del Monte Cecco d’Antonio, infine gli ultimi cinque chilometri. In mezzo ci sono falsipiani antipatici e ventosi, che spesso rimangono sulle gambe più dei chilometri in salita.
8a tappa: Terni – Fossombrone, 207 km

Lo strappo dei Cappuccini sta qualche chilometro a sud di Fossombrone. È lungo 2.800 metri, è caratterizzato da dieci tornanti e da 1.500 metri, gli ultimi, tostissimi: oltre il dieci per cento di pendenza media con punte al diciannove. Si dovrà percorrere due volte. La seconda dovrebbe essere quella decisiva per determinare le sorti di giornata. Sempre che non ci sia qualcuno volenteroso di risolvere tutto, o quantomeno di scompaginare le carte prima. Perché prima c’è modo e spazio per fare confusione. La salita che porta al Monte delle Cesane è parecchio invitante: è lunga poco meno di otto chilometri, ha uno strappo duro all’inizio e poi un andamento ondivago, pendenze cattive, piccole discese e falsipiani.
9a tappa: Savigliano sul Rubicone – Cesena, 35 km (cronometro individuale)

Drittoni, curve secche, strada leggermente e impercettibilmente all’ingiù e leggermente e impercettibilmente all’insù. Trentacinque chilometri per specialisti. Ci saranno bei distacchi.
10a tappa: Scandiano – Viareggio, 196 km

Il passo delle Radici è bellissimo, una strada stupenda per bei giri in bicicletta. Lo strappo di Monteperpoli è cattivo. Poi però ci sono settanta chilometri di pianura che condurranno il gruppo, se riesce a riprendere i fuggitivi, allo sprint. Gli ultimi tre chilometri sono un lunghissimo rettilineo con il mare a destra.
11a tappa: Camaiore – Tortona, 219 km

Passo del Bracco, Colla di Boasi, Passo della Castagnola. Poi volata. È la grande pecca di questo Giro. Poteva essere una gran tappa.
12a tappa: Bra – Rivoli, 179 km

Il Colle Braida, il colle che sovrasta a sud la Sacra di San Michele, è un salita bella tosta. Gli ultimi cinque chilometri stanno tutti sopra l’8 per cento. E oltre la salita c’è la discesa, tecnica e veloce, dove si può, volendo e potendo, fare un po’ di selezione. Dalla fine della discesa ci sono 14 chilometri di falsopiano all’ingiù: non troppi per sperare di arrivare soli.
13a tappa: Borgofranco d’Ivrea – Crans Montana, 207 km

A far di conto in 207 chilometri da percorrere ce ne sono 62,7 da pedalare con il naso all’insù, circa 8 sopra i 2.000 metri di altezza, quasi una quarantina oltre il 7 per cento. È un bel tappone questo. E poco male per i 22 chilometri che separano la fine della discesa giù dalla Croix de Coeur dall’inizio dell’ultima salita. Fosse terminata a Riddes sarebbe stata una tappa di quelle che potevano finire tra i ricordi più belli di questo Giro e forse degli ultimi Giri.
14a tappa: Sierre – Cassano Magnago, 194 km

C’è il Passo del Sempione, che è sempre un bel vedere. Poi ci sono cento chilometri per smaltirlo e dimenticarlo.
15a tappa: Seregno – Bergamo, 195 km

È tipo con Mario Brega: “Sta mano po esse fero e po esse piuma”. Può essere un inferno per tanti o un niente di fatto. Di terreno per fare la mattata c’è, c’è anche però la consapevolezza che il giorno dopo si arriva in cima al Bondone. E gli arrivi in salita mettono sempre parecchia ansia.
16a tappa: Sabbio chiese – Monte Bondone, 203 km

Si inizia con il Passo di Santa Barbara e si finisce con il Monte Bondone. Mica male queste alpi trentine. La penultima salita è lunga oltre 17 chilometri, non è durissima, ma ha tratti severi e altri dove serve non avere la gamba troppo ingolfata da quelli ripidi. Servirebbe andare pian pianino per godersi al meglio la bellezza di una strada che ha panorami straordinari. Ai corridori però tutto questo interessa ben poco. Probabilmente la tappa si infiammerà negli ultimi 10 chilometri del Bondone. Sono duri (a eccezione degli ultimi due) e quando è così la tendenza è quella di attendere.
17a tappa: Pergine Valsugana – Caorle, 197 km

Si parte coi monti alle spalle, si finisce con il mare davanti. Quand’è così è mica detto che si arrivi in volata.
18a tappa: Oderzo – Val di Zoldo, 161 km

Il Passo della Crosetta che porta al Pian del Cansiglio è lungo, regolare, a lungo con un vista strepitosa sulla pianura del Piave che nelle giornate linde linde si vede fino giù a Venezia. Servirà a scaldare le gambe e probabilmente a sistemare le cose tra gruppo e avanguardisti. Poi un un-due-tre molto divertente per noi girini da divano. La Forcella Cibiana è ingiustamente classificata come salita dolomitica di Serie B, ma è parecchio fastidiosa. Dopo essere tornati a valle si prende la strada che da Forno di Zoldo porta a Coi. Fino a Rutorbol è la strada provinciale classica, poi si restringe e tira come una dannata. Non sono molti chilometri ma bastano per far saltare resistenze tirate per il collo. Non è finita a Coi però. Si riscende, si riprende la provinciale e si risale fino all’arrivo: due chilometri e mezzo buoni per incrementare il vantaggio o lo svantaggio. Potrebbe essere una tappa più spettacolare di quello che si pensa. Potrebbe essere la tappa con il finale più divertente del Giro.
19a tappa: Longarone – Tre Cime di Lavaredo, 183 km

Altro arrivo in salita. Questa volta in uno dei posti più belli di tutte le Dolomiti, dopo aver percorso su e giù alcuni dei passi più belli di tutte le Dolomiti. Valparola e Giau sono lunghi e rognosi. Il Tre Croci pure, ma meno e soprattutto è da sempre considerato solo o quasi un anticamera delle Tre Cime di Lavaredo. Si torna sopra i 2.000 metri. I chilometri di salita sono tantissimi, molti dei quali non conteggiati in quelli “ufficiali”. Sono oltre 5.400 metri di dislivello. Tanti, tantissimi, soprattutto per il terzultimo giorno di corsa.
20a tappa: Tarvisio – Monte Lussari, 18,6 km, cronometro individuale

Undici chilometri a cronometro su e giù, ma soprattutto su, poi 5 chilometri al 15 per cento e altri 2,5 che si dividono tra piccoli falsipiani e rampe oltre al 20 per cento. Se c’è qualcosa da decidere si deciderà a cronometro. Se non c’è niente da decidere ci si godrà il panorama. Certe salite è meglio non farle in bici se non si ha gamba buona e un filo di sadismo.
21a tappa: Roma – Roma, 126 km

Gran finale a Roma. La speranza è che sistemino per bene il circuito finale. C’è da farsi male.