Il Gp de Denain e l’anima della Parigi-Roubaix

Il Gp de Denain e l’anima della Parigi-Roubaix

17/03/2022 0 Di Giovanni Battistuzzi

Lassù al Nord, almeno in primavera, il ciclismo ha un suono soltanto, quello delle biciclette che traballano sul pavé.

Lassù al Nord, almeno in primavera, la Francia dei pedali ha una fissazione, un pensiero più ingombrante degli altri: la Parigi-Roubaix. E così tutto il resto passa in secondo piano, la voglia generale è quella di pietre e così si finisce per curiosare a est, al di là del confine, verso le Fiandre. E poco importa se sono pietre diverse da quelle agresti francesi, ascensionali come non se ne trovano lì dove sventola le drapeau bleu, blanc et rouge.

Denain dista da Roubaix nemmeno cinquanta chilometri in linea. È ricordata per una battaglia vinta nel 1712 dall’esercito francese guidato dal maresciallo Claude de Villars contro le forze austro-olandesi del principe Eugenio di Savoia che, secondo qualche storico, ha indirizzato la guerra di successione spagnola verso un sostanziale niente di fatto storico.

Tra Denain e Roubaix ci sono meno di un paio d’ore di pedalate, i panorami sono pressoché gli stessi, agresti, eppure sembra ci sia un mondo intero tra loro. Perché per un giorno Roubaix è il centro del mondo, mentre il Grand Prix de Denain lo conoscevano, almeno sino a qualche anno fa, in pochi e quasi nessuno sognava di vincerlo. Questione di pedigree, di ambizione, di mezzi.

La Roubaix, d’altra parte, ha una storia secolare: la prima edizione è datata 1896 e da allora è stata corsa centodiciotto volte. E negli anni ha cercato di diventare sempre più bella, sempre più dura, sempre più speciale. E poi alle sue spalle c’ha la miglior macchina organizzativa al mondo, l’Amaury Sport Organisation, la stessa del Tour de France.

Il Gp de Denain è invece nato come criterium nel 1959, criterium lo è rimasto per decenni prima di diventare a tutti gli effetti una corsa del calendario francese. Era stata creata per essere un appuntamento per le ruote veloci: una specie di festival che viaggiava rapido per le campagne del Nord buono per concedere gloria ai velocisti. E negli anni Novanta raggiunse pure una certa fama. Qui si ritrovavano gli sprinter ignorati dalle grandi classiche per mettere in bacheca una vittoria in linea per spezzare un calendario che poco sorrideva loro.

La storia, anche nel ciclismo, è così e ci si può far niente.

Ma le epoche passano, gli appuntamenti si moltiplicano e per non diventare soltanto un passato remoto tocca, a volte, inventarsi qualcosa.

Gli organizzatori hanno così valutato il da farsi, hanno constatato che pure Denain fa parte del dipartimento del Nord, e che nelle immediate vicinanze al paese c’è lo stesso tesoro che rese Inferno la Roubaix: il pavé. E così nel 2018 moltiplicarono le pietre, cambiarono i connotati alla corsa, inglobarono l’anima della Roubaix.

Fu un successo, almeno per spettacolo e spettatori, almeno per gli amanti delle pietre. A nessun corridore è stato chiesto nulla.

Dal 2018 il Gp de Denain ripropone suppergiù lo stesso percorso, le stesse pietre, le stesse ambizioni. Du Rubé is megl che uan, no?

La speranza degli organizzatori era quella di generare subito un grande interesse da parte delle grandi squadre del World Tour per la nuova vita della corsa. Non è stato così. O almeno non subito. C’è voluto del tempo, ma alla fine ce l’hanno fatta.

Il Gp de Denain, da contesto, si è trasformato in appuntamento e non è più solo una gara per francesi o per fiamminghi d’esportazione, ma corsa che attira tanto del meglio dei cacciatori di pietre.

C’è voluto del tempo perché il ciclismo ha una memoria storica, ha un passato che non passa, anzi, dentro il quale ci si culla e non si può cambiare in un attimo decenni e decenni di corse. Ogni gara ha una sua identità, che va coltivata e coccolata, che non può essere violentata o scossa.

Il percorso del Gp de Denain

L’altimetria del Gp de Denain