
La scoperta di pedalare l’Italia
11/01/2021La prima metà di gennaio è da sempre il momento delle buone intenzioni. Sarà che il vecchio anno è andato e quello nuovo è ancora lungo da finire; sarà che il camino è acceso e il fuoco porta consiglio, o almeno così sosteneva Joseph Conrad (chissà se vale anche con i termosifoni); sarà che fuori è freddo e la maggior parte delle buone intenzioni sono sempre rivolte alla primavera. Alla primavera sicuro pensano molti amanti della bicicletta. L’inverno riduce spesso il raggio d’azione, il numero di uscite, la voglia di raggiungere un altrove. Per qualcuno addirittura coincide con il letargo completo, ma questo non lo dirà mai agli amici di pedalata, al massimo si inventerà un problema a Strava, un acciacco al ginocchio, cose così. Qualcosa che in ogni caso passerà magicamente quando il termometro tornerà stabilmente sopra gli otto/dieci gradi e il sole si rimetterà a scaldare per davvero la schiena.
Le buone intenzioni della prima metà di gennaio di solito girano attorno a tre promesse. Dedicherò più tempo alla bicicletta, che si declina nel più immediato farò più chilometri; dimagrirò; mi concederò un viaggetto in bicicletta, o quanto meno andrò finalmente alla scoperta di qualche percorso che non ho mai fatto, che si declina nel più immediato mi allontanerò dalle strade che percorro di solito.
Qualcuno realmente tiene fede alle promesse di inizio anno. Qualcuno invece no e forse sono i più, ma in mancanza di statistiche accurate è meglio non esprimersi.
C’è chi promette di regalarsi lo Stelvio, chi il Gavia, chi addirittura le alpi francesi o una granfondo come si deve. Chi anche solo il montarozzo al di là delle solite colline. Scalare una grande montagna, una di quelle sulle quali sembrano volare i professionisti, è qualcosa che affascina – e che dovrebbe fare – qualsiasi persona che decide di utilizzare il proprio tempo libero pedalando.
Il web è pieno di itinerari, suggerimenti, immagini, video e racconti di strade meravigliose, di salite incredibili, di indicazioni su cosa fare, quando farlo e come. Ma una pagina molto spesso si perde in cronologie piene di buone intenzioni, buone intenzioni che lì restano, in un elenco che nessuno guarda più. Per tramutarle in realtà a volte basta poco, un incipit, uno sprone. A volte solo il richiamo di una copertina nella libreria. Un libro lo si può andare a comprare, lo si può ordinare, prendere in prestito da qualcuno, ma ha la capacità di essere monito, ricordo di una promessa (anche solo di una mezza promessa), volano per iniziare davvero a realizzare qualcosa.
Un libro può essere il calcio nel culo che ogni tanto serve per mettere in pratica le buone intenzioni. “Il ciclista curioso” di Davide Cassani e Giacomo Pellizzari (Rizzoli, 316 pagine, 18 euro), quello per dare il via a quelle dei primi giorni di gennaio per i ciclisti. “Quanto vorrei essere, oggi, un ciclista curioso. Ma non ho più l’età, o le gambe come si usa dire. Quando le avevo, libri come questo di Cassani e Pellizzari non esistevano. Dal paese dove abitavo, nella bassa Brianza, la meta della domenica era una gelateria di Inverigo. Dove si ritrovavano quasi tutti i pedalatori minorenni della bassa Brianza, quindi si poteva aspettare un’ora per la coppa di gelato, e intanto il sudore si asciugava, ma ci si accontentava di poco“, ha scritto il compianto Gianni Mura nella prefazione al volume.
Cassani e Pellizzari hanno selezionato venti percorsi, venti itinerari un po’ per tutte le gambe, per chi è agli inizi e per chi di chilometri ne ha già percorsi a migliaia. Uniscono il Monferrato alla Sicilia, il Garda alla Toscana, le Alpi agli Appennini, le grandi salite che basta il nome a quelle sconosciute o dimenticate dal grande ciclismo.
Come scrivono nell’introduzione è “una guida ‘sentimentale’, una fonte di ispirazione per ciclisti e cicloturisti curiosi, che abbiano voglia di sorprendersi ancora”. Che abbiano voglia di dedicarsi insomma alla primigenia funzione della bicicletta, quella di muoversi e quindi di scoprire.
È c’è davvero di roba da scoprire nel libro di Cassani e Pellizzari. Percorsi ma non solo percorsi, anche storie, curiosità, specialità locali. Perché la bici non è fatta solo per correre, per tirarsi il collo, non è fatta solo di watt e pedalate al minuto, è fatta soprattutto di gusto. Quello per ciò che si vede, quello per ciò che si assaggia. Le calorie le si bruciano, ne servono altre per aumentare il raggio. E, almeno per soddisfazione, alle maltodestrine o ai gel proteici è meglio preferire ciò che offrono i luoghi che si attraversa.