
Il Giro d’Italia 2024 è un’occasione mancata
15/10/2023Il percorso del Giro d’Italia 2024 è ben disegnato, duro ma non troppo, equilibrato. Con il solito problema: una terza settimana totalizzante
È onorevole continuare a seguire ostinatamente ciò in cui si crede, indipendentemente da tutto, fregandosene di tutti quei bofonchioni che tanto non saranno mai contenti di nulla. Altrettanto seguire una linea tracciata qualche anno fa, più di qualche anno fa, e cercare di farla diventare un marchio di fabbrica. È onorevole anche però cambiare idea, guardare ciò che sta accadendo attorno, accorgersi che la realtà è cambiata e adeguarsi a essa. Il Giro d’Italia ha capito che qualcosa è mutato, ha agito di conseguenza, poi però, a un certo punto, si è perso, ha smarrito la direzione, si è ritrovato a virare verso la strada che aveva deciso di fare propria. Non sempre funziona il compromesso. Il Giro d’Italia 2024 è un compromesso. Vedremo.
Il Giro è arrivato in ritardo rispetto a Tour de France e Vuelta a capire che la corsa va fatta scoppiare subito, affaticarla già dalle prime tappe. Nel ciclismo degli ultimi anni la preparazione non la si sbaglia più e in ritardo di condizione è difficilissimo arrivarci a una corsa a tappe di tre settimane. Non c’è arrivato nemmeno Tadej Pogacar all’ultima Grande Boucle nonostante la rottura dello scafoide rimediata alla Liegi-Bastogne-Liegi.
Per il 2024 gli organizzatori hanno piazzato in ouverture una tappa complicata, corta, nervosa: la Venaria Reale – Torino, 136 chilometri con il Colle di Superga e il Colle della Maddalena, ultima ascesa con la cima a venti chilometri dallo striscione d’arrivo. E a seguire 154 chilometri da San Francesco al Campo al Santuario d’Oropa, tre salite nel finale, l’ultima con il traguardo in cima. Due tappe disegnate bene, a loro modo affascinanti.
E interessante è pure la terza: il profilo altimetrico non rende l’idea del finale. Gli ultimi 21 chilometri sono complessi, mossi, sfiancanti soprattutto se pedalati a gran velocità, e si pedalerà a gran velocità.
Le prime tre tappe del Giro d’Italia 2024



La grande partenza era stata presentata a inizio ottobre, creava altissime aspettative.
Aspettative che ha in gran parte mantenuto. Il percorso è interessante ed equilibrato, ci sono due cronometro, un po’ di sterrato, parecchia montagna, tappe collinari potenzialmente complesse da controllare. Molte tappe sono ben disegnate, la seconda frazione di montagna, l’ottava tappa (Spoleto-Prati di Tivo, 153k km) è stupenda: subito salita, poi un tratto molto complesso, infine le ultime due ascese separate da una lunga discesa.

Di occasioni per cercare di fare la mattata, per stravolgere il Giro ce ne sono parecchie. Ma c’erano anche gli altri anni e non sono servite. Perché quanto ci ha detto il ciclismo degli ultimi anni è che se in una corsa a tappe ci sono Tadej Pogacar, Wout van Aert, Mathieu van der Poel, Jonas Vingegaard, Tom Pidcock è meglio, molto meglio, infinitamente meglio.
Chissà se qualcuno di loro correrà il prossimo Giro.
Il Giro d’Italia ha cercato di ammodernarsi, ha gettato via quell’irrigidimento di chi in nome di una storia ultrasecolare vorrebbe non cambiare nulla di ciò che è, soprattutto è stato. Ha cambiato molto, non però l’unica cosa che doveva essere cambiata: l’ultima settimana.
Negli ultimi due anni l’attesa dell’ultima settimana piena zeppa di salite con annesso tappone da oltre cinquemila metri di dislivello ha reso le prime due settimane non troppo interessanti, ha creato un diffuso disinteresse negli uomini di classifica per traguardi considerati “minori”. Basta pensare alla tappa del Gran Sasso.
Mauro Vegni aveva detto che avrebbe reso l’ultima settimana meno dura. Ha mantenuto la parola. Non ha però risolto il problema. Tutto è rimandato alla terza settimana, le salitone sono posizionate tutte in un gran finale lunghissimo. Che inizia al termine della seconda settimana con l’arrivo sopra Livigno al Mottolino, dopo l’ascesa alla Forcola di Livigno, che è lunga, dura, d’alta quota.

Un gran finale troppo lungo? Viene da pensare di sì.
Le quattro tappe di montagna dell’ultima settimana del Giro d’Italia 2024




Anche perché la tappa che conduce al Passo del Brocon, la diciassettesima, è ben disegnata, offre la possibilità di pensare di attaccare da abbastanza lontano, già dalla prima scalata al Brocon; perché la frazione che porta a Sappada, la diciannovesima, è interessante (almeno negli ultimi 65 chilometri), è di difficile lettura e quindi si presta a tattiche ardite; soprattutto perché la ventesima, quella che si conclude a Bassano del Grappa, con il Monte Grappa da ripetere due volte (dal versante di Semonzo del Grappa) è dura, non impossibile, quindi potenzialmente spettacolare.
Peccato.
Peccato, perché sa di occasione mancata. Perché sa di un Giro già visto, già vissuto, duro ma prevedibile.
E tocca sperare che arrivi un Tadej Pogacar, un Jonas Vingegaard, un Wout van Aert, un Mathieu van der Poel a toglierci dalla bocca questo gusto di acido amaro. O forse anche un Cian Uijtdebroeks o un Juan Ayuso, corridori con tanta voglia di spaccare il ciclismo da potersene fregare dell’attesa, di poter rischiare di perdere la corsa pur di vincerla.