
Il Tasso che fece incazare l’Avvocato. Storia rosa di Bernard Hinault
17/05/2016E’ nato in Bretagna, in riva al mare, ma la gloria l’ha trovata altrove, ai panorami marini ha preferito quelli montani. Davanti a se vedeva la baia di Saint-Brieuc, che sta innanzi a Yffiniac, ma sognava le creste alpine e pirenaiche. Le avrebbe conquistate anni dopo quando il suo nome e il suo cognome, Bernard Hinault, divennero storia del ciclismo, e molto spesso si persero dietro il nomignolo “Monsieur Blaireau”, signor tasso. E a un tasso Hinault assomigliava davvero. Non per sembianze, per attitudine. Il tasso guarda, memorizza abitudini e comportamenti, si fa vedere pacioso e distratto, poi al momento opportuno sfodera un colpo d’artigli e conquista la preda. Hinault in bicicletta faceva lo stesso: si perdeva tra i tanti, si nascondeva, non si faceva scorgere, a vederlo sembrava sempre che stesse faticando, che fosse sul punto di staccarsi, poi si ridestava, attaccava vinceva. Hinault quando correva vinceva, non c’erano discussioni né alternative. Correva poco, meno dei campioni che lo avevano preceduto, più di quelli che lo avrebbero seguito, ma quando sceglieva una corsa non perdeva quasi mai. Corse otto Tour de France, ne conquistò cinque, una volta si ritirò, due volte fu secondo; corse tre Giri e due Vuelte, non ne perse una. Si portò a casa anche due Liegi e due Lombardia, vinse pure una Roubaix, pur considerandola ciclocross, una “cagata di corsa”.

CYCLISME – TOUR DE FRANCE 1985 – TOULOUSE/LUZ ARDIDEN – mag (1206) du 23/07/2005 – l'(04/07/2008) – hinault (bernard)
Vincenzo Torriani, il patron del Giro d’allora, per portarlo in Italia nel 1980 litigò con Gianni Agnelli. Il Tasso allora correva per la Renaut, rivale d’Oltralpe della Fiat, sponsor della corsa. L’Avvocato che non vedeva di buon occhio la vittoria di un corridore “targato” Renault e avrebbe preferito non averlo in corsa. Torriani si impuntò, gli disse che senza Hinault sarebbe stato un giretto e che un giretto poteva anche fare a meno della Fiat, che magari avrebbe trovato macchine buone anche altrove anche in Cecoslovacchia. L’Avvocato mandò al diavolo quel diavolo di Torriani e non proferì più parola. Quel Giro lo vinse Hinault, lo conquistò con un’azione matta sullo Stelvio, un lungo volo con il fido compagno Jean-René Bernardeau. Il Tasso conquistò la maglia rosa, il gregario la tappa. Hinault vinse 216 tappe, ne concesse ai compagni almeno una cinquantina. E in un ciclismo che usciva da un decennio di Eddy Merckx, la cosa fece se non scalpore, quanto meno stupore.
[…] L’origine è transito. Era il 1978 e un romanzo si era appena concluso: Eddy Merckx aveva dato l’addio al ciclismo da pochi mesi. Buon per i tanti secondi che del Cannibale hanno visto solo le spalle si pensò, quando al Tour di quell’anno apparve chiaro che per tutti i battuti non ci sarebbe stato scampo e che battuti sarebbero continuati a esserlo perché dalla Grande Boucle era emerso un altro fenomeno, non un dittatore come il belga, ma altrettanto autoritario e superiore agli altri. L’impero passava di mano, non si eclissava. Il Cannibale lasciava spazio al Tasso, il suono angusto e vocalico, duro come un muro, a uno più armonioso, dolce, ma altrettanto totalitario: Hinault, che faceva Bernard di nome, che faceva fenomeno di professione. […]