
È iniziato l’Étoile de Bessèges. Perché in Francia le corse resistono e da noi spariscono?
03/02/2021In Italia negli ultimi decenni abbiamo assistito a una moria di corse, anche di lunga tradizione. Oltralpe ciò non è (quasi) successo. Il paradosso che il modello francese non è altro che una reinterpretazione di ciò che era il ciclismo da noi sino agli anni Settanta
Era il 1971 quando Olivier Dussaix, all’epoca dirigente della Federazione francese di ciclismo, disse che la Francia avrebbe dovuto prendere esempio dall’Italia per evitare di smarrire tutto il suo patrimonio ciclistico. All’epoca Oltralpe il ciclismo non se la passava benissimo, molte corse rischiavano di chiudere e ciò, ad avviso di Dussaix, sarebbe stato “un dramma di dimensioni epocali”. Quando nel 1973 venne eletto presidente iniziò a lavorare per garantire al calendario francese di resistere ai primi segni di crisi.
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta una decina di corse erano sparite a causa di problemi economici, gestionali, organizzativi. Dussaix capì una cosa semplice: per far sopravvivere una gara servono tre ingredienti, ossia interesse, sponsor, visibilità, oltre ovviamente a degni interpreti.
Partì da questi ultimi per fare in modo che il primo ingrediente della sua ricetta. Solo una diffusione capillare del ciclismo poteva, a suo avviso, far aumentare gli appassionati di ciclismo. E così contribuì a favorire la nascita di squadre finanziariamente solide in ogni dipartimento grazie a una cooperazione di sponsor pubblici e privati. L’amicizia con l’allora ministro dell’Educazione nazionale (competente per lo sport) Joseph Fontanet lo favorì per l’approvazione di una legge che snelliva i passaggi burocratici e favoriva l’ingresso di nuovi sponsor (che ricevevano una riduzione, seppur esigua, delle tasse da pagare). In tre anni le squadre aumentarono del 24 per cento.
Se le squadre aumentarono, le corse rimasero pressoché le stesse per i primi due anni. A far cambiare le cose fu la creazione di un fondo creato dalla Federazione per la pubblicizzazione delle corse sui media. Se gli organizzatori volevano inserire un annuncio in un quotidiano, in una delle tante radio commerciali che si stavano diffondendo nell’etere francese o appendere un manifesto potevano chiedere un finanziamento alla FFC. Gli sponsor, visto l’aumento della visibilità ritornarono a investire sulle corse.
Olivier Dussaix finì il suo mandato nel 1978. Lo finì male, da grande antipatico, fatto fuori perché si era incazzato nero per la scelta dell’allora commissario tecnico della Nazionale francese di ciclismo Richard Marillier di assegnare una delle quattro borse di studio riservata ai corridori olimpici a Marc Madiot, che il presidente non considerava abbastanza meritevole di riceverla. Dussaix chiese il licenziamento di Marillier, ma l’organo esecutivo della Federazione mise in minoranza il numero uno del ciclismo francese, che nei mesi precedenti tra le altre cose aveva chiesto una riduzione dell’ingaggio dei consiglieri. La giustificazione fu: non possiamo cacciare una leggenda che ci ha fatto vincere tre mondiali.
L’opera rinnovatrice di Dussaix però continua ancora oggi. L’indirizzo dato alla Federazione perdura, nonostante qualche cambiamento, anche significativo, come la creazione della Lega nazionale di ciclismo che dal 1989 ha dato man forte alla FFC nella gestione e nel coordinamento di tutte le attività ciclistiche professionistiche.
Oggi in Francia è iniziata l’Étoile de Bessèges, corsa nata da un giorno e che poteva sparire nel 1973. Fu grazie alla riforma di Dussaix che sopravvisse e si trasformò in gara a tappe.
Il calendario francese in questi anni è stato quello meno colpito dalla moria di corse. Sono rimaste le classiche, le semiclassiche, i piccoli giri. Quello che non è accaduto in Italia dove gare, anche dalla lunga e prestigiosa storia, hanno saltato edizioni, sono sparite dal calendario o rischiano di farlo. Qualcuna è stata rimessa in piedi, soprattutto grazie alla buona volontà di imprenditori locali o di Rcs.
Dussaix prese spunto dal ciclismo italiano per rilanciare quello francese. Forse è venuto il momento di fare altrettanto.
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