Esultate pure per i ciclisti investiti, tanto non esistono

Esultate pure per i ciclisti investiti, tanto non esistono

14/12/2022 1 Di Giovanni Battistuzzi

“Il fatto non costituisce reato”. Mercoledì 14 dicembre il tribunale di Pistoia ha assolto l’uomo che sui social postò un foto con la frase “Investire un ciclista per educarne cento” come commento alla notizia, era il marzo del 2018, dell’investimento, fortunatamente non mortale, del ciclista Daniel Felipe Martinez da parte di un automobilista.

Non c’è nessun reato. Hanno ragione i giudici.

Cosa ha fatto il tizio che ha postato la foto con quella scritta? Niente, nessun reato. Ha fomentato l’odio? Non scherziamo: nessun odio, a nessuno frega niente dei ciclisti, l’odio non serve, basta la totale indifferenza. C’è stata “istigazione a delinquere aggravata dalla diffusione a mezzo informatico”, come da denuncia? Ma quale istigazione a delinquere, i ciclisti su strada sono semplicemente non visti. Li vedono mai i ciclisti. Li sfiorano, li investono, li ammazzano e va sempre a finire allo stesso modo: “Non l’avevo visto”. Tanto sono un intralcio, veicoli pedalanti non identificati.

Chi pedala lo fa perché è incosciente. Come potete solo pensare di pedalare sulle strade italiane?

Sono frasi sentite migliaia di volte, domande retoriche con risposta univoca: state a casa e non rompeteci i coglioni, dobbiamo correre.

Non c’è nessun reato a sottolineare l’utilità di investire i ciclisti. Tanto non esistono. Sono appena contemplati dal codice della strada, non esistono nel dibattito politico. Al massimo valgono un post quando un ciclista notorio viene investito. È successo recentemente, hanno ammazzato Davide Rebellin ed ecco turbamento e cordoglio da parte dei governanti. Ma Davide Rebellin non era un ciclista notorio, non solo almeno. Era un uomo. Un uomo che aveva solo voglia di pedalare. Di farlo non solo per correre, per gareggiare, ma perché lo riteneva necessario, stupendo. Come lui altri, tanti altri.

Sciocco lui, sciocchi gli altri, sciocchi noi che continuiamo a farlo.

Non è reato esternare la volontà di investire i ciclisti. Sono ciclisti, mica essere umani. Non sono cittadini, sono un intralcio alla pubblica circolazione della automobili. Tanto ci sono solo quelle. La velocità, la fretta, la voglia di unire un punto A e un punto B nel minor tempo possibile sono più importanti della vita di un uomo, di un ragazzo, di qualsiasi cosa.

I ciclisti non esistono. Come si può condannare qualcuno per aver giudicato meritorio investire ciò che non esiste?

I giudici hanno solo applicato la legge. La legge del menefreghismo verso una minoranza di persone che chiede solo di arrivare a casa la sera, che non fa nient’altro che muoversi nel modo che crede sia il migliore, il più appagante.

Non c’è odio, non c’è incitamento. Semplicemente c’è inesistenza, totale disinteresse. Chi pedala è un nemico della pubblica circolazione. Basta una legge, politicanti e giudici. Scrivetela. Mettete nero su bianco che i ciclisti sono una minoranza da schiacciare. Sarebbe molto più onesto.