
La surreale Barcellona della Vuelta 2023
27/08/2023Andrea Kron ha vinto la seconda tappa della Vuelta 2023. La due giorni di Barcellona rende inconsapevolmente omaggio a Joan Mirò
Nella città che fu di Joan Miró forse non poteva andare altrimenti. La due giorni di Barcellona alla Vuelta 2023 è stato un viaggio ciclistico nella surrealtà. La pioggia ha stravolto quello che doveva essere una grandiosa ouverture, fatta di velocità di squadra prima, e potenza, arguzia e capacità di guida della bicicletta poi. Non si è visto nulla di questo, solo abilità nel galleggiamento e un’infinità di rocambolesche avventure finite più o meno male, ben più adatte alla Mancia di don Chisciotte che alla Catalogna.
“Piove, governo ladro”, è un proverbio italiano che ha una sua forma uguale a Barcellona. Lo avrà detto senz’altro qualcuno tra ieri e oggi, sia esso un pedalatore, uno seduto in ammiraglia o qualcuno dell’organizzazione. Ieri il finale a luci spente della cronometro a squadre, oggi i cambiamenti di programma: prima la decisione di neutralizzare la gara in cima al Montjuic, l’ultima insidia altimetrica in percorso (cima a circa 3,5 chilometri dall’arrivo), poi quella di farlo ai piedi del Montjuic. Infine la corsa fatta di tentativi da parte degli uomini della Jumbo-Visma e di Remco Evenepoel di mettere in scena una sorta di neutralizzazione della corsa casalinga, ai più nota come ammutinamento. Tutti andati male.
La corsa è stata fatta da tutti fino ai 9 chilometri, il momento della neutralizzazione reale. Poi ognuno per la sua strada. S’è rivisto in piccolo quanto successo il 30 giugno 1946 nel corso della Rovigo-Trieste al Giro d’Italia, ma senza sassaiole contro i corridori. All’epoca chi ha voluto ha proseguito verso il porto dell’Impero, gli altri sono andati in albergo. A Barcellona nessuno è andato in albergo anzitempo, ma poco cambia. La corsa non è stata fatta se non da alcuni.
Invece di Giordano Cottur, che aveva i suoi motivi per vincere a Trieste, ha vinto Andreas Kron, che aveva altrettanto buoni motivi. Primo tra tutti vincere per se stesso, poi dedicare la vittoria a chi non c’è più, cioè Tijl De Decker, ammazzato come troppi sulle strade. Quando succede a un ventiduenne fa ancora più male.
Bel numero quello di Andreas Kron, scatto secco sul muro finale che portava in cima al Montjuic, poi discesa da funambolo, infine gestione del vantaggio. Valeva la pena vederlo, nonostante tutto. Come valeva la pena vedere un velocista come Kaden Groves e un non solo velocista come Andrea Vendrame dannarsi in un inseguimento che non poteva compiersi. O vedere Romain Bardet lì davanti, a correre senza remore nonostante la neutralizzazione.
Ha fatto bene l’organizzazione a decidere così, la strada era scivolosa come ogni strada vicina al mare, di foglie ce ne erano, la Vuelta è lunga e va tutelata. Viene solo da chiedersi se l’iper-tutela non serva soprattutto a mascherare magagne più grosse, tipo l’eccesso di corridori al via o il fatto che in gruppo non c’è sempre gente che potrebbe insegnare a tutti a condurre una bicicletta. Ma questa è un’altra storia che non ha finale. A Barcellona il finale invece c’è stato, ha vinto Andreas Kron e Andrea Piccolo si è trovato in maglia rossa, bravo ad andare a tutta fino alla neutralizzazione. Nonostante una caduta. Ce ne sono state tante. Forse troppe. Forse bisognerebbe chiedere al cielo di non piovere. Che si sa: piove, governo ladro.
Vuelta 2023, 2a tappa: l’ordine d’arrivo e la classifica generale
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