L’avvicinamento al Giro d’Italia, ovvero disavventure e arresti in Irlanda

09/05/2014 0 Di Giovanni Battistuzzi

Irlanda in rosa per le 3 tappe del Giro d'Italia 2014

Avviso ai lettori. Ripropongo qui quanto è successo in questi due primi giorni in Irlanda del Nord. L’anteprima l’ho dato al Foglio, dato che sono stati loro a spedirmi con raccomandata senza ritorno a seguire il Giro d’Italia 2014. Durante la corsa vi aggiornerò quotidianamente qui sul blog di quanto accade in corsa e a margine di essa. Terrò inoltre, sempre su ilfoglio.it, uno speciale per aggiornare anche i loro lettori su quanto accade nella corsa rosa. E comunque, per concludere questo pesantissimo intermezzo di niente che mi serve solo per farvi fare un clik in più (saranno poi conteggiati dall’ordine supremo dei contatori di click dell’impero Google e se supererò la prova mi daranno la buccia della banana mangiata da Dani Alves), buon Giro a tutti. L’Irlanda è un posto strano, la gente è impazzita per il Giro e pensa che sia roba loro tanto che il premier irlandese ha già scritto a Napolitano per intimargli di venderlo. Chissà.

Irlanda in rosa per le 3 tappe del Giro d'Italia 2014L’ultima volta che sono andato al Giro d’Italia era il 1909. Vinse Ganna. Fu un Giro indimenticabile. Il varesotto vinse e dichiarò appena sceso dalla bici parole d’amore per il ciclismo: “me brusa el cul”. L’ho abbracciato e ringraziato per lo scoop. Lui mi ha guardato male e se ne è andato insultandomi, ma io lo adoro lo stesso: mi ha fatto vincere due pulizer. Ritorno quest’anno dopo una vita. L’idea è stata del direttore. Non mi vuole tra i piedi. Non che il direttore sia cattivo, me lo sono meritato. Mia moglie se ne è andata di casa due mesi fa e da allora non ho mai smesso di lamentarmi. Lo faccio 24 ore al giorno. Così la redazione, pur di liberarsi di me, ha fatto una colletta e mi ha spedito al Giro d’Italia. Mi hanno dato un biglietto e una carta di credito e con un calcio nel sedere mi hanno detto vai e torna tra un mese. Credo mi vogliano bene.

All’aeroporto mi sono accorto che m’hanno preso in giro. Letteralmente. Sul mio biglietto c’era scritto Belfast, che a quanto mi risulta non è in Italia. Ecco! Mi hanno spedito a vedere il Giro d’Irlanda e a quello d’Italia avranno sicuramente mandato o Milani o Cerasa. Vietti no perché deve guardare il Torino.

L’aeroplano non lo sopporto. Mi mette l’ansia. Così mi sciroppo una confezione di calmanti e affronto il viaggio. Mi addormento sul bus che mi porta all’aereo. Due hostess (mi ha raccontato un poliziotto irlandese) mi hanno caricato per poi scaricarmi direttamente in questura. Un poliziotto borbotta qualcosa che sembra una motivazione d’arresto, mi fa vedere un foglio pieno di cose scritte e minaccia a voce grossa. Protesto in inglese, le mie lamentele non sortiscono nessun effetto, sembra irremovibile. Impreco in italiano e gli spiego che mi trovo a Belfast perché devo seguire le corse dei ciclisti. Lui dice che ama il ciclismo e che in bici ci va spesso. Ciò mi rincuora. Poi continua, dice che in Irlanda tutto un impiccio in mano alla famiglia Roche: prima il padre, poi il figlio e il nipote, praticamente da 40 anni non può vincere nessun altro per legge statale. “Per fortuna le cose però stanno cambiando dopo le inchieste di Mark Mc Travagly sul Fact che ha minacciato manette per tutti”. Mi faccio vedere favorevole a queste cose. Mi rilascia sulla simpatia.

Esco. Girando per le strade vedo che oltre il verde d’Irlanda, che è ovunque (persino le strade sono fatte di erba alta un centimetro) ci sono macchie rosa, anzi più che macchie addirittura pecore. Mi chiedo perché. Un signore mi dice che è per il Giro. Chiedo quale. “Quello d’Italia”. “Ma siamo in Irlanda”, controbatto. “E allora?”, mi fa lui. “Ma voi non avete un Giro?”. “Sì, ma il vostro è più bello”. Gli dò del ladro. Poi chiamo Salvini e gli do ragione. Lui mi ringrazia e mi assicura che ha già un disegno di legge pronto per evitare che il Giro parta in futuro dall’estero. Poi aggiunge che vuole modificare la Costituzione per eleggere Pontida come capitale mondiale del ciclismo. Gli consiglio di non esagerare. Lui mi invita a votare Tsipras. I leghisti sono così: se la prendono sempre.

Raggiungo l’albergo e provo a dormire, ma non ce la faccio. Penso sempre alla mia ex moglie e non riesco a prendere sonno. Quindi per passare il tempo mi aggiorno sui favoriti e sul percorso del Giro di quest’anno. In una notte capisco tutto e apprendo con sommo sbigottimento che il mio mito, Costante Girardengo, si è ritirato e non vince più. Quindi mi trovo a dover fare una scelta, eleggere un mio mito, un mio favorito. Mi chiama un giornalista mio amico. Mi dice di stare attento a Quintana che è il più forte. Mi piacciono i colombiani, vanno forte in salita e a me gli scalatori mi entusiasmano. Però no. Non va bene. Ho deciso. Tifo Evans. Mi sono rotto le scatole di tutti questi giovani che rottamano tutto e si prendono ogni cosa. Sono vecchio e il mio Giro sarà un’ode alla vecchiaia quindi forza Evans. L’australiano ha una faccia antica, scavata, dura ma umile, da vecchio contadino. A me piace la campagna e sono sempre più convinto che mi piaccia Evans. Certo non è italiano e si presume che un giornalista italiano tifi per un corridore italiano, ma poco importa. Anche perché di italiani forti, eccezion fatta per Nibali, che però ha deciso di fare il fighetto in Francia nel carrozzone del Tour de France, non ce ne sono più: sono stati aboliti per regio decreto inglese. Questi inglesi sono dappertutto. Comunque qualche speranza per il futuro c’è. Mi piace anche Fabio Aru e credo possa fare bene. Però è troppo giovane per entusiasmarmi davvero. E’ però italiano, quindi sono scisso. Tifare Evans o Aru? Certo sarebbe ora che la Sardegna si faccia vedere a livello ciclistico perché è da tanto che il Giro non parte dall’isola. Propongo il prossimo anno una partenza dal Billionaire di Briatore se vince Aru.

Squila il cellulare. E’ ancora Salvini. Dice che non si sono storie, che il Giro partirà da Pontida. Quindi forza Aru. Ma anche Ulissi, che sta cercando ancora un gigante da accecare. Squilla il cellulare. E’ Ulissi. Mi dice che non centra niente con l’eroe omerico. Mi diffida a continuare con questo teatrino.