Le tante vite di Émile Georget

Le tante vite di Émile Georget

21/11/2023 0 Di Giovanni Battistuzzi

Émile Georget aveva dei gran baffi, energie che con finivano mai e l’occhio sveglio di chi capiva le cose al volo. Émile Georget scoprì la bicicletta che ancora il Novecento non era iniziato. La vinse scommettendo con un signorotto con tanti soldi e troppa boria di Bossay-sur-Claise, una sessantina di chilometri da Poitiers, e dalla bicicletta non scese mai. Si narra che l’ultimo giro in bicicletta lo fece a settantanove anni, pochi giorni prima della morte nel 1960.

Émile Georget non era veloce, non aveva scatto in salita e in discesa tirava i freni più di altri, ma poteva correre per centinaia e centinaia di chilometri, pure migliaia, senza provare fatica, o provandone meno degli altri. Vinse una Paris-Brest-Paris, 1.200 chilometri filati, e due Bordeaux-Paris, 600 chilometri filati, in carriera. Oltre nove tappe al Tour de France (dove chiuse due volte terzo in classifica) e un campionato francese.

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Resisteva a tutto Émile Georget, soprattutto a quello che si pensava se non impossibile quantomeno arduo. Fu il primo a raggiungere la cima del Col du Galibier al Tour del 1911. Quella tappa, la quinta, la vinse. Era la Chamonix – Grenoble, 366 chilometri, era la prima tappa della storia nella quale il Tour de France affrontava le grandi cime alpine. Prima del Col du Galibier i corridori dovevano pedalare il Col des Aravis.

Fu lì che Émile Georget rimase solo. Non scattò, si limitò a pedalare del suo ritmo, nessuno riuscì a stargli dietro, anzi nemmeno vicino. A Grenoble Paul Duboc arrivò dopo 15 minuti, Gustave Garrigou dopo 26, Ernest Paul a 41 minuti, il quinto, Jules Nempon lo doverono aspettare 47 minuti, tutti gli altri pedalarono almeno un’ora in più. Quel Tour de France l’avrebbe vinto, fu il corridore che ci impiegò meno tempo a pedalare i 5.344 chilometri del percorso, ma la classifica era a punti e finì terzo. Avrebbe dovuto vincere pure il Tour de France del 1907, ma gli vennero dati 45 punti di penalità perché era stato aiutato a sistemare la forcella della sua bicicletta da un uomo e questo era vietato.


Émile Georget in cima al Col du Galibier al Tour de France 1911

Émile Georget di questo non si lamentò mai troppo, perché era un signore, uno di quelli che alla vita vogliono talmente bene che si dimenticano dei torti e degli eventi negativi e si godono il resto.

E a Émile Georget la vita piaceva godersela. Beveva sempre almeno un bicchiere di buon scotch che si faceva mandare dalla Scozia dopo ogni tappa, e all’epoca non era economico farsi mandare lo scotch dalla Scozia. Non si faceva mai mancare un ballo e un sigaro, raccontavano che avesse avuto più donne che peli dei baffi. Poi però incontrò la donna giusta e, dicevano, allontanasse qualsiasi altra donna da sé. Perché in fondo, e questo lo diceva lui, “ci sono due cose importanti nella vita: l’amore e la bicicletta”.

Quando andava a Parigi per le riunioni su pista al velodromo Buffalo – a Neully-sur-Seine – aveva sempre un tavolo al “Monsieur et Madame” a Pigalle o al cabaret “Le Chat noir” di Montmartre, all’epoca uno dei locali più chic della capitale francese.


Émile Georget al suo arrivo al Parco dei Principi nella Bordeaux-Parigi del 1909

Nei velodromi Émile Georget ci sapeva fare. Il pittore Umberto Boccioni, che al Buffalo ci passava spesso quando era a Parigi, lo descrisse come “una macchina perfetta di caparbia e resistenza”. Lo era anche lontano dai velodromi e sceso dalla bicicletta. “Le danze le chiudevamo noi al ‘Monsieur et madame’, poi si continuava a esplorare la notte dolce di Parigi per scoprire albe sempre diverse”, raccontò il pittore Albert Gleizes.

Émile Georget curava il suo aspetto in modo impeccabile. Ai ritrovi di partenza arrivava sempre con la brillantina sui capelli e molte volte ne metteva un po’ sul pettine e si dava una sistemata prima degli arrivi. Sempre si dava un tocco di profumo prima dell’arrivo: non correva senza la sua boccettina di acqua di colonia nel tascapane. Si impomatava i baffi e si tirava su le maniche della maglietta per avere un’abbronzatura uniforme. Per Henri Pélissier, suo rivale, era un maestro di stile.



Émile Georget è stato Jacques Anquetil prima di Jacques Anquetil, Hugo Koblet prima di Hugo Koblet, Mario Cipollini prima di Mario Cipollini. Primo dandy e viveur della bicicletta.

E sì che Henri Desgrange lo raccontò così all’arrivo di Grenoble, in quella tappa che introdusse il Tour de France tra le grandi cime alpine: “Quando Georget ci passa accanto, sporco, con i baffi pieni di moccio e di cibo dell’ultimo controllo, la maglia sporca di marciume dell’ultimo ruscello dove s’è dato una rinfrescata e si è fatto una bevuta, ci lancia un terribile: ‘All’arrivo trovatevi una via di fuga’”.

Émile Georget era nato il 21 novembre 1881, nella vita è stato tante cose: un gran corridore, un viveur, un marito fedele, un meccanico di biciclette, un costruttore di biciclette, il primo meccanico ufficiale di automobili Peugeot.