L’Etna al Giro d’Italia è un’esplorazione imprenditoriale

L’Etna al Giro d’Italia è un’esplorazione imprenditoriale

10/05/2022 1 Di Giovanni Battistuzzi

Quando il patron del Giro d’Italia Vincenzo Torriani stava disegnando la cinquantesima edizione della corsa rosa, quella che partiva il 20 maggio del 1967 e si concludeva l’11 giugno, ripensò alle parole che gli disse Vincenzo Florio quasi vent’anni prima.

L’imprenditore siciliano, già nel 1949, quando era riuscito a convincere Torriani a far partire il Giro dalla Sicilia, aveva proposto al patron di organizzare un arrivo in cima all’Etna. L’idea non si realizzò, le strade erano troppo dissestate allora per poter permettere ai campioni del ciclismo di arrivare sin lassù. Torriani però gli diede la sua parola che un giorno avrebbe portato il Giro sul vulcano. Nel 1954 il sindaco di Catania, Luigi La Ferlita, si oppose: troppo pericoloso, non voleva avere rogne, anche perché la giunta si reggeva per miracolo. Nel 1959 Florio morì e nel 1961, Torriani probabilmente si dimenticò della parola data: non fu fatto alcun sondaggio per la fattibilità della scalata.

Fu il 26 maggio del 1967 che la geografia del Giro d’Italia scoprì l’Etna. Il primo a raggiungere la cima fu Franco Bitossi. E forse non poteva che andare così. Perché se è vero che, come scriveva Alfonso Gatto, “i lapilli sono battiti del cuore di Sicilia, battiti irregolari di un mondo sommerso che ogni tanto si palesa”, serviva un Cuore matto per domare il battesimo rosa del Vulcano.

L’Etna affascinò più l’immaginazione dei suiveur che il ciclismo. Non è una salita troppo difficile. È lunga, questo sì, ma il vento sconsiglia le mattate. Fu anche per questa constatazione che per ventidue anni l’Etna rimase un bel ricordo e basta. Fu il 22 maggio del 1989 che il Giro si ripresentò a infastidire il Vulcano.

I corridori arrivarono a Paternò, poi presero per Belpasso, Nicolosi e su fino ai 1.892 metri del rifugio Giovanni Sapienza. Ci arrivarono con Acacio da Silva davanti a Luis Herrera, mica cosa da niente. Ma in gruppetto, allo sprint. Non era il versante giusto.

L’Etna ha mille facce, alcune simili, almeno per conclusione, altre completamente diverse. Il Giro sta cercando ancora quella giusta, la migliore per le biciclette. Negli ultimi anni, dal 2011 a oggi, da quando Alberto Contador con i suoi scatti ha fatto capire che c’era un futuro anche per questa salita, gli organizzatori hanno sperimentato. Ci sono tornati spesso e volentieri, anche perché la Sicilia ha deciso di puntare molto sul ciclismo come vetrina per il turismo.

Al Giro d’Italia 2022 i corridori dovranno arrampicarsi da Biancavilla, via d’accesso al Rifugio Giovanni Sapienza mai sperimentato sino a oggi (almeno sino agli ultimi chilometri).

Ventitré chilometri d’ascesa, due tratti tosti, poi la strada s’acquieta. Insomma, un ottimo primo approccio con la salita per i corridori. Abbastanza dura per snellire il gruppo di chi pensa di poter fare classifica al Giro, abbastanza semplice per non fare troppi danni e rifocillare le velleità di chi sogna la maglia rosa. La maglia rosa è sulle spalle di Mathieu van der Poel. Opinione diffusa è che ai 1.892 metri de rifugio ci sarà qualcun altro in rosa. Chi segue tutto l’anno l’olandese però ha detto a Girodiruota che “mica è detto che non possa riuscire a reggere i migliori. Certo nelle lunghe salite Mathieu è svantaggiato rispetto agli altri. Ma una gamba così gliel’ho vista poche volte”.

La quarta tappa del Giro d’Italia 2022

L’altimetria dell’arrivo in salita sull’Etna