
Liegi-Bastogne-Liegi 2023. Evenepoel, niente di meglio
23/04/2023Mancavano trenta chilometri all’arrivo della Liegi-Bastogne-Liegi versione 2023, quando una miriade di uomini e donne, giovani e meno giovani, hanno empatizzato con Tom Pidcock come forse non avrebbero mai pensato di poter fare un giorno. Perché in quel momento, in un luogo a caso della strada che riportava a Liegi, senz’altro lontano da quelli nei quali era plausibile aspettarsi il sorgere della azione decisiva, il corridore inglese della Ineos Grenadiers ha visto Remco Evenepoel prendere metri e non è riuscito a far altro che osservare allontanarsi. Il belga non era scattato, non aveva accelerato, semplicemente Tom Pidcock non è più riuscito a tenergli la ruota in un tratto di leggera salita, nel modo che conosce benissimo quella miriade di ciclisti che scendono nelle strade d’Italia, d’Europa, del mondo ogni volta che ne hanno l’occasione e che a volte, spesso, trovano qualcuno che va più forte di loro ed è difficile pure tenergli la ruota quando l’asfalto inizia a tirare all’insù.
La solitudine di Remco Evenepoel è iniziata in quel momento a una trentina di chilometri dal traguardo, in un luogo a casa sulla strada che porta a Liegi. Non sulla Redoute, non sulla côte de la Roche-aux-Faucons, non sulla debuttante côte de Cornémont.
E sì che poteva accadere prima, sulla Redoute. Aveva aspettato che la lunga, lunghissima, processione di PHIL sull’asfalto – l’asfalto non dimentica i propri eroi, e Philippe Gilbert lassù c’è cresciuto ancor prima di essere amato dal popolo vallone – finisse, quasi per rispetto, prima di scattare. Non era riuscito però nel suo intento di non aver respiri affannati al suo fianco. Tom Pidcock si era appeso alla sua ruota come un naufrago a una tavola. Sapeva che era l’unica sua salvezza per poter sperare in un finale diverso da un secondo posto. È durato poco questo pensiero. Il tempo di due rifiuti a tirare dati a Remco Evenepoel. Non era un bluff, non era un tentativo da succhiaruote. Era l’esternazione di un pensiero che gli aveva invaso la testa, oltre le gambe: vai più piano, vai più piano, eccheddiamine, perché non sei come noi che dobbiamo prendere fiato?
Remco Evenepoel non si è nemmeno infastidito per il diniego, era da una cinquantina di chilometri che gli scappava da sorridere. Si sentiva bene, un sacco bene. Certo forse un filo gli dispiaceva che al suo fianco non c’era e non ci sarebbe potuto essere Tadej Pogacar, finito a terra che non si era nemmeno arrivati a Bastogne e rialzatosi con uno scafoide rotto: ritiro. Voleva dimostrare a lui e a tutti che Tadej era forte, ma lui di più. E pure Pogacar avrebbe voluto fare lo stesso, dare un inizio, finalmente, a un’altra grande sfida in questi anni di grandi sfide sui pedali. Toccherà aspettare.
E così Remco Evenepoel ha pensato che c’era niente di meglio di fare ciò che meglio sa fare in bicicletta. Creare solitudine nella compagnia, eliminare il rumore del respiro altrui dalle sue orecchie. È finita così per quattordici volte da quando è professionista. Altre nove volte la solitudine era garantita dalla cronometro.
È filato di buona lena verso l’arrivo, senza girarsi, senza guardarsi attorno, godendosi chilometro dopo chilometro quello che, a suo dire, non s’era goduto a pieno un anno fa. S’era pure commosso un anno fa sotto l’arrivo. A volte va così con le prime volte. Questa volta nessuna commozione, ma una festa iniziata a trenta chilometri dall’arrivo, arrivata all’apoteosi con tanto di richiesta di acclamazione a chi dall’altro lato delle transenne non vedeva l’ora che lui arrivasse, che Remco Evenepoel rifacesse quello che aveva fatto l’anno scorso.
L’ordine di arrivo della Liegi-Bastogne-Liegi vinta da Evenepoel
Results powered by FirstCycling.com