Luogotenente Froome. Un Tour de France diverso

Luogotenente Froome. Un Tour de France diverso

25/06/2021 0 Di Giovanni Battistuzzi

Il Tour de France 2021 sarà la nona Grande Boucle alla quale prenderà il via Chris Froome. Sono passati tredici anni dalla sua prima avventura in Francia, tre anni dall’ultima. Mai come quest’anno il keniano d’Inghilterra sarà solo contro tutti. Contro gli avversari desiderosi di mettergli le ruote davanti, ma va così da sempre; contro l’età che inesorabilmente somma gli anni; contro gli acciacchi degli infortuni; contro chi l’ha sempre mal sopportato; soprattutto contro il pregiudizio che lo vuole soltanto un robottino creato dalla Sky (ora Ineos) e plasmato a immagine e somiglianza della smania di successo del demiurgo del ciclismo inglese (vincente) Dave Brailsford.

Molto probabilmente Chris Froome perderà tutte queste sfide. Sarà facile in particolar modo per questi ultimi trovare le prove della loro tesi, l’evidenza lampante del loro aver ragione. E a nulla varrà ricordare che nel ciclismo il tempo non è mai galantuomo, di esempi di corridori capaci di andar forte ben oltre i trentasei anni che il keniano d’Inghilterra si porta sul groppone ce ne sono, ulteriore prova per la sentenza di colpevolezza. Qualsiasi risultato che non sia la vittoria del Tour renderebbe evidente tutto ciò.

Chris Froome alla Israel Start-up Nation ci è andato con l’idea di poter vincere il suo quinto Tour de France. Con la convinzione di dimostrare alla Ineos, e forse pure a se stesso, che si erano sbagliati sul suo conto, che non era un corridore da buttare, che era ancora un vincente, che il suo talento non era evaporato con l’incidente durante la ricognizione sul percorso della cronometro del Giro del Delfinato del 2019.

Foto tratta dal profilo Twitter di Chris Froome

Non sempre i progetti avanzano come uno vorrebbe. Non sempre la volontà di affermazione si tramuta in volontà di potenza. A volte l’essere stato avanza indisturbato disinteressandosi dell’essere in sé. Soprattutto quando quello che si è portato a termine è qualcosa di difficilmente replicabile. Conta l’adattabilità, il continuo rinnovamento. E a volte questo è difficile..

Soprattutto per quei corridori che sono riusciti a diventare immagine del ciclismo. Ma non impossibile.

Chris Froome immagine del ciclismo lo è stato e continua a esserlo. Perché per oltre cinque anni il keniano d’Inghilterra è stato il ciclista più vincente nelle corse di tre settimane. E questa è cosa nota. Perché, soprattutto, per un’intera mezza generazione di giovinotti che si sono avvicinati al ciclismo Chris Froome non era altro che l’uomo da battere e che difficilmente veniva battuto.

Froome è stato, volenti o nolenti, un corridore generazionale, uno di quelli che quando ripenseremo agli anni Dieci del Duemila non potrà non essere al centro dei ricordi. Quattro Tour de France, due Vuelta a España e un Giro d’Italia sono qualcosa che in un curriculum risaltano al di là di qualsiasi “ma”, “però”, “anche se”. Sono un lasciapassare alla dimensione del sogno per la gran maggioranza degli appassionati di questo sport.

Froome, un nuovo inizio?

Froome poteva far pesare quello che è stato, poteva arrogarsi il diritto di essere il campione attorno al quale costruire l’intera narrazione francese di una squadra. Soprattutto sfruttando l’effetto nostalgia di una partenza che coincide con quella dell’inizio della sua avventura nel ciclismo: Brest. Non l’ha fatto.

“Brest è il posto in cui ho esordito al Tour nel 2008. Sono felice di tornare, ho sentito un calore speciale da parte dei francesi quest’anno e, più in generale, da quando sono tornato dopo l’incidente, l’ho sentito in tutte le corse disputate sinora. Arrivo a questo Tour in una situazione molto simile a quella del 2008. Spero possa essere un trampolino di lancio per me che mi permetta di arrivare al livello nel quale sono riuscito a esprimermi. Sono davvero felice di essere al via quest’anno e di potermi lasciare il percorso di recupero alle spalle. Ho dovuto fare un passo indietro quest’anno per poter andare avanti. Fare il Tour mi rivitalizzerà. Non ho pressioni e mi concentrerò soltanto ad aiutare i compagni. Se me l’avessero chiesto tre anni fa, probabilmente non sarebbe stato lo stesso, ma ora è tutto diverso”, ha detto.

Foto di @veloimages tratta dal profilo Twitter di Chris Froome

La Israel Start-up Nation punterà su Michael Woods per la classifica. “Il migliore degli scenari per me sarebbe quello di ottenere una risultato in una tappa, ma ora è una cosa secondaria. Il primo obiettivo è prendersi cura di Woods e tenerlo fuori dai guai. Credo che nelle prossime settimane possiate aspettarvi soprattutto di vedermi andare a prendere le borracce”.

L’uomo dei tanti luogotenenti potrebbe trasformarsi esso stesso in luogotenente. Una passaggio che ha fatto più di un gran corridore quando le gambe hanno iniziato a girare meno bene. Un passaggio non scontato, ma in linea con quello che Chris Froome è stato in questi anni: un signore di questo sport, piaccia o meno.

La difficoltà di essere Froome

Perché il keniano d’Inghilterra, almeno sino all’impresa sul Colle delle Finestre con la quale conquistò il Giro d’Italia 2018, ha portato sul groppone sospetti, accuse, un continuo (e volgare) tifo contro, qualcosa che il ciclismo ha riniziato a sperimentare solo recentemente dopo gli agguati e i tranelli pionieristici. Un linciaggio che dalle accuse sui social si sono manifestate a bordo strada in sputi e in una bottiglietta di pipì versatagli addosso verso Mende al Tour de France 2015.

“Sono disgustato. Questo non è sport. Noi lavoriamo estremamente duro per fare ciò che facciamo. E questo è irrispettoso. Alcune cronache della corsa non sono professionali. E penso che è questo che ha portato all’incidente di oggi. Il pubblico del ciclismo è stupendo, sono certo si tratta solo di una minoranza di persone, ma ricordo a tutti che stiamo svolgendo il nostro lavoro e loro dovrebbero semplicemente godersi lo spettacolo, sorridere e applaudire. Questo gesto non ha nulla a che vedere con lo sport”, commentò all’epoca. Poi decise di evitare qualsiasi altra polemica, perché “non è compito mio quello di impartire l’educazione a chi se l’è dimenticata. Sono un corridore e un corridore voglio rimanere. Non è facile avere a che fare spesso con gli insulti, ma fa parte del mestiere. Sono amareggiato, ma l’amarezza è personale, interessa poco a molti”.

Froome ha pedalato con dignità nella buona e nella cattiva sorte, non ha mai cercato scuse. Ha vinto e perso con il solito sorriso malinconico. La sua presenza al Tour de France 2021 non può che essere una buona notizia. Indipendentemente da come andrà.