
Manuele Boaro ha “battuto” i capitani, su Bikle
24/02/2022Si fa un gran dire che i gregari sono fondamentali, che se non ci fossero bisognerebbe inventarli, ma a volte ce ne dimentichiamo. Bikle ha dato loro lo spazio giusto
Si fa un gran dire che i gregari sono fondamentali, che se non ci fossero bisognerebbe inventarli, che senza di loro cosa sarebbe il ciclismo, che le vittorie dei capitani sono in parte merito loro, che quando vince un gregario vince il ciclismo.
Si fa un gran dire dei gregari, ma poi si dà quasi mai loro il giusto spazio, ché quasi mai vincono e allora perdono di singolarità, si fanno pluralità. L’“IL” si contrae, sarà per fatica o per vento in faccia, in “I” e si va a finire della categoria, quasi mai dell’individuo.
E sì che ce ne sarebbe da parlare. Che la storia del gregario è una gran storia di testa e coda del gruppo, di equilibrismo nella pancia, di borracce portate in gruppo, giubbini riportati in ammiraglia, di inseguimenti e ogni tanto fughe, di capitani aspettati, supportati, a volte pure sospinti.
Ci sono capitani, divenuti capitanabili, tramutatesi in luogotenenti. E c’è chi gregario lo è sempre stato, perché così ha voluto il ciclismo.
C’è chi ha vinto, chi non ha mai alzato le mani al cielo, alcuni neppure nelle categorie giovanili. Chi poteva fare tanto e si è accontentato di portare a casa uno stipendio e chi a lavorare per gli altri invece ci ha sempre trovato gusto, perché ci vuole intelligenza, forza e carisma per portare la carretta, mica roba da tutti. C’è chi da gregario spesso si metteva dietro i capitani: che mica in tanti andavano più forte di Miro Panizza. C’è anche chi mentre si allena ha deciso, come Anthony Roux, di essere pure gregario per l’ambiente e toglie dal bordo della strada lo schifo che noi tutti lasciamo.
Mercoledì 25 febbraio i campioni si sono dovuti fare da parte e hanno lasciato il proscenio a un gregario, uno di quelli che tutti vorrebbero in squadra, uno tosto, che va forte, che tira tanto, che molla mai e che quando lo lasciano fare va a finire che un gran piazzamento lo porta a casa sempre. Com’è successo nel 2020 al Tour Down Under sull’arrivo all’insù di Willunga Hill, com’è successo al Giro e alla Vuelta.
Per un giorno, Manuele Boaro si è preso il proscenio, forse piccolo, ma solitario. Quello di Bikle, il giochetto online che è versione modificata (non ufficiale) di Wordle, ossia quel rettangolo cinque per sei nel quale bisogna indovinare una parola di 5 lettere in 6 tentativi, che dato che di ciclismo si parla, è riservata ai nomi dei ciclisti.
Bikle non ci sarebbe senza i ragazzi (e amici) di Bidon e senza “alcuni volenterosi utenti e amici del gruppo Telegram di Bidon hanno utilizzato il codice sviluppato da Pietro Peterlongo e da Mauro Munafo, autori di due versioni italiane di Wordle, PAROLE e KASTA”.
Sia lodato Bikle per aver dato lo spazio che merita a Manuele Boaro. Sia lodato Manuele Boaro per essere sempre un corridore eccezionale. Sì, a tirare la carretta si può essere straordinario. E chi dice il contrario è un automobilista.