L’apparizione di Mathis Le Berre alla Omloop Het Nieuwsblad

L’apparizione di Mathis Le Berre alla Omloop Het Nieuwsblad

27/02/2023 0 Di Giovanni Battistuzzi

Non sono sempre sinceri gli ordini d’arrivo, soprattutto quando c’è un gruppetto che arriva assieme, soprattutto dalla decima posizione in giù. E non sono quasi mai sinceri perché le volate, o volatine, rispettano dinamiche proprie, non sempre quelle della corsa. E così a scorrere l’ordine d’arrivo della Omloop Het Nieuwsblad, versione 2023, serve scendere sino al ventitreesimo posto per scorgere un nome e cognome che ha corso sulle pietre quasi sempre davanti a tutti e alla maniera di chi di gare sulle pietre ne ha portate a conclusione a bizzeffe: Mathis Le Berre.

Mathis Le Berre era al suo debutto sul pavé da professionista. Da under 23 lassù in Belgio qualche volta c’era andato, ma poche volte appena.

Alla sua prima corsa sulle pietre però il corridore del Team Arkéa Samsic se ne è fregato del vecchio detto vai, guarda, impara, cerca di arrivare all’arrivo, ha inforcato la bicicletta e ha cercato di entrare la fuga giusta. L’ha presa. E non solo l’ha presa, ha pedalato per 182 chilometri in testa. Centoquarantotto se li è fatti con Louis Blouwe, Alex Colman, Adam De Vos, Gilles De Wilde; una dozzina in più con Mathias Norsgaard e Jelle Wallays. Poi mentre tutti tiravano salutavano, ha seguito Jonathan Milan, Florian Vermeersch e Dylan van Baarle e mentre i primi due mollavano dopo poco, lui invece restava a ruota dell’olandese, che poi avrebbe vinto la Omloop Het Nieuwblad, sino alle prime rampe del Muur van Geraardsbergen, per brevità e prestigio chiamato Muur e basta.

Non poteva fare di piu, Mathis Le Berre. Avrebbe voluto, ma era difficile, impossibile, fare meglio perché “non sono sovrumano”, ha spiegato all’Equipe. Quando si pedala spesso si ambisce a questo, ma per un motivo o per l’altro non ce la si fa mai. Ce l’ha fatta nemmeno Eddy Merckx, ogni tanto ha perso per eccesso di generosità o iperconsiderazione, figuarsi gli altri, noi, Mathis Le Berre.


Tutte le gare sul pavé nel 2023. Piccola guida


“Non me l’aspettavo per niente una giornata così. Mi era stato detto di infilarmi nella fuga giusta. Ho cercato di farlo, anche se all’inizio non mi sentivo molto bene e non avevo grandi sensazioni. Fortunatamente, nel corso dei chilometri, le cose sono migliorate molto. Non avevo mai veramente corso sul pavé prima di oggi… Stare davanti mi ha permesso di avere un vantaggio quando è iniziata la battaglia tra i favoriti. Mi ero gestito bene e così ho tenuto duro quando sono rimasto davanti con Dylan van Baarle”, ha sintetizzato Mathis Le Berre.

Ha seguito quello che gli era stato detto, proprio lui che più di una volta, negli anni passati, aveva fatto un po’ troppe volte di testa sua.

Non se lo aspettava per niente Mathis Le Berre perché c’aveva mai pensato che lì, sulle pietre, potesse trovarsi bene, così bene. Lui che diceva di amare il caldo e le salite, che diceva che preferiva le salite delle Ardenne a quelle delle Fiandre, perché più lunghe.

Si dicono tante cose, ci si convince di altrettante, poi per fortuna non sempre le si rispetta, si fa il contrario di ciò che si credeva. Ci si imbatte così nelle più liete scoperte.

Mathis Le Berre si sta ancora scoprendo, va spesso così a ventun anni. Anche se ultimamente il ciclismo va parecchio più veloce, e gente come Remco Evenepoel e Tadej Pogacar, a ventitré e ventiquattro anni, ormai ci sembra che corrano e vincano da una vita.

Sa benissimo Mathis Le Berre che non sarà mai con Evenepoel o Pogacar o Vingegaard o corridori del genere, ma a ventun anni è giusto sperare che possa essere così e nel frattempo cercare un proprio posto nel ciclismo.