
Parigi-Nizza. Il cabaret ciclistico di Tadej Pogacar
12/03/2023A dirla tutta, ma proprio tutta e per bene, verrebbe pure da chiedergli, a Tadej Pogacar – o forse chiedersi –, ma perché?, ma chi diamine te lo ha fatto fare? E lui probabilmente alzerebbe le spalle e basta. E allora verrebbe da insistere, fargli notare che quelle strade, quelle che odorano di mare e di pini marittimi, le ultime che dal Col d’Èze portano giù verso Nizza – le ultime della Parigi-Nizza versione 2023 – sono anche, di solito, lucidate di salsedine e fastidiose come certe mosche i pomeriggi d’estate; e che insomma… avrebbe potuto pure starsene buono, quantomeno aspettare gli altri, seguire la volontà altrui, non imporre ancora ostinatamente la propria; che hai già fatto capire sia a David Gaudu che, e soprattutto, a Jonas Vingegaard, che nei hai di più; aspetta, cosa rischi?, che sei pure forte pure allo sprint…
Tutte domande inutili. Che suonano abbastanza intelligenti, sicuramente sensate e piene di senno, ma che in realtà non lo sono, perché tengono conto del pensare comune, da strada, da piccolo e un filo meschino economo che quando vede due spicci pensa che tutto sia già andato a posto e nel migliore modo possibile.
È mica uno che bada allo spicciolo Tadej Pogacar. Fa nemmeno l’economo, certo non pensa come un economo. Il primo avrebbe incassato, lui invece ha rilanciato. Rilancia spesso, quasi sempre, lo sloveno. Si diverte di più a fare così. Si diverte a prendere tutto perché è di tutto che ha bisogno. E se non ci riesce amen, sarà per la prossima volta, tanto sicuro una prossima volta arriverà.
Quando ci chiediamo il senso di un’azione, quando ci chiediamo se quello scatto era veramente necessario, se non avesse fatto meglio a restare coperto, a sfruttare la scia, dovremmo caricare l’indice e farcelo scocchiare sul naso. Perché vuol dire che ci siamo fatti prendere dai ricordi di qualche tempo passato, da cose che non abbiamo messo da parte convinti che potessero e dovessero valere per sempre.
Non è così. E fortunatamente.
Quello di Tadej Pogacar, e non solo dello sloveno della UAE Team Emirates, è un ciclismo che va di addizioni, non di sottrazione come è stato a lungo. È un ciclismo che aggiunge scatti a scatti, tentativi a tentativi, fughe a fughe, solitudini a solitudini. Che cerca di essere se non indimenticabile quanto meno difficile da scordare. Pure un po’ scenografico. Perché si corre non soltanto per la vittoria, ma anche per la realizzazione di un’idea di cabaret ciclistico. Il cabaret delle origini, quello che mescolava dadaismo e surrealismo, quello che l’attore faceva per compiacere il pubblico e pure se stesso. Che era tutto un gioco, un meraviglioso gioco, che doveva concludersi soltanto in un pieno e completo divertimento. Alla maniera di Rodolphe Salis: “Bum bum bam. Non altrove, starai bene solo qua”.
L’ordine di arrivo e la classifica generale dell’ottava tappa della Parigi-Nizza vinta da Tadej Pogacar
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