La Parigi-Nizza prova il restauro della cronometro a squadre

La Parigi-Nizza prova il restauro della cronometro a squadre

07/03/2023 0 Di Giovanni Battistuzzi

C’era un momento nel quale le cronometro a squadre erano parecchio apprezzate dagli appassionati del ciclismo. Erano un bel vedere, una prova esteticamente appagante, dove contava la capacità dei campioni di adeguarsi ai propri gregari: una sorta di carnevale ciclistico. Erano gli anni Cinquanta e germi di socialismo erano sparsi qua e là quasi dappertutto, pure nel ciclismo, soprattutto nel ciclismo. Al patron del Giro d’Italia Vincenzo Torriani era venuta l’idea di introdurre una cronometro a squadre constatando il successo, di pubblico e interesse, del Trofeo Baracchi (che quest’anno ritorna in calendario il primo ottobre dopo trentadue anni di assenza). Pensò: se una cronocoppie piace tanto, figuriamoci una cronometro nella quale sono le squadre le protagoniste. Fu un successo. Il debutto avvenne al Giro d’Italia del 1953, quello che Fausto Coppi vinse staccando tutti sul Passo dello Stelvio. Per quattro anni divenne un appuntamento fisso nelle prime giornate di corsa. Fu esportata anche all’estero, al Tour de France del 1954, alla Vuelta a España nel 1955.

Durarono poco quegli anni. Iniziarono le lamentele di chi sosteneva che le cronosquadre falsassero i risultati, che il ciclismo fosse sport individuale. Vecchi discorsi ancora oggi attualissimi. Non era così, non è così. Anche perché se così fosse non si spiegherebbe il perché le squadre, soprattutto quelle più ricche del World Tour, siano disposte a investire fior fior di quattrini per affiancare ai capitani i migliori gregari. O perché Francesco Moser e Giuseppe Saronni furono continuamente in disaccordo su tutto, ma perfettamente in linea sul fatto che avere Miro Panizza in squadra fosse qualcosa di estremamente auspicabile (e la squadra di Saronni lo scippò a quella di Moser con un buon assegno mensile, facendo arrabbiare parecchio il secondo).

Attorno alle cronometro a squadre c’hanno “litigato” in tanti e a lungo. In pratica i battibecchi sono iniziati nella metà degli anni Cinquanta e non sono ancora finiti.

La cronometro a squadre potrebbe benissimo denunciare di essere la disciplina più discriminata del ciclismo mondiale, quella contro cui continuano a esserci i pregiudizi e i tabù maggiori. Il maggiore, quello che aveva già colpito Vincenzo Torriani è quello che riguarda la limitazione del più forte: è giusto che un corridore sia penalizzato dalla poca propensione della propria squadra a questa disciplina?

La domanda potrebbe essere girata: è giusto che squadre che durante l’anno trovano il tempo e la passione per preparare i corridori a questa disciplina non trovino occasioni per dimostrare la loro bravura?

I difensori della prima tesi e quelli della seconda non troverebbero una sintesi alle loro posizioni nemmeno di fronte a dieci birre, quindi soprassediamo.

La “nuova” cronometro a squadre della Parigi-Nizza

Spostiamoci piuttosto in Francia, a Dampierre-en-Burly, lì dove si corre la terza tappa della Parigi-Nizza, una cronometro a squadre, ma diversa per un dettaglio dalle altre cronosquadre.

Un dettaglio che però potrebbe non essere così ininfluente e potrebbe, addirittura, portare una riconsiderazione delle cronometro a squadre, essendo la sintesi perfetta che i due partiti delle cronosquadre non hanno mai trovato: il tempo di tappa di ogni squadra sarà preso non più sul terzo o quarto corridore che passa il traguardo, ma sul primo.

“La cronometro a squadre alla Parigi-Nizza è sicuramente importante, soprattutto perché andrà interpretata diversamente: dobbiamo ancora capire come correrla perché le regole sono diverse e quindi la solita tattica potrebbe cambiare”, ha detto Jonas Vingegaard la scorsa settimana a VeloNews.

Il leader della Jumbo-Visma non è l’unico che sta valutando il da farsi.

Come affrontare la cronosquadre alla maniera della Parigi-Nizza? Trasformarla in una sorta di prova di velocità a squadre (è una disciplina del ciclismo su pista, se avete dubbi qui c’è tutto uno spiegone che fa al caso vostro, se non avete dubbi scusate la parentesi) oppure correrla come sempre preparando solo una sorta di treno cipolliniano per lanciare il capitano sotto lo striscione d’arrivo? Le riflessioni sono in corso.

Senz’altro per molti chilometri lo spettacolo sarò lo stesso di sempre. In gruppo si fila via più veloci, la qualità dei cambi farà la differenza per buona parte della cronometro a squadre. Il finale però potrebbe essere stravolto. E stravolgendo questo i capitani che se la cavano alla grande a cronometro potrebbero essere avvantaggiati, togliendo però ai Puccio e agli Svein Tuft il grande tributo al lavoro svolto.

Quel che è certo è che Aso, la società organizzatrice del Tour de France, aspetta l’esito di questa cronometro a squadre per capire se reinserirla nel percorso della Grande Boucle e in che forma. Perché le novità potrebbero essere molte di più. Per esempio l’introduzione una kermesse a eliminazione o trasformarla davvero in una lunghissima volata tipo velocità a squadre. In Francia ci stanno riflettendo, le possibilità sono molteplici, questo è il primo tentativo.