La prima Parigi-Nizza era un augurio

La prima Parigi-Nizza era un augurio

06/03/2022 0 Di Giovanni Battistuzzi

A Le Petit Journal se l’erano immaginata come la corsa verso il sole. Ecco com’è nata la Parigi-Nizza nel 1933


L’idea parve a tutti eccellente a Le Petit Journal. Una corsa da Parigi al mare, ma mica quello del Nord. Chi diamine ha mai chiamato mare quello al Nord. Sino giù al Sud, a Nizza. Il nome era già fatto, bastava unire partenza e arrivo: Parigi-Nizza (qui il percorso e gli iscritti). Anche il sottotitolo era già pronto, bastava descrivere l’evidenza: la corsa verso il sole. Ché a Parigi ce n’è sempre poco e giù al sud sempre molto. E poi vuoi mettere l’effetto che faceva quel verso il sole. In redazione si vedevano già tutti in spiaggia in ciabatte e camicia aperta. Altro che quel freddo che c’era, e quel vento gelido che entrava da tutte le fessure. La Parigi-Nizza era una rincorsa alla primavera, un augurio

Ai nomi da invitare ci pensò il direttore in persona, Albert Lejeune. Qualche giro di chiamate e un bel po’ di rifiuti, almeno tra i migliori ciclisti in circolazione. Poi alcuni “perché no”: i francesi Georges Speicher, Benoît Faure, Raymond Louviot e Maurice Archambaud, l’italiano Francesco Camusso.

E ai primi sì, le dita dei giornalisti si intrecciavano e sussurrando si chiedevano: ma non sarà che stiamo sbagliando. Nessun errore, disse loro il direttore. Anzi sarà un successo incredibile. Sorrise, prima di aggiungere: “Speriamo vada tutto bene che se va male ci scappa il morto assiderato”.

Aveva sul tavolo una ventina di parteciperò. Ma non bastava. Che per fare una corsa di più giorni ne servivano almeno trenta.

E allora altre chiamate, qualche appuntamento, altri sì.

Albert Lejeune prese la valigia e se ne andò pure in trasferta in Belgio a tentare di convincere altri corridori. Fu facile convincere Bernard Van Rysselberghe e Jean Aerts. L’incontro con Jef Demuysere andò male. Quella con Félicien Vervaecke malissimo, finì a parolacce, spintoni e una bottiglia spaccata, anche se il motivo del litigio non lo seppe nessuno: troppe birre, dicevano.

Quando Lejeune incontrò Alfons Schepers, che già aveva due Liegi-Bastogne-Liegi tra le mostrine, e gli illustrò la bellezza della “corsa verso il sole”, il belga rispose che a lui il sole non è che lo entusiasmasse troppo, che preferiva la pioggia, che col freddo stava benone. Poi parlarono di premi e si trovarono subito d’accordo. “Ma vengo così, mica posso vincere, il sole non fa per me”.

Piovve per una settimana, quella giusta, quella di corsa. Iniziò la mattina del 14 marzo 1933 e finì il 19 marzo 1933. A Nizza non si vedeva un marzo così piovoso da mai. Vinse lui. Brindò con una bottiglia di champagne e con due ragazze. L’indomani si presentò dal direttore per ricevere il premio. Una volta intascato presentò il conto dei festeggiamenti con un messaggino: “Si chiamava Locanda del Sole, non potevo esimermi”.