Au revoir Roubaix

Au revoir Roubaix

01/04/2021 1 Di Giovanni Battistuzzi

L’11 aprile non si correrà la Parigi-Roubaix. Il prefetto dell’Hauts-de-France ha vietato il passaggio della corsa. Tutto rinviato a domenica 3 ottobre. La settimana santa del pavé quest’anno durerà sette mesi. Ma era proprio necessario proporre di non passare per i settori simbolo dell’Inferno del nord?


Niente da fare, la Parigi-Roubaix non si correrà l’11 aprile come da calendario. Sarà posticipata a domenica 3 ottobre, quella femminile il giorno prima. Il prefetto dell’Hauts-de-France, Michel Lalande, non ha concesso il nulla osta al passaggio della gara. Troppi contagi, troppo alto il rischio di assembramenti lungo le strade e soprattutto lungo i settori di pavé, insomma troppi pericoli, quindi tanti saluti Roubaix. La situazione in Francia non è buona, i contagi sono alti e in crescita a tal punto che ieri Emmanuel Macron ha deciso di chiudere pure le scuole. Per il presidente francese la continuazione delle lezioni in presenza è sempre stato qualcosa da difendere, tutto poteva chiudere ma non gli istituti scolastici. Capitolati questi poteva capitolare tutto. Figurarsi una corsa in bicicletta. Perché la Parigi-Roubaix questo è per Parigi. Una corsa in bicicletta e basta. Il resto non conta. Non la storia, non la tradizione, non il fascino. Al di là del confine, nelle Fiandre, il ciclismo ha un altro spessore, un’altra considerazione, ma tant’è, non tutto il mondo è paese. Le istituzioni devono fare le loro scelte per cercare di arginare la pandemia e la scelta è stata presa. Una scelta che ha un senso visto il contesto pandemico.

Gli organizzatori hanno detto che hanno fatto di tutto pur di far disputare la Parigi-Roubaix l’11 aprile. “Abbiamo fatto una ricognizione quasi metro per metro. L’obiettivo era trovare un modo di bloccare la strada, escogitare un piano da mettere in atto per bloccare l’accesso alle persone. Era molto meticoloso, ma non funzionava. Non abbiamo ottenuto il permesso”, ha detto il direttore generale di ASO, Christian Prudhomme. Sottolineando come abbiano addirittura “proposto di eliminare alcuni settori di pavé, quelli potenzialmente con più pubblico”.

I settori di pavé “potenzialmente con più pubblico” sono però anche quelli nei quali la corsa si decide. Sono quelli a quattro o cinque stelline di difficoltà. Solo l’idea di sacrificare questi pur di disputare la corsa fa ribrezzo. Che senso avrebbe correre una Roubaix deturpata del suo meglio? Nessuno. Era meglio neppure pensarci, accettare l’imposizione delle autorità francesi e salvare almeno l’orgoglio. Ce ne si fa poco di questi tempi dell’orgoglio, quasi niente anche in altri meno pandemici, ma quanto meno sarebbe stato un segnale chiaro che il ciclismo non è disposto a tutto pur di correre. Che dovrebbe essere un onore da parte delle autorità concedere il passaggio alla Roubaix, non il contrario.

Nelle Fiandre il virus non batte di meno, i tassi di contagio sono più bassi certo, ma non così tanto da essere considerato un paradiso Covid-free. Eppure si corre. Il ciclismo fa parte della cultura fiamminga, è qualcosa che se non c’è è un problema. Di gente per strada ce n’era in queste settimane di classiche e semiclassiche, ma enormemente meno degli anni precedenti, problemi non ce ne sono stati, tanto che il prefetto di Gand, dopo la Gand-Wevelgem di domenica scorsa ha detto “devo complimentarmi con la popolazione per il senso civico dimostrato durante la corsa. Abbiamo dato loro fiducia, hanno dimostrato di meritarla”.

L’Hauts-de-France non ha avuto fiducia. La corsa è saltata. Ce ne faremo una ragione. Ce ne faremo un po’ meno una ragione dei “fare di tutto” e degli “addirittura”. Ma tant’è anche questo. La settimana santa delle pietre quest’anno durerà sette mesi se va bene. Se andrà male conteremo un altro buco nei nostri ricordi della Roubaix.