Il primo Giro d’Italia che partì il 13 maggio 1909. Storia di una pazzia che dura ancora oggi

Il primo Giro d’Italia che partì il 13 maggio 1909. Storia di una pazzia che dura ancora oggi

13/05/2016 0 Di Giovanni Battistuzzi

200px-Giro_Italia_1909-mapE tutto iniziò nel 1909, anno non banale per l’Italia. Guglielmo Marconi ottiene il Nobel per la Fisica per le sue ricerche sulla telegrafia senza fili, Filippo Tommaso Marinetti pubblica su “Le Figaro” il Manifesto del Futurismo e Giolitti vince le elezioni, confermando la svolta liberale. In Italia girano seicentomila biciclette. Il Tour de France venne alla luce nel 1903. Quasi tutte le grandi corse arrivate fino ai giorni nostri sono già state tenute a battesimo. E tutto iniziò nel 1909, il 13 maggio, anzi il 12, perché si punzona quel giorno. Dei centosessantasei iscritti se ne presentano centoventisei. Uno arriva un po’ in ritardo, ma viene accettato lo stesso. Centoventisette partenti, otto tappe da affrontare in giorni non consecutivi. Quasi 2.500 chilometri, per arrivare a Milano partendo da Milano. Le tappe finiscono a Bologna, Chieti, Napoli, Roma, Firenze, Genova, Torino. Vince chi ottiene meno punti. Ad ogni tappa al primo classificato viene assegnato un punto, due al secondo, tre al terzo sino alla metà degli arrivati, ai restanti 51 punti.

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Colpo di pistola, bandiera abbassata. Parte il primo Giro d’Italia. Trecento metri dopo la partenza Giovanni Gerbi, il beniamino della folla, per tutti solo e soltanto Diavolo Rosso, cade e rompe la forcella per evitare un bambino che si era buttato in mezzo alla strada per abbracciare le ‘macchine a pedali’, come venivano chiamate all’epoca dalla stampa, “Gazzetta dello Sport”, organizzatrice dell’evento. Da sempre. Il regolamento vieta agli atleti di ricevere aiuto, il Diavolo Rosso si carica la bici in spalla, la porta alle officine della Bianchi, se la ripara e riparte. Tre ore dopo. La prima frazione la vince Dario Beni, il capitano con Rossignoli della Bianchi. Batte allo sprint Pesse e Galletti e altri 5 atleti. Trecentonovantasette chilometri ai ventotto orari. Niente male per gente che pedala su ‘cancelli’ di quindici chili, con freni a bacchetta e ruota libera. Due pignoni posteriori. Uno da salita, uno da pianura. Per cambiare ci si fermava, chiavi inglesi in mano si toglieva la ruota posteriore, la si invertiva e si ripartiva. Il sistema di deragliatore Luigi_Ganna_1909ad asta si diffuse verso la fine degli anni ‘30, il modello a cavo, denominato Gran Sport, fu usato solo dagli anni ‘50, ideatore un italiano, il genio della meccanica Tullio Campagnolo.

A Milano primo in classifica arrivò Luigi Ganna. Luison entrò nella storia senza neppure accorgersene. A turbarlo era altro. Armando Cougnet, primo direttore della “Gazzetta dello Sport” e primo Patron del Giro lo seguì, gli chiese un parere, un commento sulla sua corsa, sulla sua vittoria. Lui sorrise e laconico rispose: “Me brusa el cul”.

 

Quello che avete letto qui è un estratto del libro che ho scritto qualche tempo fa. Girodiruota lo potete trovare qui