
Quello che i ciclisti non dicono
09/09/2022Sono quelli che sole vento pioggia grandine è uguale, che tanto in un’eterna primavera si può mica vivere, quindi tant’è. Quelli che pedalare è sudore fatica a volte malessere, ma mai condanna, che tanto si sa, c’è niente di meglio.
Sono quelli che la bici è compagna di vita, perché allontana tutto, famiglia affetti divertimenti, ma mai davvero e soprattutto fino in fondo, perché, si sa, è pure familiare affettivo divertente muovere i pedali, diventare quasi un tutt’uno con la bicicletta. Quelli che la vita privata è cosa strana, sempre in balia di qualcuno che può arrivare, bucarti pelle e vene, controllare, perché la trasparenza, la pulizia, l’etica… perché con loro vale tutto, e tutti zitti, loro, che altrimenti si sa mai che si può pensare, anzi lo si sa: bari, truffatori, colpevoli.
Sono quelli che li becchi per strada e che mai, o quasi, hanno il muso, il fare borioso e supponente, che una parola la fanno, un sorriso lo tirano fuori. Quelli che non hanno barriere e barriere non le mettono, perché lì sopra, in bicicletta, barriere non ci sono. Sono quelli che spesso sono insultati spaventati indispettiti e pure investiti perché si muovono a loro passo, che è parecchio più veloce di tanti, tantissimi, passi, ma è il loro, e questo non può essere perdonato in un mondo che vive immerso e soprattutto sommerso in una fretta totalitaria a cui nessuno vuole mettere un freno. Li odiano per questo.
Sono quelli che scansano sfiorano saltano i pericoli su strade che sono quelli di tutti i giorni e chi pedala sa come sono le strade di tutti i giorni, ma lo fanno veloci, parecchio veloci, perché la velocità è parte del loro mestiere, ma c’è mica un autodromo attorno a loro. Quelli che ogni tanto cadono, e che sempre si rialzano, o tentano di farlo, ci si mettono d’impegno, perché si finisce mai una corsa a terra prima dell’arrivo, sotto la linea del traguardo bisogna arrivarci, anche se fa male tutto, se brucia tutto, se la maglia è un brindello, se fa male solo a respirare, perché, per dio, se nulla è rotto allora si può continuare e se pure è rotto, magari non è troppo grave, e si può continuare, ripartire il giorno dopo, che si sa mai che non arrivi una nuova possibilità, un’altra occasione da sfruttare.
Sono duri a morire i ciclisti, sebbene ci sia in giro, spesso sui social, gente che gliela augura la morte.
Alla Vuelta 2022 in quarantasette si sono dovuti ritirare. Alcuni per il Covid, altri per cadute e postumi delle cadute. Fosse stato per loro avrebbero tutti continuato, avrebbero cercato di arrivare a Madrid, anche chi come Alaphilippe, Langellotti, Vine, Pacher, Roglic erano messi parecchio male, diversi con le ossa rotte. Torneranno, con la solita convinzione che può mica davvero piovere per sempre.

Carlos Rodriguez è ancora in corsa, lacerato e contuso, con la pelle maciullata dall’asfalto, ma continua. C’è un quinto posto in classifica generale da difendere, un obbiettivo da centrare, anche se ha solo ventun anni e il futuro è dalla sua. Il presente è però adesso e per il presente i corridori sanno stringere sempre un po’ più i denti.