
Un imbucato alla Strade Bianche
06/03/2021Mathieu van der Poel vince la Strade Bianche 2021 davanti al campione del mondo Julian Alaphilippe. Il Monte Sante Marie ha diviso la corsa: davanti tutti quelli che dovevano esserci. Solo un’eccezione: Michael Gogl
Dopo qualche centinaia di metri dall’uscita dell’abitato di San Giorgio, lì dove finisce il penultimo settore di sterrato della Strade Bianche, quello di Colle Pinzuto, Julian Alaphilippe ha fatto una sgambata per raggiungere la testa del gruppetto che guidava la corsa, si è girato a osservare in faccia i suoi avversari, ha fatto un sorrisino compiaciuto, uno di quelli pieni di soddisfazione per averci azzeccato: eccallà, come volevasi dimostrare. Accanto a lui c’erano quelli che ci dovevano essere: Mathieu van der Poel, Egan Bernal, Tadej Pogačar, Wout Van Aert, Thomas Pidcock.

Poi il francese in maglia iridata ha arricciato il naso. C’era un imprevisto, qualcuno che non doveva essere lì.
Poteva essere la riedizione della disfida dei migliori, la sfida tra arcieri che si tenne nei primi anni del Quattrocento a Bourges, un centinaio di chilometri a nord di Saint-Amand-Montrond, paese natale del campione del mondo. L’aveva indetta il futuro Carlo VII per celebrare il ducato di Berry, ultima resistenza al tentativo inglese di prendersi la Francia. Doveva essere niente più che il solito scontro tra virtuosi dell’arco, guerrieri di sangue nobile, provenienti dalle solite famiglie, quelle dei migliori appunto, il meglio dell’aristocrazia guerriera francese. Tutta gente che si conosceva benissimo. Doveva andare avanti dall’alba al tramonto, proseguì per oltre una settimana a causa del perdurare del risultato di parità tra i partecipanti.
Poteva essere una nuova disfida dei migliori, ma così non è stato. Perché in mezzo ai migliori, alla combricola dei più forti, dei notabili del pedale, vagava una sagoma lunga e secca, sormontata da un viso altrettanto lungo e altrettanto secco. Una figura in maglia bianca e nera, che nemmeno per passaporto faceva parte all’aristocrazia storica, o almeno moderna, del ciclismo. Michael Gogl rimaneva tra loro come un imbucato a un banchetto a cui non poteva o doveva partecipare. In mezzo a campioni del mondo, vincitori di Tour de France, di classiche e di decine e decine di corse, l’austriaco poteva esibire solo una vittoria in una corsa croata che si è disputata quattro volte appena e che nessuno ricorda più: il GP Laguna. Uno che non ha nemmeno il cognome importante e imperioso di chi ha facoltà di stare negli albi d’oro, ma che sembra una storpiatura di un motore di ricerca. Uno che non ha mai voglia di mollare, che nelle grandi corse o prova l’avventura disperata della fuga oppure si mette al servizio degli altri. Uno che però ha capito, nel 2018, che c’è un posto nel mondo nel quale si trova così bene da potersene fregare ampiamente del pedigree.
La prima volta che scese in Toscana per la Strade Bianche era proprio il 2018. Finì con una caduta, con qualche sassolino nella pelle e la sensazione “che una corsa così non l’ho mai fatta, una cosa straordinaria”, disse al Telegraph dopo il ritiro. Ritornò nel 2020 e finì nono. “Più che una corsa, è la corsa per me, l’evento dell’anno”, disse dopo aver superato il traguardo. “Non vedo l’ora che sia sabato. Mi sono preparato molto bene per questa gara, mi sento pronto. Ovviamente in una corsa così bisogna averne un po’ di fortuna o almeno nessuna sfortuna: forature, problemi meccanici ecc. quindi speriamo per il meglio”, ha ribadito a Cyclingpub ieri.
Sabato è arrivo, la Strade Bianche ha iniziato a girovagare per le crete senesi, il gruppo si è prima mosso compatto, poi disperso tra asfalto, ghiaia, polvere e campi. Tra Monteroni d’Arbia e Podere Casanuova, i primi screzi gregari. Tra Asciano e Torre a Castello, su per il Monte Santa Marie, quelli tra i più forti. Davanti in otto (c’era anche Quinn Simmons, che prima ha forato e poi è caduto), dietro una decina a inseguire, più indietro tutti i superstiti.
Gogl ha vissuto la testa della corsa, ha preso il vento prima che lo prendessero gli altri, tra gli abitudinari dell’avanguardia, dei primi posti, delle mani al cielo e delle coppe in bacheca. Ha visto Alaphilippe scattare sullo sterro di Monteaperti e fare fuori, almeno provvisoriamente, Van Aert e Pidcock. Ha visto il belga e l’inglese rientrare verso Colle Pinzuto. Ha visto van der Poel salutare tutti alle Tolfe, il campione del mondo ed Egan Bernal inseguirlo. E mentre tutto questo accadeva faceva la sua parte, cioè tirare, aprire il varco, stoppare il vento.

Van der Poel, Alaphilippe e Bernal non li ha più visti, hanno pedalato lontano dalle cattive compagnie sino a Siena. In piazza del Campo sono arrivati in quest’ordine.
Lui ha inseguito, ha sbuffato le salite, ha sorriso alle discese, si è messo in fila nell’assalto alla città. Ha visto scappare pure Van Aert. Ma ha chiuso sesto, dietro Pidcock e davanti a Pogačar. Non male per un imbucato a una festa.
[…] Aveva iniziato ancor prima di approdare nel professionismo, in maglia azzurra alla Milano-Torino. Lo ha fatto alla Clàssica Comunitat Valenciana, ma in privato, solo per il suo capitano Luca Pacioni: frangivento ed evitapericoli. Uno deve iniziare a capire come si muove il gruppo per anticiparlo. Lo ha fatto in piccolo alla Clasica de Almeria, ma in piccolo, qualche decina di chilometri di fuga di rimando, seconda occasione d’avanguardia. Lo ha fatto in grande alla Strade Bianche. Una settantina di chilometri a tracciare il passo sugli sterrati che rigano le crete senesi, polvere presa prima di tutti, minuti avanti a chi da lì a poco avrebbe deciso di decidere le sorti di tutti gli altri. […]
[…] avventurato spesso e volentieri a ricercare la sfida matta contro vento e gruppo. L’ha fatto alla Strade Bianche, l’ha fatto in molte corse a tappe, l’ha fatto domenica scorsa all’Amstel Gold Race, […]