
Il lungo addio di Thibaut Pinot
12/01/2023I rulli “sono la prima cosa che venderò quando sarà tutto finito”. Quel tutto è il ciclismo, la sua carriera ciclistica, sebbene per lui, per Thibaut Pinot, il ciclismo non è mai stato tutto, anzi. C’era tutto il resto prima della bicicletta, anzi accanto alla bicicletta. Non hanno mai prevalso però. È sempre stato un professionista il francese, uno che non ha mai fatto la vita invece di allenarsi, ma prima del ciclismo c’è sempre stato il suo mondo: la sua fattoria a Mélisey, Claire, i campi, le capre, la pesca, la natura, soprattutto la bicicletta, intesa come mezzo per esplorare i dintorni. Il suo sarà un lungo addio al ciclismo.
Altri nove mesi, fino a ottobre, fino al Giro di Lombardia, ultima corsa in maglia Groupama-FDJ, ultima corsa in generale. Nove mesi di addii e saluti, così “quando correrò, saprò, sapranno, che è l’ultima volta prima che mi vada a rifugiare nella mia tana”, ha detto ad Alexandre Roos dell’Equipe.
Adieu Thibaut. A ottobre però, perché prima c’è una stagione da correre ancora, l’ultima. L’ultima occasione per vedere l’effetto che fa pedalare in gruppo, cercare di staccarlo, di scrollarselo via di ruota. Un annuncio anticipato, catartico: “Sono davvero motivato a vincere il più possibile, a finire il più in alto possibile, farò di tutto per raggiungere i miei obbiettivi. Ho annunciato il mio ritiro in anticipo per essere libero da questo peso e potermi divertire senza pensieri in questi ultimi mesi”, ha sottolineato all’Equipe.
Non è una sorpresa. Era parecchio prevedibile che Thibaut Pinot a pedalare in gruppo non ci sarebbe invecchiato. Magari a pedalare da solo sì, ma con il numero sulla schiena giammai. È mai stato il tipo Pinot da folla. Anche quando era giovane e pieno di ambizioni di essere il primo francese dopo Bernard Hinault a non far uscire dalla Francia la maglia gialla del Tour de France, anche allora quando si trovava al centro dell’attenzione nel suo sguardo si intravedeva imbarazzo, il disagio di chi là in mezzo non ci voleva stare.
“Il ciclismo mi ha preso un terzo della mia vita e ora voglio dedicarmi alle mie altre passioni: gli animali, la natura. Ho sempre voluto creare cose da ciò che la natura ci dà, dal miele, coltivare i suoi frutti, le sue verdure, vedere cosa ci possono dare gli animali. Mi prenderò il tempo per mettere tutto a posto, voglio ancora fare sport. Vorrei fare più trail running o sci di fondo. Lo sport è importante per me che sono iperattivo”.

A trentatré anni (li compirà a maggio, ndr), dopo tredici stagioni da corridore professionista Thibaut Pinot la smetterà con le corse. Lo farà perché è ora, perché, in fondo, è giusto così.
“Perché mi sono reso conto che le fughe non mi entusiasmavano, il mio Tour e la mia Vuelta dell’anno scorso sono stati frustranti”. Perché “il mio sogno era vincere al Tour e ce l’ho fatta. L’altro mio sogno era vincere il Lombardia e da quando è successo (nel 2018), quella gara non aveva più lo stesso sapore. Da quando ho vinto in tutti e tre i grandi giri, sono meno ossessionato da tutto ciò. Avevo degli obiettivi, li ho raggiunti quasi tutti”.
Ora lo aspetta l’ultimo Tour, se dimostrerà di valerlo. Soprattutto l’ultimo Giro d’Italia, la corsa che più ha amato, quella che avrebbe voluto vincere. “La mia ultima immagine sul Giro è in ospedale (era il 2018, ndr). Anche se ci ho corso solo due volte, per me rimarrà la gara più bella. Non posso finire la mia storia al Giro con un ritiro in ambulanza”.
Non c’è ansia in Thibaut Pinot, non c’è paura del futuro o del cambiamento. E non c’è perché Thibaut Pinot è stato un corridore che non è mai stato un corridore. È stato un nostro specchio deformante, amplificava, mentre lo vedevamo correre, rincorrere, scattare e poi cadere, struggersi ritirarsi, tutte le nostre paure, le nostre ansie, le nostre idiosincrasie. Il Momento Pinot, l’imprevisto che arriva a guastare tutto, era ciò che temiamo nelle nostre vite, ciò che però ci tiene anche attivi, vivi, pronti a mettere in discussione tutto e ogni cosa, perché nulla può o dev’essere definitivo e per sempre, se non l’amore. Thibaut Pinot più che un atto di fede è stato un atto d’amore, un sentimento dolce, l’idea che a Calimero e Paperino potesse almeno un volta andare bene.
Manca l’ultimo romanzo, il tredicesimo.