
La banda del buco
12/03/2021 0 Di Giovanni BattistuzziCome fare a battere Van Aert e Van der Poel? Serve fantasia. Oggi ci ha provato la Deceunick con Stybar. Poi ha vinto Van der Poel
A Gualdo Tadino lo striscione d’arrivo della terza tappa della Tirreno Adriatico è posto al termine di una leggera salita di poco più di due chilometri. Duemila metri nei quali la strada non strappa mai a sufficienza per poter anche solo pensare a uno scatto, un allungo, insomma un qualcosa da scalatore o quantomeno da finisseur ascensionale. Roba da uomini veloci, mica da velocisti. A quelli, si sa, ormai si trova sempre un modo per rendere la vita difficile.
In un arrivo del genere, con la gente che c’è in gruppo, c’è solo una cosa da fare se non si ha in squadra uno di quei due, Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel, gente che seminano gli sprinter in piano, figurarsi con la strada che punta all’insù: giocare di immaginazione, di fantasia, insomma tentare il colpo gobbo.
Una squadra che vince molto non vince solo perché ha corridori di talento, molto spesso raccoglie trofei perché sa sfruttare la bontà dei propri uomini. La Deceuninck – Quick-Step è da anni che passa gli striscioni d’arrivo prima degli altri e non sempre con i corridori più forti in gruppo. Se ci riesce un motivo c’è. E questo motivo, molto spesso, è legato alla capacità dei belgi di scompaginare l’ovvio e agevolare l’effetto a sorpresa. Insomma, la capacità di mettere in pratica l’improvvisazione.
La prova, l’ennesima, di tutto ciò è andata in scena a circa settecento metri dalla linea d’arrivo di Gualdo Tadino. Zdenek Stybar era davanti al gruppo a prendere aria per Alaphilippe. Tutto poteva portare a pensare che lì dovesse stare per tirare la volata o al campione del mondo o, al limite, a Davide Ballerini.
E invece no.
Perché Alaphilippe ha rallentato, ha fatto il buco, ha provato a far saltare gli schemi. Stybar ha continuato ad andare, ché per uno come lui qualche decina di metri di vantaggio a settecento metri dall’arrivo avrebbero potuto pure essere sufficienti. Sarebbe bastato qualche secondo di incertezza da parte dei soliti due e il coup de théâtre sarebbe andato a buon fine. Wout Van Aert però non è tipo incerto e di farsi fregare non ha voglia. Si è messo subito a inseguire, incurante che alla suo ruota ci fosse il rivale di sempre.
Piuttosto lui, ma a far la figura del fesso non ci sto. E poi mi deve comunque superare, mica facile.
Van Aert ha inseguito Stybar, l’ha raggiunto, l’ha superato. Mathieu Van der Poel però era già partito, era diventato irraggiungibile.
La banda del buco non ce l’ha fatta. I censori del nord hanno annientato la fantasia, l’improvvisazione teatrale, hanno imposto la legge, la loro, quella del più forte.
Stybar ha chiuso quindicesimo, ma ha sorriso. Non male come idea, poteva andare meglio? Tant’è. Davide Ballerini è arrivato terzo, Julian Alaphilippe trentaquattresimo, ma comunque nel gruppo giusto, quello che ha chiuso allo stesso tempo con Van der Poel. Ha sorriso pure lui, ma dopo l’arrivo. Geraint Thomas ed Egan Bernal il buco l’hanno preso. E non sono i soli. Diciotto secondi che alla Tirreno-Adriatico possono pure fare la differenza tra la vittoria e un podio, tra un podio e un nulla di fatto.