Tour de France 2023. Le tappe, la guida

Tour de France 2023. Le tappe, la guida

28/06/2023 0 Di Redazione

Dal primo al 23 luglio si corre il Tour de France 2023. Piccolo viaggio tra le ventuno tappe che occuperanno i nostri pomeriggi. Le altimetrie e ciò che non possiamo proprio perdere


Forse è vero che la Francia dà il meglio di sé nelle tre settimane del Tour de France. Perché le tre settimane del Tour de France sono una grande spettacolo, di gente, di paesi tirati a festa che nemmeno il giorno della Festa nazionale. È andata sempre così, non cambierà tra il primo e il 23 luglio per il Tour de France 2023, edizione 110.

Poteva essere un’edizione più classica, soprattutto in vista della “sconvolgente” Grande Boucle del 2014, che ancora non è stata presentata, ma che partirà dall’Italia (ecco come sarà la tre giorni italiana), e non era mai successo, e terminerà a Nizza, e nemmeno questo era mai successo. Benedette o maledette Olimpiadi a Parigi, dipende da come uno la pensa.

Poteva, ma anche no. E infatti non è stato. E non è stato perché al Tour ora vige la fantasia ed è un bene la fantasia soprattutto quando si va in bicicletta e si fa una fatica bestia tra caldo e salite.

È da un anno che si aspetta il Tour de France. Ed è da un anno che si aspetta il Tour perché l’ultima edizione, quella vinta da Jonas Vingegaard è stata una dei più bei Tour de France di cui si ha ricordo, o almeno di quelli che le ultime generazioni di ciclisti hanno ricordo. Vingegaard e Pogacar si ritroveranno contro, non saranno i soli protagonisti e di tranelli in questa Grande Boucle ce ne sono parecchi.


Le tappe del Tour de France 2023

1a tappa: Bilbao-Bilbao, 182 km

Tour de France 2023 1a tappa

Contro il logorio del gruppo moderno, il Tour de France di mettere subito in chiaro che sarà difficile, piuttosto difficile. E che di trabocchetti ce ne saranno tanti, nemmeno i corridori si trovassero di fronte a un rompicapo di tre settimane. Colpa loro, pensano al Tour. Colpa loro che ambiscono al giallo della maglia di capoclassifica. Gialla è la maglia, gialla sarà la trama. A partire dal principio. Velocisti messi da parte, conteranno capacità sugli strappi e destrezza nel guidare la bicicletta e nel capire cosa fare. Si parte con 182 chilometri. Oltre quattro ore di concentrazione totale: nessuno vuole tornare a casa subito, nessuno vuole compromettere al via le successive tre settimane. Corrida.


2a tappa: Vitoria-Saint-Sébastien, 208,9 km

Siamo nei Paesi Baschi, si arriva a San Sebastian, anzi Donostia, per i francesi Saint-Sébastien – ce l’ha mica solo l’Italia il vizio di italianizzare i nomi -, e non se la sono sentiti all’Aso di non omaggiare ciò che di più notorio ha da offrire: il Jizkibel. E il Jaizkibel non lo si può tradurre o francesizzare: va bene così, cattivo e aggressivo come sa essere. Il Jaizkibel è una di quelle salite che se ne fregano di essere capite da quelli che si occupano di numeri. Soprattutto è un inganno. Non è troppo duro, non è troppo lungo, ma in un modo o nell’altro ti segna i muscoli. Lo farà anche al Tour.


3a tappa: Amorebieta-Bayonne, 187,4 km

Pirenei schivati, ma solo per ora. Arriveranno e arriveranno a breve. Il Tour de France 2023 concede un po’ di spazio ai velocisti. Nessuna ambizione gialla, se volata sarà, dovrebbe esserci, varrà solo per la gioia giornaliera, che pure è tanta roba lo stesso. Certo è che a Bayonne c’arriveranno più stanchi del consueto, per oltre metà del percorso sarà un continuo saliscendi e neppure troppo semplice, e un po’ sgranati. Nel finale servono compagni bravi a limare le ruote e capacità di non perdere le posizioni migliori.


4a tappa: Dax-Nogaro, 181,8 km

La tappa è semplice, l’incedere sarà probabilmente tranquillo, lunga attesa per un finale che, a parte qualche avventuroso parecchio ottimista, tutti considerano scontato. Sarà volata, ma serve capire che volata sarà. Gli ultimi chilometri sono in circuito, quattro curvoni e lungo rettilineo che tira tutto leggermente all’insù.


5a tappa: Pau-Laruns, 162,7 km

Overture basca terminata, spazio ai velocisti dato, il Tour de France si concede un bel aperitivo, uno di quelli che ti spalanca lo stomaco e ti fa salire il languore. Col de Soudet e Col de Marie Blanque. Così de botto. Subito e senza aspettare. Il Soudet è a metà tappa, dalla cima del Marie Blanque mancano 18 chilometri. Dopo la cima c’è un bel falsopiano per liberare la fantasia, poi una discesa dove se si è bravi si può pensare di guadagnare qualcosa. Gli ultimi sette chilometri sono tutti con la strada che sale leggermente. Che bello il Tour quando lascia spazio ai corridori di crearsi possibilità di darsi legnate. Sempre che lo vogliano. Perché possono pure evitare di dannarsi l’anima e aspettare l’indomani. Sarebbe un peccato però.


6a tappa: Tarbes-Cauterets-Cambasque, 144,9 km

E l’indomani è una bella mazzata di quelle che per cavarci qualcosa serve avere inventiva e coraggio. Perché se non si azzarda sul Col du Tourmalet, che è lontano certo, ma nemmeno troppo – la tappa è di 145 km -, restano poco meno di quattro chilometri duri sull’ultima salita, quelli che dal paese di Cauterets portano alla località Cambasque, lì dove si prende l’impianto di risalita per il Lys. Certo vale sempre chiedersi, ma chi glielo fa fare a dannarsi l’anima e le gambe per cinquanta chilometri invece che per cinque… neeee, non ce lo si chiede mai.


7a tappa: Mont-de-Marsan-Bordeaux, 169,9 km

Giornata da rilassamento per 166 chilometri. Strade tranquille, qualche su e giù perché si è comunque in Francia e la pianura pianura, tipo quella che conoscono i padani, non esiste nemmeno a inventarla. Poi poco prima degli ultimi tre chilometri c’è un ponte da prendere sulla Garonna. E i ponti francesi sono ben più complicati da prendere di quelli italiani, strade a ricciolo e sempre parecchio vento in cima. Non dovrebbe cambiare niente, ma meglio farci attenzione.


8a tappa: Libourine-Limoges, 200,7 km

Verso Limonges il problema per i corridori non sarà altimetrico, sarà di stomaco. Si sale si scende prima a destra poi a sinistra ancora su e ancora giù. Per circa settanta chilometri, gli ultimi, il gruppo dovrà affrontare un lungo e incasinatissimo serpentone di strade che a girarci tranquilli verrebbe da fare uau in continuazione. Loro però non avranno tempo di gustarsi il percorso e il contorno agreste. Jacques Anquetil amava ricordare una cosa, la stessa che diceva spesso Bruno Raschi a tal punto che per qualche anno si litigarono la paternità: “La vittoria in un Tour spesso la si costruisce nelle campagne”. Non era di nessuno dei due. La disse Renè Vietto almeno trent’anni prima di loro. E la disse perché lui regolarmente i Tour li perdeva in campagna.


9a tappa: Saint-Léonard-de-Nobalt-Puy de Dôme, 182, 4 km

Benedetto Puy de Dôme, maledetto Puy de Dôme. Ci sono intere generazioni di appassionati di ciclismo che non hanno mai visto salire i corridori verso la cima del fu vulcano, eppure sanno tutto di questo fu vulcano. Delle sfide, delle crisi, del perché era, è, magnifico. Il Puy de Dôme è tornato. I corridori, forse, sono stati meno felici di doverlo affrontare.

Vabbé, piccolo assaggio:


10a tappa: Vulcania-Issoire, 167,2 km

Arriva in ogni corsa a tappe di tre settimane il giorno dove non ci si capisce niente. Al Tour è il giorno dopo il primo riposo, tra Vulcania e Issoire. Non è un tappone, questo no. Eppure si sale molto: tremila metri di dislivello senza una salita lunga, senza uno strappo verticale. È una tappa a logorio lento. Se viene corsa tranquillamente sarà fuga o volatina. Se qualche squadra avrà idee bellicose, beh in quel caso ci divertiremo molto molto. Più probabile la prima ipotesi.


11a tappa: Clermont-Ferrand-Moulins, 179,8 km

Di birbanti in gruppo ce ne sono e parecchi. E pure di gente che non ha paura di nulla, nemmeno di sfidare il gruppo contro ogni pronostico, sono ciclisti d’altra parte. Verso Moulins però c’è poco da sperare. L’inizio promette bene, il finale è buono per le rincorse.


12a tappa: Roanne-Belleville-en-Beaujolais, 168,8 km

Il Beaujolais è terra di ottimi vini e di colline sinuose e invitanti. Ma questo ora, perché prima, un tempo “era territorio d’elezione per furfanti e gente dalla feroce volontà al brigantaggio. Terra per questo piena di meravigliosa gente di tempra e inventiva”, scriveva lo scrittore Gabriel Chevallier. Vale la pena sperare che possa tornare a essere così nel ciclismo. Dal chilometro 104 al chilometro 156 c’è spazio per inventarsi molto. Ci sono però il Massiccio del Giura l’indomani e le Alpi vicine. Si vedrà.


13a tappa: Chatillon-sur-Chalaronne-Gran Colombier, 137,8 km

Terzo arrivo in salta, primo con molti chilometri da fare. Il Grand Colombier è salita lunga, con due tratti molto duri e un finale pedalabile prima del piccolo muro finale. Grandi distacchi? Probabilmente non ci saranno, anche se… anche se si menerà duro all’inizio qualcosa di bello potrebbe accadere. Se non in cima per i prossimi giorni. La prima salita dura della seconda settimana regala spesso, sempre?, qualche sorpresa.


14a tappa: Annemasse-Morzine, 151,8 km

A pensarci con il senno del poi, è sempre facile pensare con il senno del poi, è un peccato che il Col de Joux Plane sia stata scoperta tardi dalla geografia del Tour: era il 1978. Gli anni Ottanta furono la grande decade del Joux Plane, poi apparizioni e sparizioni. Nel 1997 Marco Pantani ci fece un capolavoro. C’è mica solo il Joux Plane però, perché prima c’è tanto da salite, il Col de la Ramaz su tutti. In totale ci sono quattromila metri di dislivello.


15a tappa: Les Gent Les Portes du Soleil-Saint-Gervais Mont Blanc, 179 km

Tanta salita, molte non indimenticabili, qualche spazio vuoto, un finale duro, ma nemmeno troppo lungo. E allora serve fantasia in questo seconda giornata alpina. Mica male la fantasia, è ciò che riesce a trasformare una tappa che può essere interlocutoria, un attesa degli ultimi chilometri, in una tappa indimenticabile. Di spazio ce n’è, ma serve scorgerlo e sfruttarlo.


16a tappa: Passy-Combloux, 22,4 km

Mica è da quest’anno che al Tour sono venute in antipatia le cronometro, è così da tempo. La terza settimana si apre con ventidue chilometri contro il tempo, con molte curve e molto concentrate, due tratti veloci e poi una salita finale di circa sei chilometri, due e mezzo di questi parecchio duri. In un ciclismo dove gli specialisti sono anche quelli che vanno forte in salita ci sta. Ci starebbero proprio per questo qualche decina di chilometri in più, ma non ci sono e quindi tant’è.


17a tappa: Saint-Gervais Mont-Blanc-Courchevel, 165,7 km

Il ritorno oltre i duemila metri arriva nell’ultima tappa alpina. Dopo il debutto pandemico del 2020 il Tour ritorna sul passo che collega gli impianti sciistici di Méribel e Courchevel, ossia tra le due località più fighette d’Oltralpe. I ciclisti fortunatamente sono ancora lontani dal fighettismo sportivo e rimangono abbastanza refrattari a ciò che frega ai turisti facoltosi. Non vedono i frizzi e i lazzi della città trasferita sulle pendici montane, ma vedono un colle lunghissimo, negli ultimi sei chilometri durissimo. Prima del Col de la Loze ci sono tre salite, buone per affaticare gambe e teste. Tra queste il Cormet de Roselend, altra ascesa che sembra infinita: venti chilometri con il naso all’insù.


18a tappa: Moutiers-Bourg-en-Bresse, 184,9 km

Dopo le Alpi ritorna il piano. Qualche saliscendi c’è, ma niente di che. È un invito ai velocisti a rimanere in gruppo, ma non è detto che siano i velocisti a sfruttare l’occasione. Il Tour ritorna agli anni Novanta, a quando dopo le salitone c’era spazio per le fughe.


19a tappa: Moirans-en-Montagne-Poligny, 172,8

Si potrebbe fare copiaincolla di quanto immediatamente sopra.


20a tappa: Belfort-Le Markstein, 133,5 km

Dopo Pirenei, Massiccio Centrale, Giura e Alpi, mancavano soltanto i Vosgi a completare le cinque catene montuose francesi. Potevano mancare? Certo che sì, ma anche no. È sempre meglio che ci siano i Vosgi al Tour, d’altra parte sono stati i primi a essere scalati nella storia della corsa. In corsa non si superano i 1.250 metri, ma non è qui l’altitudine a fare la differenza, sarà caldo e fatica. Il primo lo decide il meteo, la seconda ci sarà a prescindere dal meteo. La ventesima tappa ha meno fascino delle altre di montagna, ma è una tappa di montagna coi fiocchi. Forse è un filo corta, ma negli ultimi 35 chilometri ci sono due salite da mal di gambe.


21a tappa: Saint-Quentin-en-Yvelines-Parigi, 115.1 km

Finale classico agli Champs Élysées. Dovrebbe essere volata, è sempre andata così. Poi brindisi, champagne, saluti e arrivederci all’anno dopo. Sarà la solita bella festa, sempre velata di malinconia.