
Tra i luoghi di Mikel Landa
13/05/2021Daniele Bennati, che è uno dei pochi signori del ciclismo, nel giorno di riposo di un Tour mi telefona per un saluto. Divide la camera con Mikel Landa, sapendo che sono un produttore di vino e loro due dei buoni appassionati, finiamo a parlare di Brunello del comune amico Paolo Bianchini di Ciacci Piccolomini D’Aragona, di Prosecco citando Marzio Bruseghin e dei vini delle Asturie e del Nord confinato della Spagna. Li saluto e do un in bocca al lupo ad entrambi.
È il 2018 La Movistar punta al Tour de France con Quintana e Landa. Bennati è stato selezionato per orchestrare la squadra e guidare Nairo nel traffico delle tappe piatte e gli arrivi affollati. Valverde presente come il solito. La corsa finisce con il trionfo di Thomas e dominio Sky. La Movistar piazza i due leader nella Top10. L’ultimo Tour corso così programmando tutto, dall’anno successivo spazio ai giovani e agli imprevisti.
Nel mese di settembre, ricordando la telefonata, Landa si fa dare il mio numero di telefono da Bennati e mi chiama chiedendomi di acquistare del vino. Nasce così una bella amicizia con uno dei corridori più simpatici e dico anche sfortunati del panorama professionistico. È a casa a riposo forzato per essere caduto a San Sebastian con la frattura di una vertebra che lo ha costretto a rinunciare alla Vuelta. Ci mettiamo d’accordo e lo vado a trovare a Bilbao in pieno inverno.
I Paesi Baschi mi hanno da sempre affascinato, terra di confine e strana, una lingua tutta loro e paesaggio ostico e ventoso, piove sempre. Sembra di stare nel nord Europa. Ci abita Paxi Vila molto amico di Bruseghin e tecnico preparatore in Tinkoff e BORA-hansgrohe. Una brava persona e molto preparata. Un vino di Bruseghin si chiama Amets, sogno, e chiamato così in onore della sua amicizia con Paxi. Bruss è padrino anche di sua figlia.
Qui sembra che tutti vadano in bici e giochino alla “Pelota Basca”.
Arrivo a Bilbao verso le 12, prendo un taxi e vado in centro città. Cammino per le vie un po’ a caso, tanto Mikel si sta allenando e lo incontrerò verso le 16. Qui non si pranza agli orari che noi consideriamo normali, i ristoranti aprono verso le 14, forse dopo. Cosi non mi resta che aspettare. Faccio un giro al Guggenheim e al palazzo futuristico in titanio dell’architetto Frank Gehry. Di sicuro una delle opere più d’effetto di tutta Europa, una di quelle che ha cambiato la città di Bilbao e dei Paesi Baschi rendendoli punto nevralgico della creatività internazionale.
Più tardi ci troviamo, viene a prendermi con la sua nuova macchina e iniziamo a parlare di tutto come nulla fosse, come amici che si conoscono da anni. Parla bene l’italiano. Mi porta alla scoperta dei Paesi Baschi, ma solo nelle valli dove abita lui, la famiglia e i suoi amici. Va a Pamplona o San Sebastian solo per correre le gare, ma tutto il resto del tempo lo passa nei pressi di Bilbao.
I Paesi Baschi sono chiamati cosi perché sono tanti territori, parlano tutti il Basco, l’Euskaldun, ma di fatto sono tante comunità tra loro separate. E questa separazione il popolo la rispetta.
Landa vive nella provincia di Alava o Araba, nel villaggio di Murgia o Murguia, capoluogo di Zuia e di Quadrilla de Zuia. Il centro è bello e curato, la via principale si chiama Sautu e il fiume Goba divide il centro da El Barrio de la Cruz creando di fatto due paesi. Mikel ha una casa sua e i genitori abitano poco lontano. Una taverna dove invita gli amici più stretti con tutta la collezione di trofei vinti nelle varie corse.
Ama il Giro d’Italia (mercoledì 12 maggio il suo Giro tanto agognato è finito anzitempo a causa di una caduta) e qui conserva i ricordi più belli e le bottiglie del prosecco Astoria sponsor della corsa rosa. Alle pareti le foto delle vittorie, le varie maglie di miglior scalatore nel 2017 e della combattività sempre in quella edizione. Di fianco la sua officina dove aggiusta le bici. Fa collezione di bici da corsa vecchie, dove le trova le porta a casa e le ricostruisce. Ha passione per la meccanica. Sopra il traliccio porta-bici c’è una foto del suo passaggio allo Stelvio durante il Giro.
Prendiamo la macchina prima che faccia buio e andiamo nelle campagne attorno. Tira vento e inizia a piovere. Tante stradine strette in mezzo a prati e boschi, pascoli ovunque. Sembra di essere nelle Fiandre Occidentali. Stesso clima e stesso ambiente. Stesse persone diffidenti. Solo che qui non esiste la pianura.
Andiamo a trovare suo zio. Ha una stalla con mucche da latte, nei dintorni invece allo stato brado ci sono decine di Betizu. Famiglia di contadini, Mikel quando è lontano dalle gare sta qua con loro e dà una mano in azienda. Con suo cugino, che, incuriosito, gli chiede chi sono. Beviamo qualcosa assieme e mi raccontano squarci di vita agreste. Pensano che io sia cittadino, ma spiego che lavoro in agricoltura e quindi l’ambiente rurale mi piace e lo conosco bene. Ogni tanto vengono in Italia, a Reggio Emilia. Chissà perché, affinità territoriali. Lasciamo la compagnia e ci dirigiamo nel sito di orgoglio della provincia, il Santuario de Oro. La strada si inerpica per qualche chilometro, molto dura. Landa mi dice che è il suo test preferito per capire se le gambe ci sono.
Il paesaggio si fa aspro e roccioso, improvvisamente boschi e prati non ci sono più. Sopra si erge questo santuario da cui si vede tutta la bellezza della Gorbeia, il polmone verde dei Paesi Baschi. Mi dice che è il posto preferito di chi fa arrampicata, ma anche per chi va in bicicletta ed è scalatore. Entriamo nel Santuario, molto bello, penso che tutti i matrimoni baschi siano consacrati qui. Scendiamo a valle, è nella settimana disintossicante.
Sorseggia spesso un succo detox. Lo fa per smaltire le tossine di una stagione e per recuperare in vista della nuova che verrà. Non ama andare nei ritiri di squadra, lontano da casa. Preferisce rimanere qui, si allena con i suoi orari, si riposa, vede qualcuno. Parte da solo, lungo la strada incontra gli amatori dei vigili del fuoco che pedalano forte, assieme a loro fa una parte dell’allenamento poi prosegue da solo, gli altri mollano prima e rientrano. Quando qui fa proprio freddo allora va alle Canarie, partirà infatti fra qualche giorno.
Mi racconta di Nairo Quintana che è molto simpatico e allegro. Dalle espressioni che vediamo non si direbbe molto. Eppure fuori dalle gare, lontano dalle telecamere è un’altra persona, un uomo molto spassoso. Valverde è un campione. Non lo dice apertamente ma si capisce che ne ha ammirazione. Uno che va in bicicletta ogni volta che può, tutto l’anno. Al mattino l’allenamento e a volte al pomeriggio le kermesse con gli amatori della sua città a fare volate, inseguimenti e pazzie varie. Sempre a tutta. Don Alejandro è il simbolo dei corridori spagnoli. Dice che non sa se riuscirà a trovare gli stimoli per fare quello che fa il Bala.
Mi parla poi di Pello Bilbao, sono molto amici, saranno compagni di squadra qualche anno dopo. Gli chiedo quale sia il suo programma, spera di ritornare al Giro e di impostare cosi la stagione. Purtroppo sappiamo che al Challenge di Mallorca gara inziale cade e riporta una frattura alla clavicola e resterà lontano dalle corse per un po’. La sfortuna lo perseguita ormai da mesi. Rientra alla Coppi e Bartali con una bella vittoria e arriva quarto al Giro sfumando il podio nell’ultima tappa a cronometro. Sono le 20, io sono abituato alla cena, ma da queste parti si lavora ancora e i ristoranti sono chiusi.
Mi presenta suo fratello. Un ragazzotto pieno di forza, contadino anche lui con la passione di fare birra. Ha messo in piedi un luppoleto e si completa la sua filiera produttiva. Mikel mi racconta che sta aiutando suo fratello che in questo momento di vita è in difficoltà e gli sta dietro. Ho visto un animo gentile e altruista in Landa, preoccupato ma anche fiducioso. Mi chiede se a cena può venire anche lui, e gli dico che va benissimo.
Arriva cosi il momento di cenare. Mikel prenota in pieno centro Bilbao in un bel locale tipico. D’obbligo i Pintxos e i Gildas. Lui si limita a verdure bollite, ho sbagliato settimana. Ma io e suo fratello non ci perdiamo in troppe sofisticherie. Passiamo poi alla vera bistecca, la Chuleta con la Pipperada. Il tutto con il Txakoli, il vino della zona. È un bianco molto particolare, salato come il mare, ricorda il territorio, sferzante e rugoso. Non strutturato, ma snello e molto minerale. Buono, e bella prima esperienza.
Chiudiamo la serata con il suo progetto, la Fundacion Euskadi. Il progetto romantico della squadra di ciclismo basca. Era una delle formazioni professionistiche più interessanti l’ Euskatel, presente al Tour per tanti anni: anima, bandiera, simbolo di quel popolo e di quel territorio, arancione di colore che tutti sapevano distinguere. È finita nel 2013. Ma Landa piano piano e senza troppo clamore l’ha ritrovata e ricostruita. Con amici e imprenditori locali ha iniziato a tessere una fitta rete di relazioni e a trovare forza per far ripartire la squadra. Una ventina di giovani baschi e Mikel presidente.
Il suo “Amets” è finire la carriera nella squadra di casa sua che lo ha lanciato. Me ne parla con grande entusiasmo, Orbea il marchio locale sarà la bici del team. Punta alla licenza World Tour in pochi anni. Va avanti nei dettagli dell’importanza di avere una struttura sportiva tutta basca e della rilevanza sociale. Ogni tanto guardo il fratello che disinteressato alla questione continua a mangiare della Pantxineta, il dolce tipico. È tardi per Mikel che domani ha qualche ora da passare in bici.
Torniamo verso la macchina e per strada si ferma in una specie di anfiteatro con una parete alta. Stanno giocando con delle racchette strane lanciando la palla sul muro. E’ la famosa “pelota basca” o Euskera. I Pelotari giocano nel cancha di 64 metri. Questa volta siamo allo scoperto e allora il muro è il fronton. Ogni parte chi si giri qui ci sono fronton ovunque, bianchi o rossi, tutti della stessa forma con la parte superiore a semicerchio. Landa mi spiega che per loro è il simbolo nazionale come i taxi a Londra. Ci facciamo una risata. E li saluto.
Mi faccio un giro per la città prima di rientrare in albergo e ripenso alla giornata.
Una bella persona Landa. Niente giornalisti, niente business, lui sta bene nel suo territorio e nelle sue cose.
La mattina dopo vado in aeroporto per un volo che mi porta a Monaco in Germania. Mi arriva un messaggio con una foto del Santuario de Oro. Landa ci era appena arrivato in cima e mi ha salutato cosi. Non gli ho chiesto se le gambe giravano, è appena fine Dicembre è presto ancora per sapere. Ma di sicuro era contento. Ci siamo rivisti lungo le strade del Giro qualche mese dopo.