Berdymukhamedov, l’ex dittatore in bicicletta

Berdymukhamedov, l’ex dittatore in bicicletta

16/03/2022 0 Di Giovanni Battistuzzi

Il Turkmenistan cambia presidente. Gurbanguly Berdymukhamedov lascia il posto a suo figlio. La testimonianza di Hanzhal Sarkisyan


L’Ashgabat Sports Complex Velodrome è uno tra i più veloci e performanti velodromi al mondo.

Cosa ci fa un impianto del genere in un paese, il Turkmenistan, nel quale secondo la Commissione economica e sociale dell’Onu per l’Asia e il Pacifico almeno il 21,8 per cento della popolazione viveva nel 2018 ancora sotto la soglia di povertà (ora la percentuale è dello 0,2, ma nessun ente internazionale ha potuto confermare i dati diffusi dal governo centrale)?

Merito, o meglio colpa, di Gurbanguly Berdymukhamedov.

Non esiste un solo Gurbanguly Berdymukhamedov, ne esistono tanti. Tanti quante le infatuazioni sportive di questo dentista diventato presidente (e dittatore). E anche solo a prendere il Gurbanguly Berdymukhamedov presidente (e dittatore) ne verrebbe fuori un ritratto composito, forse scomposto, cubista, uno nessuno centomila.

Anzi, il Gurbanguly Berdymukhamedov presidente (e dittatore), da domenica 13 marzo non esiste più, non s’è neppure presentato alle elezioni, dove era solito prendere oltre il 90 per cento dei consensi. A essere stato eletto è stato Serdar Berdymukhamedov, che di Gurbanguly Berdymukhamedov è figlio, ma con “solo” il 72,97 per cento dei voti.

Se il presidente (e dittatore) è stato superato dalla storia, a rimanere sono tutte le altre facce.

Perché c’è il Gurbanguly Berdymukhamedov che si è fatto da solo, che ha scalato la gerarchia politica grazie al merito (o così almeno ha detto di sé). C’è il Gurbanguly Berdymukhamedov che dalla cura dei denti è passato alla cura degli uomini. C’è il Gurbanguly Berdymukhamedov presidente antidemocratico e crudele. C’è quello cantante e musicista.

C’è poi il Gurbanguly Berdymukhamedov uomo pacato e di mondo, uno che parla con le più alte istituzioni sportive e ha sempre buone idee e soprattutto buoni argomenti a suo favore: cioè sponsorizzazioni e ingaggi.

C’è il Gurbanguly Berdymukhamedov sportivo che dà consigli per tenersi in forma, che adora l’aria aperta. E quello appassionato passato dalle auto veloci ai cavalli e poi planato per inclinazione personale e passione totalitaria, alla bicicletta. Non erano le biciclette dei cavalli d’acciaio?

Ci si può fare poco quando l’amore divampa e fa muovere i pedali. Chi pedala lo sa benissimo (per tutti gli altri qui lo si prova a spiegare). Ci si può fare poco quando questa passione diventa vivissima e ti porta a fare scelte che in un modo o nell’altro la mettono al centro della propria vita.

Un cittadino magari decide di alzarsi presto per andare a correre, spesso eleva la bicicletta a mezzo principale di trasporto. Un politico può cercare di convincere altri politici a supportarlo, a cercare di migliorare la viabilità per dare alla bicicletta lo spazio che merita all’interno delle strade. Un presidente, magari non proprio democratico, può fare ben di più. D’altra parte è nelle sue “facoltà”.

E così il Turkmenistan, o meglio la capitale Ashgabat, si è trasformato in questi anni in un luogo dove andare in bicicletta è piuttosto agevole. Le infrastrutture sono tante e ben progettate, le biciclette hanno la precedenza sulle auto in strada e il governo offre sgravi fiscali a chi sceglie di pedalare.

E poi ci sono parate in bicicletta, giornate in bicicletta, giornate della bicicletta.

Tutto magnifico, non ci fossero in mezzo un grosso problema di libertà di stampa, che praticamente è inesistente. Anche perché, come evidenzia Reporters sans frontièresche inserisce il Turkmenistan al 178esimo posto (su 18) della classifica sulla libertà di stampa – “il governo controlla tutti i media e i pochi utenti di Internet sono in grado di accedere solo a una versione di Internet altamente censurata in quanto c’è un solo provider di accesso a Internet”. E questo non è tutto perché “continua a crescere il numero di intimidazioni nei confronti dei pochi giornalisti che lavorano clandestinamente nel paese. Negli ultimi anni, molti di questi giornalisti sono stati arrestati, torturati, aggrediti fisicamente o comunque costretti a smettere di lavorare”.

E poi anche un piccolo problema di rispetto dei diritti umani, visto che “il governo punisce brutalmente tutte le forme non autorizzate di espressione religiosa e politica”, “tortura e maltrattamenti restano parte integrante del sistema carcerario del Turkmenistan”, le persone continuano a scomparire e “non sono ammessi gruppi indipendenti di monitoraggio dei diritti umani”, segnala Human Rights Watch.

All’Uci però tutto questo è sembrato abbastanza importante, dato che aveva affidato al Turkmenistan l’organizzazione dei Mondiali di ciclismo su pista del 2021. Solo la pandemia di Covid-19 li ha spostati a Roubaix. Ah, la pandemia in Turkmenistan non esiste e che non è mai esistita.

“Gurbanguly Berdymukhamedov è un dittatore e come tutti i dittatori è stato crudele, terribile, feroce. Allo stesso tempo è un politico che, quanto meno a proposito di biciclette e di mobilità, ha ben chiaro cosa fare. Il Turkmenistan è un controsenso. Un paese isolato e terribile, eppure capace di avere uno slancio moderno, anzi iper moderno, in fatto di ciclabilità”, dice a Girodiruota Hanzhal Sarkisyan, ex collaboratore di Berdymukhamedov, da qualche anno fuggito all’estero perché inviso al leader turkmeno.

Sarkisyan, che a lungo a vissuto in Danimarca, è stato uno degli uomini che hanno contribuito a modernizzare il sistema viario della capitale Ashgabat.

“La sua passione è autentica, non si tratta solo di sportwashing, come ho letto parecchio in giro. È qualcosa di più complesso. È veramente convinto che la bicicletta possa essere l’avvenire, che attorno alla bicicletta si baserà una buona parte dell’economia del futuro e che questa sia una delle frontiere del progresso. Il problema è che porta avanti qualcosa di meritorio in un sistema politico fondato sulla paura”.

Un problema non da poco. “Soprattutto perché, ed è il punto centrale della questione: ci può essere progresso senza diritti? O meglio ci può essere progresso disprezzando i diritti umani?”.

La domanda di Sarkisyan si allarga anche ad altre realtà. “Dal Turkmenistan sono fuggito, ho trovato ospitalità altrove, anche perché me la sono potuta permettere. In questo altrove devo dire però di avere visto che spesso i ciclisti godono di minori diritti degli automobilisti. Le auto sono prevaricatrici tanto quanto lo può essere un presidente che usa metodi dittatoriali“.

Berdymukhamedov l’ex dittatore in bicicletta alle biciclette i diritti gli ha dati, il problema è che si è dimenticato di quelli degli uomini.