
Tadej Pogačar e le sorprese non richieste
23/02/2021Stessi protagonisti, stessa latitudine, un anno dopo. In cima al Jabel Hafeet gli occhi di Adam Yates guardano ancora la schiena di Tadej Pogačar. La scena è la stessa, la disposizione scenica pure non fosse per l’assenza di Alexey Lutsenko di dodici mesi fa e le mani alzate dello sloveno oggi.
Era il 27 febbraio un anno fa quando l’UAE Tour arrivò (per la seconda volta in pochi giorni) in cima alla montagna al confine con l’Oman. Mancavano due tappe alla conclusione della corsa, frazioni che non vennero mai disputate: la pandemia investì il ciclismo negli Emirati Arabi. La scena fu assurda: un’intera carovana “reclusa” in due alberghi. Due casi sospetti, due positività prima date per certe e poi rientrate, la paura del contagio, la corsa sospesa e poi annullata, l’isolamento in stanza. Giorni sospesi che così raccontò il giornalista Rai Stefano Rizzato a Girodiruota.
Era tutto nuovo allora. Il ciclismo stava prendendo le misure al nuovo coronavirus e la sospensione del calendario era ancora uno spauracchio che sventolavano solo i più catastrofisti. In quel caso però ebbero ragione. Tutto fu sospeso davvero, marzo non vide la primavera a Sanremo, aprile non ebbe la sua settimana santa tra nord della Francia e Fiandre, le strade di maggio rimasero sgombre dalle biciclette al Giro e quelle di luglio da quelle del Tour.
Era tutto nuovo allora. Come quel ragazzino che in bicicletta sapeva stupire per tigna e forza e che nel giro di pochi giorni capì cosa non andava fatto per vincere nel ciclismo. Al primo arrivo sul Jabel Hafeet, Pogačar finì un minuto dietro a Yates per un piccolo fuorigiri dopo essersi fatto sorprendere. Al secondo arrivo in salita, non si fece sorprendere, dosò bene le forze, regolò i compagni d’avanguardia in volata. A settembre fece ancor meglio: vinse il Tour de France dopo una sorprendente rimonta nella cronometro che portava in cima alla Planche des belles filles. Che fosse forte Pogačar lo sapevano in tanti, che avesse talento lo si era già percepito prima della Vuelta del 2019, che potesse stare tra i cinque di una grande corsa a tappe alla sua seconda stagione tra i professionisti lo sospettava più di qualcuno, che potesse vincere era qualcosa di poco probabile. Le probabilità nel ciclismo però contano il giusto, le pedivelle vanno fatte girare e la strada spesso offre racconti dal finale non scontato.
Quest’anno il ciclismo si accontenterebbe anche di un racconto banale, senz’altro con meno sorprese pandemiche.
Dagli Emirati arabi è iniziato, in ritardo, il calendario World Tour. Doveva partire dall’Australia, ma il Tour Down Under e la Cadel Evans Great Ocean Road Race hanno dato appuntamento al 2022 prendendosi l’anno sabbatico che si erano risparmiati l’anno scorso. L’UAE sinora ha detto quello che andava detto: che battere Mathieu Van der Poel è cosa dura; che al momento più gagliardi Filippo Ganna a cronometro non ce ne sono; che Tadej Pogačar in salita sarà un esame che dovranno superare tutti quelli che hanno in testa di vincere un grande giro.
Non è mai stato così bello non assistere a sorprese.
[…] le misure al nuovo se stesso, ha iniziato a rendere conto a sé prima di rendere conto ad altri. Oggi in cima al Jabel Hafeet al UAE Tour 2021 non ha seguito Tadej Pogačar e Adam Yates, “avevano un altro passo”, ha scelto di […]