Ritorno al velodromo. La scommessa della Uci Track Champions League

Ritorno al velodromo. La scommessa della Uci Track Champions League

03/12/2021 0 Di Giovanni Battistuzzi

Il ciclismo su pista sembrava sparito dai radar del grande pubblico. Eurosport ha deciso che l’ora di un suo ritorno era arrivata. Un nuovo linguaggio per un antico spettacolo


La prima volta che Édith Piaf entrò in un velodromo, il Vélodrome d’Hiver a Parigi, lo fece per caso e soprattutto per costrizione. “A quel tempo Boris (Vian, ndr) continuava ad ascoltare e a parlare di un bluesman americano che secondo lui era una sorta di divinità musicale. Quando scoprì che sarebbe venuto qualche giorno a Parigi e che aveva una passione sfrenata per il ciclismo su pista, mi trascinò al Vel d’Hiv per fargli la posta. Gli voleva parlare e convincerlo a suonare a Saint-Germain-des-Prés. Passammo due giorni là dentro a vedere biciclette. Tutto andò bene. Boris lo incontrò e lo convinse a suonare da lui e io capì che il ciclismo su pista era qualcosa di affascinante” (qui una piccola guida per capire quali sono le discipline del ciclismo su pista e qui una piccola guida letteraria per addentrarsi nel grande spettacolo dei velodromi).

La cantautrice oltre ad appassionarsi di ciclismo, si innamorò, ricambiata, di Louis Gérardin, uno dei più forti (ed eleganti) pistard degli anni Trenta e Quaranta, che durante gli anni Cinquanta ancora correva e “faceva battere il cuore ciclistico francese”, scrisse di lui Pierre Chany su Ce Soir.

Erano quelli gli anni della grande infatuazione per la pista. Gli anni delle centinaia di riunioni su pista (ossia piccole gare ad inviti con un numero variabile di specialità – dall’inseguimento alla velocità – che solitamente mettevano contro i grandi campioni della strada con gli specialisti della pista), “degli spalti pieni di gente, sigarette accese e intelletti ardenti di voglia di scoprire e di ciclismo”, o così almeno li descrisse Jean Cocteau, habitué del Vel d’Hiv.

Quando il ciclismo su pista occupava gli autunni e gli inverni degli appassionati

Anni nei quali gli inverni erano scanditi dalle Sei giorni, nome proprio di arco temporale in bicicletta: sei giorni di gare in un velodromo, solitamente da corrersi in un arco di sei ore al dì, solitamente a coppie o a trii impegnate a darsi battaglia in molteplici discipline.

Anni nei quali i velodromi erano animati tutto l’inverno “e ci si andava anche solo per un bicchiere di vino, che sicuramente qualcosa da vedere lo si trovava. E se anche la pista era vuota, beh qualcuno sugli spalti da farci due chiacchere non mancava mai”, raccontò il regista Alain Resnais.

La grande fuga dai velodromi

Altri anni. Delle grandi Sei giorni l’unica a essere sopravvissuta e rimasta in salute è quella di Gent.

Un’altra epoca. Che sembrava andata, persa per sempre. Piano piano i velodromi si erano svuotati: prima di pubblico, poi di passione. La strada aveva fagocitato metro dopo metro la pista e per quest’ultima non sembrava esserci più via di scampo. Resisteva solo lì dove non poteva non resistere: tra Belgio e Paesi Bassi, e nemmeno ovunque, in quei paesi che potevano rinunciare a tanto, ma mai a un velodromo.

Poi per sommo caso della vita la passione si riaccese lì dove era sparita oltre un secolo prima. Nell’Inghilterra delle grandi esplorazioni in bicicletta di fine Ottocento e delle tribune stracolme di gente dei primi decenni del Novecento per vedere i cavalli d’acciaio affiancarsi ai cavalli negli ippodromi, le biciclette tornarono a girare in tondo negli ovali. E uomini e donne iniziarono a seguirle pian piano, comodamente seduti su seggiolini nuovi, dentro un moderno tempio pagano dedicato alla velocità, in una terra che ai pedali aveva sempre preferito i palloni, soprattutto quello sferico: Manchester.

Picture by Will Palmer/SWpix.com – 27/11/2021 – Cycling – UCI Track Champions League, Round 2: Panevezys – Cido Arena, Panevezys, Lithuania

L’inaugurazione del velodromo di Manchester nel 1994 fu uno spartiacque: l’Europa tornò a ricordarsi della pista e i velodromi tornarono a essere luoghi che potevano essere vissuti e non solo dei sacrari dove ripensare a cosa si aveva perduto.

Dal 1994 a oggi gli appassionati della pista in Europa sono cresciuti costantemente, anche se di percentuali minime. L’acqua però quando scorre scava piano, a volte impercettibilmente, e soprattutto non marcisce.

Dal 1994 a oggi qua e là nel vecchio continente hanno provato a velocizzare il moto dell’acqua con qualche grande evento, con qualche idea considerata geniale, ma che poi geniale non si è rivelata. L’idea partiva sempre dalla pista e in pista rimaneva. Un problema di linguaggio: si può mica parlare con qualcuno che non conosce, o non ricorda più, l’alfabeto minimo per comprendere cosa si dice. E il linguaggio della pista non è immediato.

Serviva qualcos’altro. E questo qualcos’altro era, in primis, un nuovo linguaggio.

L’Uci Track Champions League

Quest’anno il nuovo linguaggio, un dialetto semplificato dell’antica lingua della pista, lo ha iniziato a far parlare Eurosport Events, che prima ha convinto l’Uci a puntare seriamente sulle corse nei velodromi e poi ha organizzato l’Uci Track Champions League, che è in pratica una rivisitazione molto più veloce, molto più colorata e ritmata delle vecchie riunioni su pista.

Picture by Will Palmer/SWpix.com – 27/11/2021 – Cycling – UCI Track Champions League, Round 2: Panevezys – Cido Arena, Panevezys, Lithuania

Soprattutto è un cambio di prospettiva. Non è più la televisione ad adattarsi ai ritmi del ciclismo su pista, ma è quest’ultimo ad adattarsi alla tv: si fa tutto in due ore e mezza. Il che vuol dire: meno discipline (ne rimangono quattro: Sprint, Keirin, Corsa a eliminazione e Scratch); meno chilometri da percorrere nelle cosiddette prove di endurance; meno corridori in pista e tutti di grande talento: sono il 72: 36 donne (tra le quali c’è Silvia Zanardi: l’intervista sul Foglio sportivo la trovate sul numero di sabato 4 dicembre) e 36 uomini. E poco male se qualche appassionato di lungo corso può storcere il naso. Bastano pochi minuti per capire che anche così il ciclismo su pista regge.

Quattro tappe in totale. Due sono già state corse al Velòdrom Illes Balears di Mallorca e alla Cido Arena di Panevézys in Lituania. Venerdì 3 dicembre e sabato 4 il doppio appuntamento al VeloPark di Londra. La prima stagione doveva concludersi al Sylvan Adams National Velodrome di Tel Aviv l’11 dicembre, ma la pandemia si è messa ancora di mezzo: tappa cancellata.

L’Uci Track Champions League è un cavallo di Troia. Entra nelle case delle persone, fa vedere in pillole lo spettacolo del ciclismo su pista, aspetta la rivoluzione. Una rivoluzione che può arrivare, ma a cui manca ancora il fattore più importante: la volontà dell’Uci di investire davvero nel ciclismo su pista. O meglio: nell’impegnarsi davvero nel farlo diventare un circuito vero e non solo un riempitivo buono solo per Europei, Mondiali e Olimpiadi.