
Van Aert, Pidcock e I dimenticati dell’Amstel
18/04/2021Sul podio Van Aert sorrideva, Pidcock ingrugniva, Schachmann apprezzava. Apprezzava di essere lì e la birra. Del tedesco non si ricorderà nessuno a causa del finale al fotofinish dei primi due. Non si crucci. Del tentativo di resistenza di Loïc Vliegen non se ne è accorto nessuno
La linea del traguardo della Amstel Gold Race Wout Van Aert l’ha superata sulla sinistra della carreggiata, Thomas Pidcock sul centro. Entrambi sotto lo striscione d’arrivo ci sono arrivati con le braccia allungate verso il manubrio e il sedere all’indietro, leggermente fuor di sella. E ci sono arrivati assieme, talmente assieme che non si è capito per minuti e minuti chi avesse attraversato la linea per primo e chi per secondo. La tecnologia ha visto ciò che l’occhio umano non era riuscito a distinguere, come è giusto che sia, a questo serve: un centimetro, forse meno a favor di Van Aert.

Il belga aveva dato per buona la sua vittoria appena dopo il traguardo. Poi si era incupito e imbronciato. Aveva esultato di nuovo, si era preso una nuova pausa d’incertezza, infine un nuovo sorriso, un nuovo uau, le braccia alzate. L’inglese in tutto questo guardava altrove, ogni tanto gettava una mezza occhiata al rivale con la faccia di chi si chiedeva, ma come diavolo fai a essere così sicuro. Di questi tempi tocca appigliarsi a qualcosa.
Il volto di Van Aert non era dissimile a quello degli organizzatori della Amstel Gold Race negli scorsi mesi. Prima avevano dato per buona la possibilità di correre allo stesso modo di sempre, poi si erano incupiti e imbronciati dopo che la provincia del Limburgo aveva messo in discussione il passaggio dei corridori per motivi sanitari. Avano sospirato di sollievo quando la loro proposta di correre su di un percorso diverso, un circuito di 17 chilometri, era stata accettata. In fondo è andata bene un po’ a tutti.
È andata bene a Van Aert, primo. È andata bene a Pidcock, secondo ma con la consapevolezza, già al primo anno da professionista, di potersela giocare con tutti. È andata bene pure a Maximilian Schachmann, terzo, arrivato appena dietro al belga e all’inglese, ma quel tanto che basta per uscire dall’inquadratura giusta, quella del quasi ex aequo che ex aequo non è stato. Ed è andata bene pure al tedesco perché lì poteva non esserci a causa di una caduta che ha messo fuori gioco Bob Jungels.
Sul podio Van Aert sorrideva, Pidcock ingrugniva, Schachmann apprezzava. Apprezzava di essere lì, di essere finito a un soffio dalla vittoria, di essersi giocato le sue carte. Soprattutto la birra.
Il tedesco ha gradito il pensiero dell’organizzazione di servire comunque il bicchiere di Amstel che spetta ai primi tre classificati. Ha seguito la vecchia scuola iniziata da Charles Pélissier nel 1927, quando al termine della Parigi-Roubaix chiusa al terzo posto, commentò: “Dopo la corsa la birra è uguale per tutti, ne berrò una in più alla faccia di Curtel e due in più alla faccia di Ronnse”. Schachmann se l’è scolata all’istante. D’altra parte ogni corsa in bicicletta merita il suo premio e il premio migliore è sempre biondo e fresco.
Il tedesco si è consolato così ben sapendo che sarà il grande dimenticato di questa edizione. Il dimenticato post gara, quello degli anni a venire. Il secondo della giornata. Il primo era stato Loïc Vliegen.
Il belga aveva battuto la strada prima del gruppo per una giornata intera al fianco di Edward Theuns, Julien Bernard, Stan Dewulf, Sébastien Grignard, Maurits Lammertink, Chad Haga, Ryan Gibbons, Kenny Molly e Anders Skaarseth. Poi aveva deciso di far da solo. Per una decina di chilometri aveva pedalato faccia al vento, sfidando la volontà del gruppo. Peccato che, a eccezione degli ultimi due chilometri, nessuno se ne sia accorto. E nessuno se ne è accorto perché tutti guardavano altrove, più indietro, agli scatti e contro scatti di molti, pronti a fregare i soliti noti, quelli che riempiono le prime dieci posizioni di tanti ordini d’arrivo.
Loïc Vliegen aveva provato il coup de théâtre prima del Cauberg. Un coup de théâtre che ha realizzato talmente bene che tutti se ne sono accorti solo quando stava per terminare.
[…] ma di consapevolezza die avere gambe che giravano a meraviglia ne aveva un po’ meno. L’Amstel non era andata come sperava, il Fiandre ancor […]
[…] e gruppo. L’ha fatto alla Strade Bianche, l’ha fatto in molte corse a tappe, l’ha fatto domenica scorsa all’Amstel Gold Race, l’ha fatto pure oggi a casa sua, alla Liegi-Bastogne-Liegi. E come quasi sempre è capitato è […]