La legge del pavé

La legge del pavé

19/04/2022 0 Di Giovanni Battistuzzi

Quando nel 2019 tutto il mondo del ciclismo si accorse, e con chiarezza lampante, che in gruppo c’erano due corridori straordinari, cresciuti negli sterrati del ciclocross e prontissimi a conquistare pure l’asfalto, venne a molti naturale concludere che per una decina d’anni Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix sarebbero stati un affare a due. Tra loro due. A tali conclusioni arrivarono anche più di un addetto ai lavori. Mathieu van der Poel e Wout van Aert avrebbero dovuto cannibalizzare la campagna del Nord, dividersi tutto quello che c’era da vincere, instaurare la loro diarchia ovunque ci fossero di mezzo delle pietre.

Il pavé però se ne è sempre fregato del pensiero comodo. E continua ancora a farlo. Esalta il talento di chi ha talento, ma non si concede mai all’ineludibilità. Gli interessa nulla neppure del fato, non ci crede. E non ci crede perché non lo ritiene reale.

È una diva il pavé, gli piace essere corteggiato e coccolato. E poco importa se il corteggiamento prevede un certa dose di violenza ciclistica. Di volta in volta esalta la magnificenza del gesto della pedalata, la scelta dell’attimo giusto, la dimostrazione di forza e leggerezza più adatta all’occasione. Non fa sconti, non fa preferenze neppure a chi ha dimostrato di essere perfettamente adatto a cavalcarlo. Neppure a due come Mathieu van der Poel e Wout van Aert.

L’olandese e il belga in questi anni hanno nobilitato con le loro azioni, con le loro corse e rincorse. Hanno vinto parecchio, sono saliti sul podio spesso, c’hanno provato e riprovato, scattando e provando l’assolo. Si sono sempre resi protagonisti, ma non sono riusciti a cannibalizzare le pietre. C’è quasi mai stato un duopolio. Gli altri, quelli che venivano dati per vittime sacrificali, hanno sempre recitato da protagonisti e non da comprimari, riuscendo a ritagliarsi spazi importanti, rendendo spettacolari anche i piazzamenti di van der Poel e van Aert.

Chi è salito sul podio delle classiche del Nord dal 2019 a oggi

Soprattutto nelle due classiche monumento delle pietre, il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix.

Mathieu van der Poel ha vinto due Ronde, una volta è arrivato secondo (dietro a Kasper Asgreen nel 2021). Alla Roubaix è riuscito a centrare un podio, terzo nell’edizione vinta da Sonny Colbrelli. Wout van Aert ancora è a secco di vittorie nelle classiche monumento al Nord, secondo al Fiandre del 2020 e alla Roubaix del 2022.

Chi è salito sul podio del Giro delle Fiandre e della Parigi-Roubaix dal 2019 a oggi

La bellezza di questi ultimi anni di corse al nord, che van der Poel e van Aert hanno contribuito a rendere magnifiche, sta anche in questi risultati. In quella diarchia che non si è mai davvero imposta. Nella costante apparizione accanto a loro e a volte davanti a loro di protagonisti più o meno estemporanei, capaci di sfruttare a loro vantaggio quella simbiosi amniotica tra l’olandese e il belga.

Il merito di van der Poel e van Aert è stato quello di allungare il nostro godimento, di allungare il tempo degli scatti, di estendere il dominio della lotta. Hanno marchiato a tal punto questi anni di corse al nord che i risultati finali ci sono parsi quasi ininfluenti, almeno per noi che da un divano ci esaltavamo per lo sgretolamento del gruppo, la battaglia in testa.

Quella tra Mathieu van der Poel e Wout van Aert non è certo la prima diarchia che non si riesce a imporre totalmente al Nord. Non sono riusciti a Eddy Merck e Roger De Vlaeminck, non Johan Museeuw e Peter Van Petegem, non Tom Boonen e Fabian Cancellara.

Le pietre concedono alle monarchie di sfidarsi, ma poi impongono un democratico tutti contro tutti, agevolano la rincorsa del sogno, se ne fregano dei programmi di dominio. La legge del pavé è anche questa, un’anarchica ricerca della lotta.