
Vuelta 2023. Gioia e sangue di Remco Evenepoel
28/08/2023Dopo la vittoria della 3a tappa della Vuelta 2023, Remco Evenepoel si è ritrovato a terra a causa di un altro pasticcio dell’organizzazione
Al Mirador de la Roca de la Sabina, per brevità chiamato Arinsal, come il paesino leggermente più a valle, dalla Vuelta 2023, Remco Evenepoel si è ritrovato con una vittoria in più, con la maglia rossa addosso, con il viso insanguinato e, per sua stessa ammissione, le palle rotte. Palle metaforiche, sangue reale. Aveva da poco oltrepassato il traguardo, a braccia alzate come si confà al vincitore, che, nella strada che portava alla zona premiazioni, il belga si è scontrato con una donna che era sulla strada dopo l’arrivo e che non si è spostata all’arrivo di Remco Evenepoel. Dove stesse andando e dove stesse guardando non è dato a sapersi. Senz’altro permettere a delle persone di sostare davanti alla via che porta agli spazi riservati ai corridori per il dopo corsa, soprattutto quando per raggiungerli la strada scende, non è il massimo della furbizia. Remco Evenepoel è caduto, ha picchiato con l’arcata sopraciliare a terra.

“Il traguardo era dietro me di 50 metri, ed è il terzo giorno consecutivo che ci sono pericoli gratuiti e tutto ciò mi sta un po’ rompendo le palle”, ha detto senza girarci troppo attorno. Dopo la due giorni di surrealtà a Barcellona, la tappa è filata via liscia, a complicare le cose c’ha pensato il dopo-tappa. Non un gran biglietto da visita per un giro che per percorso e partecipanti ormai non è più terzo a nessuno. Un problema dietro l’altro e nemmeno un Mauro Vegni a cui attribuire tutta la colpa, vita grama per gli organizzatori.
Verso il Mirador de la Roca de la Sabina, o Arinsal che dir si voglia, c’erano 158,5 chilometri da percorrere, quasi 120 di questi sono stati utili a Lennard Kämna e Damiano Caruso per pensare che potesse essere la loro giornata buona. S’erano infuturati che era il primissimo pomeriggio con Eduardo Sepúlveda, primo a tentare l’avventura, Amanuel Ghebreigzabhier e Pierre Latour, i primi a raggiungerlo, Jasha Sütterlin, Jon Barrenetxea, Rune Herregodts e Andrea Vendrame, gente di buone gambe e di buon cuore d’attaccante. Avevano raggiunto al massimo i sei minuti, ma si erano sempre gestiti bene. Poi sul Coll d’Ordino il tedesco e l’italiano erano rimasti da soli. Un’idea di vittoria se l’erano fatta, dietro nessuno voleva prendere di petto la situazione, il distacco non scendeva dal minuto e mezzo.
Poi è arrivato Jay Vine. L’australiano in salita ci sa fare. È da due anni che lo dimostra in Spagna, l’anno scorso pure alla grandissima: due vittorie. Quest’anno non lavorava però per sé, pedalava, e forte, in favore del giovane capitano Juan Ayuso. Lo spagnolo compirà ventun anni tra poco, ma ha già fatto capire che non ha minimamente timore degli altri. A giugno l’aveva detto che voleva vincere la Vuelta, a fine agosto ha in parte ritrattato dicendo che “quest’anno sarà davvero difficile poter pensare di salire sul podio; penso ci siano i migliori al mondo e quindi per me è una importante occasione per capire quale sia il mio livello rispetto a loro e mettermi alla prova”. La sensazione è che la seconda versione sia stata dettata da qualcuno. Oggi ha tirato il collo a Vine, è scattato, ha visto che non c’era ciccia per rimanere solo, s’è messo a ruota come un navigato corridore da tre settimane. Sotto l’arrivo è finito terzo, a un secondo da Remco Evenepoel, alle spalle di Jonas Vingegaard, davanti a Primoz Roglic.
In fondo la salita s’è compattata in poco meno di tre chilometri. Il tempo di smaltire un po’ alla volta i sofferenti – Thymen Arensmans è finito a 21″, Geraint Thomas ed Egan Bernal a 47″, Mikel Landa a 1’29”, Eddy Dunbar a 2’37, Sergio Higuita a oltre sei -, di spremere Jay Vine (che comunque è arrivato dodicesimo a 10″, segno ennesimo che lui in salita non va meno dei più forti, il problema è il resto), e si sono ritrovati quelli che si dovevano ritrovare. Compresi quei due ragazzotti che non hanno la minima voglia di lasciare andare gli altri bravi, perché bravi lo sono pure loro e vogliono dimostrarlo: Cian Uijtdebroeks e Lenny Martinez.
Ci sarà tempo prima di capire verso chi la Vuelta 2023 andrà. Ci sono due tappe abbastanza agevoli, che dovrebbero riservare pochi patemi agli uomini che puntano alla maglia rossa. Giovedì ci sarà il primo appello all’Observatorio Astrofísico de Javalambre, molti altri lo seguiranno.